Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 21-12-2010) 26-01-2011, n. 2640 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

P.A. ricorre avverso l’ordinanza di cui in epigrafe con la quale il Tribunale della libertà ha respinto la richiesta di riesame dal medesimo proposto nei confronti dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip presso il tribunale di Catanzaro in ordine a plurime violazioni della normativa in materia di stupefacenti.

Articola tre motivi.

Con il primo deduce l’inutilizzabilità delle intercettazioni sotto il profilo della mancanza delle condizioni di urgenza che avevano legittimato il PM a disporle.

Con il secondo prospetta ulteriore profilo di inutilizzabilità delle intercettazioni siccome disposte da PM non in servizio presso la DDA competente, quindi in situazione di "carenza di potere".

Con il terzo motivo, contesta l’apprezzamento valutativo delle intercettazioni, in particolare sotto il profilo dell’identificazione del prevenuto come uno dei protagonisti delle conversazioni.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Va preliminarmente apprezzato, con riferimento alla invocata inutilizzabilità delle intercettazioni, sotto i suindicati diversi profili, che il ricorso appare generico e privo del necessario supporto documentale. Vale, infatti, il principio in forza del quale, in materia di intercettazioni di conversazioni, quando si prospetta davanti al giudice di legittimità l’inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni telefoniche, siccome asseritamele eseguite fuori dei casi consentiti dalla legge o senza osservare le disposizioni previste dall’art. 267 c.p.p. e art. 268 c.p.p., commi 1 e 3, (art. 271 c.p.p., comma 1), è onere della parte indicare specificamente l’atto che si ritiene affetto dal vizio denunciato. In difetto, il motivo è inammissibile per genericità, non essendo consentito alla Corte di cassazione di individuare l’atto affetto dal vizio denunciato (di recente, Sezione 6, 12 febbraio 2009, Proc. Rep. Trib. Roma in proc. Lombardi Stronati ed altri).

Va comunque aggiunto, quanto al primo motivo, che la doglianza è inaccoglibile anche per un’altra ragione: infatti, se il decreto di urgenza adottato dal pubblico ministero in tema di intercettazioni è convalidato dal giudice, come nella specie non è controverso, non può più farsi questione della sussistenza dei requisiti di urgenza al fine di contestare la correttezza della procedura seguita, nè ai fini dell’art. 268 c.p.p., comma 3, giacchè il provvedimento del giudice assorbe integralmente il provvedimento originario e rende utilizzabili i risultati delle operazioni di intercettazione, precludendo qualunque discussione sulla sussistenza delle condizioni legittimanti l’esercizio del potere provvisorio del pubblico ministero (cfr. Sezione 1, 17 novembre 2009, Pezzella).

Inaccoglibile la doglianza sulla pretesa carenza di potere del PM che ha attivato le operazioni intercettive. A prescindere dal rilievo di fatto, qui non censurabile, che, come osservato dal Tribunale, il PM di che trattasi è risultato avere agito in qualità di PM in servizio presso la DDA di Catanzaro (ove è da ritenere fosse stata applicata per lo svolgimento delle indagini), vi è da considerare che, in ogni caso, non si potrebbe mai configurare alcun vizio di inutilizzabilità o, quantomeno di nullità, e ciò per il pacifico rilievo che la direzione distrettuale antimafia è una "organizzazione interna" della procura della Repubblica presso il tribunale del capoluogo distrettuale, priva di rilevanza esterna o processuale ai fini dell’attribuzione dei poteri dei pubblico ministero di iniziativa e di partecipazione al procedimento, tanto meno con conseguenze in termini di nullità in caso di espletamento delle relative funzioni da parte di magistrati dell’ufficio diversi da quelli designati per la direzione distrettuale antimafia; e ciò, del resto, anche in ragione del carattere tassativo dell’elenco delle nullità processuali (cfr. Sezione 2, 28 gennaio 2004, La Torre).

Neppure è qui accoglibile, perchè evoca tematica "di fatto", il tema dell’identificazione dei protagonisti delle intercettazioni, e, più in generale, il tema dell’apprezzamento del contenuto delle intercettazioni.

Infatti, l’interpretazione di tale contenuto (identificazione dei soggetti conversanti; interpretazione del cosiddetto "linguaggio criptico" nelle conversazioni sottoposte ad intercettazione, ecc) è questione di merito, non sindacabile in sede di legittimità, purchè il giudice abbia motivato in modo adeguato e logico le ragioni del suo convincimento, ossia se ed in quanto la valutazione espressa risulti motivata in conformità ai criteri della logica e delle massime di esperienza (tra le tante, Sezione 6, 18 gennaio 2007, Gueli; Sezione 4, 18 giugno 2008, Longo ed altri; nonchè, Sezione 2, 4 novembre 2008, Schettino).

Ciò che qui non è dubitabile; nè, per vero, la diversa lettura del ricorrente, per come formulata, può avere ingresso in questa sede.

Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1000 (mille) a titolo di sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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