T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 20-01-2011, n. 158 Lavoro subordinato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

T.E. ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe, deducendone l’illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili, chiedendone l’annullamento.

Si è costituita in giudizio l’amministrazione resistente, eccependo l’infondatezza del ricorso avversario e chiedendone il rigetto.

Con ordinanza datata 29.03.2007 il Tribunale ha accolto la domanda incidentale di sospensione dell’atto impugnato.

All’udienza del 15.12.2010 la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1) Con il provvedimento impugnato l’amministrazione ha respinto la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno presentata dal ricorrente, rilevando a) che all’esito di una comparazione fotografica effettuata dal Gabinetto Regionale della Polizia Scientifica, è emerso che la persona ritratta sul permesso di soggiorno di cui è chiesto il rinnovo è diversa da quella ritratta nella fotografia allegata alla richiesta di rinnovo; b) che, pertanto, T.E. non ha mai conseguito un permesso di soggiorno; c) che dagli atti relativi al T.E. non risulta che egli sia entrato in Italia munito di regolare visto di ingresso.

2) Con il primo e con il quarto dei motivi proposti – che possono essere trattati congiuntamente perché strettamente connessi sul piano logico e giuridico – il T. lamenta l’illegittimità del provvedimento impugnato, in quanto la sua identità sarebbe documentata da un’apposita attestazione rilasciata dal Consolato del Senegal di Milano; inoltre, la sua identità era già stata accertata, al momento del rilascio del primo permesso, mediante l’esibizione del passaporto la cui veridicità non è stata contestata, sicché si dovrebbe ritenere che la persona destinataria del primo permesso sia la stessa che ha presentato la domanda di rinnovo.

La tesi non merita condivisione.

Nel caso di specie non è in contestazione l’identità del ricorrente, ma la circostanza che la persona cui è stato rilasciato il primo permesso sia proprio colui che ne ha domandato il rinnovo.

Invero, le indagini scientifiche effettuate dall’amministrazione, le cui risultanze non sono state contestate neppure in relazione al criterio tecnico prescelto e alle modalità applicative – ossia secondo i parametri entro i quali può articolarsi la contestazione rivolta avverso l’esercizio dei poteri espressivi di discrezionalità tecnica – evidenziano che la persona rappresentata nel primo permesso di soggiorno è del tutto diversa da quella ritratta nella fotografia allegata alla domanda di rinnovo.

Tale circostanza non incide sull’identità del ricorrente, ma evidenzia in modo ragionevole che il primo permesso non è stato rilasciato al ricorrente, ma ad altra persona che pure possa averne speso il nome.

Pertanto, è del tutto irrilevante, ai fini della legittimità dell’atto, che l’amministrazione non abbia ritenuto falso il passaporto esibito al momento del rilascio del primo permesso, così come è irrilevante l’attestazione rilasciata dal Consolato del Senegal, in quanto – si ripete – il rilievo ostativo al rinnovo mosso dall’amministrazione non afferisce all’identità del ricorrente, ma alla circostanza che il primo permesso fu rilasciato ad altra persona e tale valutazione si basa su dati scientifici neppure contestati come tali dal ricorrente.

Né le considerazioni ora svolte sono superate dall’affermazione secondo la quale l’accertata diversità tra la persona ritratta nella foto allegata al primo permesso e quella ritratta nella foto allegata al secondo permesso non vale a dimostrare che il primo permesso è stato rilasciato ad un diverso, ma omonimo, cittadino straniero.

Sul punto è sufficiente ribadire che ciò che interessa ai fini della coerenza della valutazione espressa dall’amministrazione non è tanto l’esistenza di una effettiva omonimia tra colui al quale è stato rilasciato il primo permesso e il ricorrente, quanto la circostanza che il primo permesso non è stato emesso in favore del T. e ciò emerge proprio dai rilievi antropometrici compiuti dall’amministrazione e non contestati dal ricorrente.

Va, pertanto, ribadita l’infondatezza della censura in esame.

3) Con il secondo motivo, il T. lamenta l’illegittimità del provvedimento impugnato, in quanto sarebbe irrilevante la mancanza del visto di ingresso, atteso che il primo permesso è stato rilasciato ai sensi del D.P.C.M. 16.10.1998, ossia sulla base di un disciplina di regolarizzazione che presuppone che l’ingresso in Italia da parte dello straniero sia avvenuto da irregolare e, quindi, proprio in mancanza di visto.

La censura è infondata.

Una volta evidenziato – punto 2 della motivazione – che il provvedimento impugnato ha ritenuto in modo del tutto ragionevole che il primo permesso è stato rilasciato a persona diversa da colui che ne ha chiesto il rinnovo, assume rilevanza la circostanza che il T. non sia entrato in Italia munito di visto, in quanto tale circostanza evidenzia che egli allo stato non dispone dei requisiti per soggiornare in Italia, sicché l’istanza non poteva trovare accoglimento neppure se intesa come diretta ad ottenere un titolo di soggiorno indipendentemente dall’effettivo rilascio del primo permesso.

Difatti, l’art. 5, comma 1, del d.l.vo 1998 n. 286 ammette al soggiorno "nel territorio dello Stato gli stranieri entrati regolarmente ai sensi dell’articolo 4, che siano muniti di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno rilasciati, e in corso di validità…", mentre l’ art. 4 dispone che "l’ingresso nel territorio dello Stato è consentito allo straniero in possesso di passaporto valido o documento equipollente e del visto d’ingresso".

Ecco, allora, che il provvedimento impugnato ha correttamente evidenziato la mancanza del visto di ingresso come circostanza ostativa al rilascio di un titolo di soggiorno, una volta esclusa la riferibilità al T. del primo permesso rilasciato.

Va, pertanto, ribadita l’infondatezza della censura in esame.

4) Con il terzo motivo, il T. lamenta la violazione della direttiva comunitaria 2003/109/CE, in quanto egli si troverebbe nelle condizioni per ottenere un titolo di soggiorno in qualità di soggiornante di lungo periodo.

La censura è palesemente infondata, atteso che lo stesso ricorrente, da un lato, evidenzia che il riconoscimento dello status di soggiornante di lungo periodo in base alla direttiva comunitaria suindicata presuppone una situazione di ininterrotto e regolare soggiorno in Italia nei cinque anni precedenti la presentazione della relativa domanda, dall’altro, riconosce che nel suo caso manca il precedente soggiorno quinquennale.

Pertanto, è evidente la carenza dei presupposti per qualificare il T. come soggiornante di lungo periodo, con conseguente infondatezza della censura di cui si tratta.

5) In definitiva, il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione terza, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi euro duemila (2.000,00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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