Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 21-12-2010) 26-01-2011, n. 2641 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

L.G. ricorre contro l’ordinanza con cui il Tribunale della libertà ha respinto la richiesta di riesame dal medesimo avanzata avverso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip nei suoi confronti quale indagato del reato di cui l’art. 110 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commi 1 e 6, con precipuo riferimento al coinvolgimento del prevenuto in un’attività di detenzione e trasporto nel nord Italia di sostanza stupefacente.

Il quadro indiziario è stato apprezzato e valorizzato richiamando gli esiti dell’attività di polizia e in particolare il contenuto di intercettazioni dalle quali, con richiamo a vari brani di interesse, si è desunto il coinvolgimento del L., e ciò esaminando nello specifico anche il linguaggio "criptico", che si è ritenuto di apprezzare come riferentesi proprio ai traffici di droga e non ad una lecita trattativa commerciale.

Il rischio di recidiva è stato considerato sussistente valorizzando negativamente le modalità dei fatti, denotanti il coinvolgimento in ambienti criminali, e soffermandosi anche sulla ragione per cui il mero decorso del tempo dai fatti sub iudice non dimostrasse un reale distacco dalle scelte delinquenziali.

Con il ricorso, si contesta il compendio indiziario, soffermando l’attenzione sul contenuto delle intercettazioni di cui si contesta la valenza, attraverso un diversa lettura del linguaggio usato e della relativa interpretazione.

Si contesta altresì il rischio di recidiva, vuoi per la sporadicità dell’attività criminosa svolta dal L., rispetto alla più complessiva economia dell’indagine, vuoi per il decorso del tempo dai fatti.

Il ricorso è manifestamente infondato.

In particolare, la doglianza sul quadro indiziario non può trovare accoglimento.

Va ricordato, in proposito, che in tema di misure cautelari personali, i "gravi indizi di colpevolezza" richiesti per l’adozione di una misura cautelare non si identificano con gli indizi precisi e concordanti che rappresentano la prova idonea a fondare il giudizio di colpevolezza, in quanto ai fini cautelari è sufficiente un giudizio di qualificata probabilità in ordine alla responsabilità dell’indagato; con la conseguenza che, per l’emissione di una misura cautelare personale, per "gravi indizi di colpevolezza" ex art. 273 c.p.p. devono intendersi tutti quegli elementi a carico, di natura logica o rappresentativa, che, contenendo in nuce tutti o soltanto alcuni degli elementi strutturali della corrispondente prova, non valgono di per sè a provare oltre ogni dubbio la responsabilità dell’indagato ai fini della pronuncia di una sentenza di condanna, e tuttavia consentono, per la loro consistenza, di prevedere che, attraverso il prosieguo delle indagini, saranno idonei a dimostrare tale responsabilità, fondando nel frattempo una qualificata probabilità di colpevolezza; e con l’ulteriore conseguenza che, ai fini cautelari, il requisito della "gravità" degli indizi, di cui all’art. 273 c.p.p., è da considerare sussistente quando detti indizi rivelino un consistente fumus di colpevolezza, pur in presenza di possibili spiegazioni alternative dei fatti, destinate ad essere verificate in prosieguo (Sezione 4, 6 luglio 2007, Cuccaro ed altri).

E’ quindi in questa prospettiva che va valutata la tenuta dell’ordinanza gravata.

Ed è nella medesima prospettiva che va tenuto conto dei limiti in proposito del sindacato di legittimità: secondo assunto pacifico, in materia di misure cautelari personali, la scelta e la valutazione delle fonti di prova rientra tra i compiti istituzionali del giudice di merito ed entrambe sfuggono al controllo del giudice di legittimità se adeguatamente motivate e immuni da errori logico- giuridici. A tali scelte e valutazioni non può infatti opporsi, a fronte di una corretta giustificazione, un diverso criterio di scelta o una diversa interpretazione, anche se dotati di pari dignità (cfr. di recente Sezione 6, 20 ottobre 2010, Quatrosi).

A ben vedere, la doglianza, tutta incentrata sul contenuto e la "lettura" di alcune intercettazioni, evoca tematica "di fatto": il tema dell’apprezzamento del contenuto delle intercettazioni.

Infatti, l’interpretazione di tale contenuto (identificazione dei soggetti conversanti; interpretazione del cosiddetto "linguaggio criptico" nelle conversazioni sottoposte ad intercettazione, ecc) è questione di merito, non sindacabile in sede di legittimità, purchè il giudice abbia motivato in modo adeguato e logico le ragioni del suo convincimento, ossia se ed in quanto la valutazione espressa risulti motivata in conformità ai criteri della logica e delle massime di esperienza (tra le tante, Sezione 6, 18 gennaio 2007, Gueli; Sezione 4, 18 giugno 2008, Longo ed altri; nonchè, Sezione 2, 4 novembre 2008, Schettino).

Ciò che qui non è dubitabile; nè, per vero, la diversa lettura del ricorrente, per come formulata, può avere ingresso in questa sede.

Corretto, ancora, è l’apprezzamento sul rischio di recidiva.

Il giudicante, valorizzando le modalità gravi dei fatti, quali desunti anche dai quantitativi in ipotesi oggetto della medesima, ha fatto corretta applicazione del principio in forza del quale in tema di esigenza cautelare costituita dal pericolo di reiterazione di reati della stessa indole, prevista dall’art. 274 c.p.p., lett. c), la pericolosità sociale dell’indagato deve risultare congiuntamente dalle specifiche modalità e circostanze del fatto e dalla sua personalità. Peraltro, nulla impedisce di attribuire alle medesime modalità e circostanze di fatto una duplice valenza, sia sotto il profilo della valutazione della gravità del fatto, sia sotto il profilo dell’apprezzamento della capacità a delinquere: in vero, le specifiche modalità e circostanze del fatto ben possono essere prese in considerazione anche per il giudizio sulla pericolosità dell’indagato, ove la condotta serbata in occasione di un reato rappresenti un elemento specifico assai significativo per valutare la personalità dell’agente.

Ciò il giudicante ha fatto sviluppando argomenti incensurabili in fatto e affatto illogici.

Mentre, con riferimento alla contestazione operata in ricorso, vale l’argomento secondo cui il ricorso per cassazione che deduca inattualità ed assenza delle esigenze cautelari, è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate e valorizzate dal giudice di merito (Sezione 6, 20 ottobre 2010, Quatrosi).

Del resto, il giudicante ha anche affrontata la questione del tempo, in ossequio all’indicazione normativa secondo cui l’ordinanza cautelare deve contenere la motivazione delle specifiche esigenze cautelari che giustificano la misura con riferimento all’epoca dell’emissione del provvedimento cautelare e sull’irrilevanza, in proposito, in relazione alla ritenuta attualità di tali esigenze, del tempo trascorso dalla commissione del reato (cfr. art. 292 c.p.p., comma 2, lett. c)): in proposito, con motivazione non illogica, ha ritenuto che il decorso del tempo non rilevasse giusta l’accertato collegamento del prevenuto con gli ambienti criminali e l’assenza di "segni in equivoci ed obiettivamente verificabili di distacco dalle precedenti scelte delinquenziali". E’ valutazione che qui non può rinnovarsi, nè censurarsi.

Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1000 (mille) a titolo di sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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