T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 20-01-2011, n. 155 Lavoro subordinato; Libertà di circolazione e soggiorno

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

M.E. ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe, deducendone l’illegittimità per violazione di legge, con particolare riferimento alla carenza di motivazione, nonché per eccesso di potere, chiedendone l’annullamento.

Si è costituita in giudizio l’amministrazione resistente, eccependo l’infondatezza del ricorso avversario e chiedendone il rigetto.

Con ordinanza datata 06.09.2007 il Tribunale ha accolto la domanda incidentale di sospensione dell’atto impugnato.

All’udienza del 15.12.2010 la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1) Con il provvedimento impugnato l’amministrazione ha respinto la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno presentata dal ricorrente, rilevando che dalla nota del Commissariato di P.S. di Sesto San Giovanni e sulla base degli accertamenti eseguiti dall’Inail di Milano, è risultata falsa la documentazione prodotta dal ricorrente ai fini della dimostrazione dell’esistenza di un rapporto di lavoro con la società "Edil – Ciesse s.r.l." di Milano.

2) Con l’unico motivo proposto il ricorrente lamenta, in termini di violazione di legge ed eccesso di potere, la carenza di motivazione.

In particolare, egli evidenzia di avere trasmesso all’amministrazione, prima dell’adozione del provvedimento impugnato, della documentazione afferente all’esistenza di un rapporto di lavoro sopravvenuto rispetto a quello risultante dalla documentazione prodotta a supporto dell’istanza di rinnovo del permesso, documentazione ritenuta falsa dall’amministrazione, con conseguente rigetto della domanda.

La censura è infondata.

L’art. 4, comma 3, del d.l.vo 1998 n. 286 prevede che "Ferme restando le disposizioni di cui all’articolo 3, comma 4, l’Italia, in armonia con gli obblighi assunti con l’adesione a specifici accordi internazionali, consentirà l’ingresso nel proprio territorio allo straniero che dimostri di essere in possesso di idonea documentazione atta a confermare lo scopo e le condizioni del soggiorno, nonché la disponibilità di mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno e, fatta eccezione per i permessi di soggiorno per motivi di lavoro, anche per il ritorno nel Paese di provenienza. I mezzi di sussistenza sono definiti con apposita direttiva emanata dal Ministro dell’interno, sulla base dei criteri indicati nel documento di programmazione di cui all’articolo 3, comma 1…".

Del resto, l’art. 13, comma 2, del d.p.r. 1999 n. 394 dispone che "ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno, fermo restando quanto previsto dall’articolo 22, comma 11, del testo unico, la documentazione attestante la disponibilità di un reddito, da lavoro o da altra fonte lecita, sufficiente al sostentamento proprio e dei familiari conviventi a carico può essere accertata d’ufficio sulla base di una dichiarazione temporaneamente sostitutiva resa dall’interessato con la richiesta di rinnovo".

Le norme ora citate evidenziano la necessità che lo straniero che chiede il rilascio del permesso di soggiorno ponga a fondamento della domanda delle situazioni, sul piano occupazionale e residenziale, corrispondenti al vero, atteso che solo l’effettiva sussistenza dei presupposti per il soggiorno in Italia giustifica il rilascio di un titolo che abilita alla permanenza sul territorio nazionale.

Su questa disciplina si innesta la previsione dell’art. 5, comma 5, del d.l.vo 1998 n. 286 nella parte in cui esclude il rifiuto del permesso di soggiorno o del suo rinnovo, qualora "siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili".

La norma va collocata nel contesto sistematico già ricordato e, pertanto, si riferisce alle ipotesi in cui la situazione posta a base della richiesta di rilascio o di rinnovo del permesso di soggiorno, pur esistente in concreto al momento della presentazione della domanda, sia successivamente venuta meno; nel qual caso la norma citata impone la valorizzazione di situazioni fondanti il rilascio del titolo di soggiorno non esistenti al momento della domanda, ma sopravvenute prima dell’adozione del diniego del permesso.

Solo in tale caso merita tutela l’affidamento maturato in capo allo straniero che, pur avendo presentato una richiesta di permesso sulla base di una situazione realmente esistente e idonea a consentire il rilascio del titolo, veda sfumare la possibilità di soggiornare in Italia a causa del sopravvenuto venir meno della situazione stessa.

In simili ipotesi, il legislatore tutela la posizione dello straniero consentendo di porre a fondamento del titolo di soggiorno una situazione sopravvenuta, ma comunque idonea a consentire la permanenza in Italia.

Viceversa, non merita tutela la posizione dello straniero che consapevolmente pone a fondamento dell’istanza di permesso un situazione non corrispondente al vero e poi cerca di avvalersi, nelle more del procedimento amministrativo attivato sulla base di allegazioni non veritiere, di una situazione sopravvenuta.

In tale caso, l’applicazione dell’art. 5, comma 5, del d.l.vo 1998 n. 286 non è giustificata dalla necessità di tutelare l’affidamento dello straniero ed anzi favorirebbe comportamenti fraudolenti, tali da comportare lo svolgimento di attività amministrativa sulla base di situazioni di fatto non corrispondenti al vero e artificiosamente create per aggirare i limiti posti dal legislatore al soggiorno in Italia di cittadini extracomunitari, in palese violazione dei canone generale del buon andamento dell’azione amministrativa.

Nel caso di specie, le risultanze dell’istruttoria procedimentale – emergenti dalla documentazione versata in atti – evidenziano che il ricorrente ha supportato la domanda di rilascio del permesso di soggiorno mediante documentazione attestante l’assunzione da parte della ditta "Edil Ciesse s.r.l.", producendo anche delle buste paga.

Nondimeno, la ditta suindicata ha escluso la sussistenza di qualunque rapporto di lavoro con M.E., evidenziando, inoltre, che le busta paga prodotte dallo straniero non corrispondono a quelle utilizzate dalla Edil Ciesse s.r.l..

Inoltre, il timbro dell’INAIL apposto sulle baste paga prodotte dal ricorrente è risultato difforme da quello utilizzato dalla competente della sede dell’ INAIL, secondo quanto dichiarato dal Direttore della medesima (cfr. documentazione versata in atti dall’amministrazione).

Ne deriva, che il provvedimento è supportato da una congrua motivazione che dà conto delle ragioni della determinazione assunta, sulla base delle risultanze istruttorie, le quali evidenziano come il ricorrente abbia consapevolmente posto a base della domanda di permesso di soggiorno delle dichiarazioni attestanti fatti non corrispondenti al vero e tale circostanza esclude che egli sia titolare di un affidamento meritevole di tutela, idoneo a consentire la valorizzazione di situazioni sopravvenute.

Va, pertanto, ribadita l’infondatezza delle censure in esame.

3) In definitiva, il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione terza, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi euro duemila (2.000,00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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