Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 17-12-2010) 26-01-2011, n. 2585 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con la sentenza di cui in epigrafe la Corte di appello di Catania ha giudicato in sede di rinvio, a seguito di annullamento di questa Corte, L.A., chiamato a rispondere del reato di violenza sessuale in danno della figlia minore degli anni dieci.

La Corte di legittimità, annullando la primigenia sentenza di appello, che, riformando quella di condanna resa in primo grado, aveva mandato assolto l’imputato, aveva sollecitato un nuovo apprezzamento valutativo della vicenda, con particolare riguardo alla precisa collocazione dei fatti incriminati, all’apprezzamento del compendio probatorio dichiarativo (dichiarazioni della minore, anche rese in sede di incidente probatorie, e dichiarazioni rese dalla madre e da una testimone), alla considerazione della rilevanza di una lesione rinvenuta sulla vittima durante una visita medica.

All’esito, la Corte riformando la sentenza di condanna in primo grado, mandava assolto l’imputato con la formula dell’insussistenza del fatto.

La Corte di merito, fornendo sul punto ampia spiegazione, da un lato ha ritenuto di poter circoscrivere temporalmente l’episodio incriminato ad una determinata data ((OMISSIS)), sulla base della ricostruzione delle vicende e abitudini familiari, degli spostamenti lavorativi della madre della piccola, dei movimenti dell’imputato.

Ha soffermato l’attenzione sulla lesione incriminata, evidenziando che la medesima, per come rilevata, doveva essersi necessariamente verificata in un contesto temporale successivo, sì da non potersi ricondurre alla condotta sub indice.

Ha sottoposto ad analisi valutativa il compendio dichiarativo. In particolare, ha sviluppato una serie di considerazioni in forza delle quali ha ritenuto non concludenti, per dimostrare la condotta incriminata le plurime dichiarazioni della piccola, pur ripetute in sede di incidente probatorio, evidenziando in proposito che tali dichiarazioni, per come sollecitate, tenuto conto della tenera età della vittima, non poteva ritenersi pienamente attendibili. Sul punto, la Corte ha evidenziato come il riscontro tecnico sulla capacità di testimoniare si era risolto positivamente, ma che tale riscontro non poteva esaurire il tema dell’apprezzamento delle dichiarazioni rese. Proprio sotto questo profilo, il giudice ha sviluppato considerazioni a supporto del raggiunto convincimento che le modalità di assunzione di tali dichiarazioni avevano finito con l’influenzarne il contenuto, tenuto conto dell’assunto che, non infrequentemente, i bambini in tenera età possono essere involontariamente indotti a rendere una determinata versione a seguito di suggestione e di condizionamento: ciò che, qui, secondo il giudice, si era verificato, emergendo indicazioni in forza delle quali la bambina aveva reso dichiarazioni coerenti con l’impostazione accusatoria principalmente per il timore di essere punita "per essersi toccata nelle parti intime con le mani sporche", sì da provocarsi l’irritazione che aveva portato, invece, alla denuncia a carico dell’imputato.

Concludeva, appunto, la Corte per l’insussistenza di elementi probatori che potessero condurre a ritenere dimostrato l’addebito.

Con ampi motivi ricorrono sia il PG di Catania che la parte civile, che, sottopongono a critica la motivazione della sentenza, ritenendo, da un lato, che questa non abbia corrisposto alle censure della primigenia sentenza di annullamento della Cassazione, e, dall’altro, che abbia illogicamente apprezzate le dichiarazioni della vittima, sì da inferirne la complessiva inattendibilità.

I ricorsi non sono fondati.

Va ricordato, in premessa, che, come è noto, a seguito di annullamento per vizio di motivazione, il giudice di rinvio è vincolato dal divieto di fondare la nuova decisione sugli stessi argomenti ritenuti illogici o carenti dalla Cassazione, ma resta libero di pervenire, sulla scorta di argomentazioni diverse da quelle censurate in sede di legittimità ovvero integrando e completando quelle già svolte, allo stesso risultato decisorio della pronuncia annullata (Sezione 4, 12 giugno 2009, Scimeca).

La Corte di merito ha rispettato questo principio, fornendo a supporto della decisione liberatoria una motivazione che può non condividersi nel merito, ma che appare logica ed esaustiva ai fini del vaglio di legittimità, laddove ha affrontato tutti i punti topici della decisione: non solo i punti della collocazione dell’episodio e della valenza delle lesioni refertate, ma anche, e soprattutto, quello della attendibilità delle dichiarazioni della piccola.

Ciò la Corte ha fatto distinguendo esattamente i profili della capacità di testimoniare del minore vittima di violenza sessuale da quello dell’apprezzamento valutativo della dichiarazione resa. Il primo, ben può essere delegato al contributo di un tecnico (medico, psicologo, ecc), l’altro, che riguarda l’attendibilità e la genuinità della dichiarazione, spetta inderogabilmente al giudice.

E’ quindi al giudice che è appunto riservato l’apprezzamento valutativo sul contenuto della prova e, quindi, per quanto interessa, sulla attendibilità e genuinità della dichiarazione del minore, in sè e con riferimento agli eventuali riscontri esterni (cfr. artt. 187 e seg. c.p.p.).

Anche di recente, in tal senso, si è pronunciata questa Corte, ribadendo a chiare lettere, proprio in tema di dichiarazioni rese dal teste minore vittima di abusi sessuali, che, mentre, al fine di valutare l’attitudine a testimoniare, ovvero la capacità di recepire le informazioni, di raccordarle con altre, di ricordarle e di esprimerle in una visione complessiva, può farsi ricorso ad indagine tecnica che fornisca al giudice i dati inerenti al grado di maturità psichica dello stesso, nessun accertamento tecnico è consentito quando si tratti di valutare l’attendibilità della prova: tale operazione rientra, infatti, nei compiti esclusivi del giudice, che deve esaminare il modo in cui il minore abbia vissuto e rielaborato la vicenda, in maniera da selezionare sincerità, travisamento dei fatti e menzogna (Sezione 3, 8 gennaio 2009, Servedio).

E’ quindi l’autorità giudiziaria che ha la competenza assoluta e indelegabile di valutare il compendio probatorio e, in primo luogo, di apprezzare la valenza dimostrativa della dichiarazione della vittima, pur minore di età, la quale, come non infrequentemente si verifica proprio in materia di reati sessuali, è l’unica "fonte diretta" di conoscenza del fatto incriminato.

Ed è vero, al riguardo, che, secondo principio consolidato, la deposizione della persona offesa dal reato, pur se non può essere equiparata a quella del testimone estraneo, può tuttavia essere anche da sola assunta come fonte di prova della colpevolezza del reo, ove venga sottoposta ad un’indagine positiva sulla credibilità soggettiva ed oggettiva dì chi l’ha resa: ciò valendo, in particolare, proprio in tema di reati sessuali, l’accertamento dei quali passa, nella maggior parte dei casi, attraverso la necessaria valutazione del contrasto delle opposte versioni di imputato e parte offesa, soli protagonisti dei fatti, in assenza, non di rado, anche di riscontri oggettivi o di altri elementi atti ad attribuire maggiore credibilità, dall’esterno, all’una o all’altra tesi (ex pluribus, Sezione 4, 21 giugno 2005, Poggi).

Questa serrata indagine diretta a apprezzare la credibilità della deposizione è però molto delicata quando si tratti di valutare le dichiarazioni di minorenni, specie se vittime di reati sessuali.

Ciò in quanto, mentre l’adulto può mentire, affermando qualcosa che sa non essere conforme alla verità, con lo scopo di indurre gli altri in errore per trame un vantaggio, il bambino e l’adolescente (quest’ultimo in misura minore) hanno, assai spesso, la singolare attitudine alla "fabulazione magica", che è una sorta di "credenza assertiva", alla quale si abbandonano (per varie ragioni), creando quasi una sorta di "pseudorealtà", riuscendo molto spesso a rappresentarsi la realtà solo immaginandola e costruendosi un’immagine del mondo ordinata secondo i loro desideri, le loro emozioni, le loro prime esperienze (cfr. Sezione 3, 5 ottobre 2006, Agnelli). Detto altrimenti: il bambino è soggetto suggestionabile e, se escusso con metodiche non corrette e con domande suggestive, tende ad "adeguarsi alle aspettative" dell’interlocutore ed a riferire quello che l’adulto si aspetta; inoltre, i bambini piccoli hanno una memoria malleabile e possono incorporare nel proprio patrimonio mnestico le informazioni ricevute dagli intervistatori sino a crearsi falsi ricordi autobiografici (cfr. Sezione 3, 29 gennaio 2008, P.).

In questa prospettiva di rigore valutativo, occorre certamente una particolare cautela nell’esaminare la narrazione di un minore, vittima di reati sessuali, che deve estendersi anche alla ricostruzione della genesi della notizia di reato ed alle circostanze nelle quali il bambino si è aperto con gli adulti di riferimento ed alle modalità con le quali è stato intervistato. E’ infatti la prova testimoniale che assume fondamentale rilievo ai fini della decisione.

La Corte di merito ha sostanzialmente fatto richiamo a questi principi, fornendo una spiegazione sul profilo della ritenuta inattendibilità che, pur ad essa potendosi legittimamente opporre le critiche articolate nei ricorsi, non risulta censurabile in questa sede, perchè logica e non irrazionale.

Al rigetto del ricorso della parte civile consegue la condanna della medesima al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna la ricorrente S.D. al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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