Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 21-12-2010) 26-01-2011, n. 2747 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 18.5.2010, del Gip del tribunale di Catania rigettava l’istanza presentata a norma del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 89 nell’interesse di R.F., gravemente indiziato del reato di cui all’art. 416 bis c.p., rilevando che all’applicazione del citato art. 89 ostava la permanenza delle esigenze cautelari di eccezionale rilevanza ravvisabili nel caso di specie e non modificate da elementi nuovi sopravvenuti.

2. Il tribunale del riesame di Catania rigettava, in data 22.7.2010, l’appello proposto dall’indagato. Ribadito che all’indagato era stata applicata il 25.10.2009 la misura cautelare della custodia in carcere per il reato di cui all’art. 416 bis c.p., confermata dal tribunale del riesame, riteneva infondati gli argomenti della difesa che affermava che la presunzione relativa della sussistenza delle esigenze cautelari prevista dall’art. 275 c.p.p., comma 3 potesse essere superata nella fattispecie concreta, tenuto conto della volontà del R. di intraprendere un percorso terapeutico riabilitativo, dovendo escludersi l’applicabilità nella specie della disciplina di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 89, commi 1 e 2, secondo il disposto contenuto nel comma 4 della citata norma.

3. Avverso il citato provvedimento l’indagato ha proposto, a mezzo del difensore di fiducia, ricorso per cassazione denunciando violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’applicazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 89 e art. 275 c.p.p., comma 3. In particolare, il ricorrente – ribadito che nella specie non può applicarsi la disciplina del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 89, commi 1 e 2 in considerazione di quanto previsto dal comma 4 della stessa norma – censura l’omessa valutazione e motivazione da parte del tribunale sugli elementi di fatto introdotti dalla difesa e ritenuti idonei a superare la presunzione di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3. In specie la volontà dell’indagato di intraprendere un percorso di riabilitazione assumeva valenza sintomatica, quale elemento di novità, del proposito di recidere ogni legame con i fatti contestati e con il contesto criminale nel quale il R., peraltro, non poteva ritenersi radicato come dimostra la sua incensuratezza.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Come è stato correttamente affermato nell’ordinanza impugnata, il D.P.R. n. 309 del 1990, art. 89, comma 2, stabilisce che qualora un soggetto tossicodipendente, cui è applicata al custodia cautelare in carcere, intenda sottoporsi ad un programma di recupero, la custodia in carcere è sostituita con gli arresti domiciliari "ove non ricorrano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza", Detta disposizione, tuttavia, come previsto al comma 4 della citata norma non si applica allorchè si proceda per uno dei delitti indicati dalla L. n. 354 del 1975, art. 4 bis.

Ciò significa che in tali casi – esclusa l’applicabilità della più favorevole disciplina dettata dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 89 – la revoca o sostituzione della misura della custodia in carcere, ancorchè riconducibile alla volontà del tossicodipendente di proseguire o avviare un programma di recupero – è subordinata alla valutazione delle esigenze cautelari secondo i criteri fissati dagli artt. 274 e 275 c.p.p. (Sez. 4, 14 novembre 2007, n. 4183, Zitello, rv. 238675), compresa, quindi, la regola di valutazione presuntiva prevista all’art. 275 c.p.p., comma 3.

Deve essere, quindi, ricordato che nei casi in cui sussistano gravi indizi di colpevolezza per un delitto di criminalità mafiosa la predetta norma pone una presunzione che può essere superata solo in forza di elementi concreti e specifici idonei a ritenere insussistenti le esigenze cautelari e sostanzialmente – secondo il prevalente indirizzo della Corte – tali da far ritenere che l’associato abbia rescisso i suoi legami con l’organizzazione criminosa.

Ne deriva che grava sull’indagato il compito di fornire la prova di quegli elementi concreti e specifici dai quali emerga l’insussistenza delle esigenze cautelari; ed altresì che non possono ritenersi idonei a superare detta presunzione elementi generici quali il periodo di carcerazione sofferto, l’incensuratezza dell’indagato, l’assenza di carichi pendenti, la condotta tenuta nel periodo in cui ha beneficiato della revoca del provvedimento restrittivo, il non essersi dato alla latitanza. Cosicchè, a fronte della deduzione di elementi ritenuti non specifici e privi di concretezza il giudice è esonerato dal dovere di motivare l’applicazione della misura (Sez. 6, 3 ottobre 2008, n. 39897, Cennami; Sez. 2, 13 marzo 2008, n. 16615, Vitagliano).

Detto principio, all’evidenza, vale ancor più quando, a fronte di giudicato cautelare, gli elementi nuovi addotti al fine di superare la presunzione non abbiano detto carattere di specificità.

Orbene, la doglianza del ricorrente è infondata, atteso che nella ordinanza impugnata il tribunale ha richiamato – condividendola – la valutazione sul punto del provvedimento appellato con il quale il Gip aveva rigettato l’istanza ritenendo il permanere della esigenze cautelari (sulle quali, peraltro, si era formato giudicato cautelare) non modificate da elementi sopravvenuti.

Nè, invero, la volontà di intraprendere un percorso terapeutico riabilitativo può ritenersi elemento idoneo a dimostrare – come affermato dal ricorrente – la decisione di recidere ogni legame con il sodalizio mafioso.

All’infondatezza del ricorso consegue il rigetto con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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