T.A.R. Umbria Perugia Sez. I, Sent., 20-01-2011, n. 16 Vincoli storici, archeologici, artistici e ambientali; Atti amministrativi; Amministrazione Pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società ricorrente è proprietaria di un’area, di circa trenta ettari, ubicata nel Comune di Ficulle, al cui interno sono ricomprese, tra l’altro, la chiesa di S. Nicola al Monte Orvietano, nonché la "Badia di San Nicola al Monte", costituenti beni culturali.

Premette che, al momento dell’acquisto, detta area versava in un completo stato di abbandono, ed il complesso immobiliare costituito dalla chiesa e dalla badia era in evidente stato di degrado.

L’acquisto è stato finalizzato al recupero dell’intera area, mediante ristrutturazione della badia, da destinare a struttura turistico ricettiva (c.d. residenza d’epoca), nonché alla realizzazione di nove casali in pietra, sempre da destinare ad attività turistico ricettiva, ognuno di circa mq. 200, da realizzare a debita distanza dalla badia, con materiali e modalità non impattanti con le caratteristiche del luogo.

Tale progetto risultava conforme al nuovo P.R.G. adottato dal Comune di Ficulle, ed in fase di approvazione al momento dell’acquisto dell’area, che destinava il terreno in questione ad area turistico residenziale, con destinazione d’uso prevalente "residenziale".

Espone di avere provveduto ad effettuare lavori di pulizia dei boschi, ripe e fossi, alla rimessa in produzione di terreni seminativi, alla protezione dei fabbricati esistenti mediante puntellamento di solai e tetti, nonché all’ingabbiamento della torre con ponteggi metallici.

Rappresenta come con nota in data 15 febbraio 2008 il Comitato per la tutela e la valorizzazione delle Valli del Chiani e Migliari abbia richiesto alla Direzione Regionale per i Beni e le Attività Culturali, nonché alla competente Soprintendenza l’apposizione del vincolo di tutela indiretta nell’area limitrofa all’abbadia.

Con nota del 5 maggio 2008 la Direzione Regionale comunicava al Comune di Ficulle l’avvio del procedimento di tutela indiretta, concernente un’area comprensiva anche del terreno oggetto dell’intervento progettato dalla A.B. S.r.l.; la società proponeva le sue osservazioni, evidenziando che l’intervento edilizio ipotizzato non avrebbe in alcun modo leso il cono visuale delle chiesa e della badia, ma avrebbe, anzi, consentito di valorizzare l’intera zona.

Avverso il provvedimento di imposizione del vincolo indiretto deduce i seguenti motivi di diritto:

1) Violazione dell’art. 47 del d.lgs. n. 42 del 2004; violazione dell’art. 8 della legge n. 241 del 1990.

Il gravato provvedimento, in violazione delle norme rubricate, non è stato comunicato alla società proprietaria dell’area, avendo l’Amministrazione fatto ricorso ad altre forme di pubblicità notiziale (in particolare alla pubblicazione nell’albo pretorio del Comune di Ficulle, nel sito internet del Comune e nel B.U.R.), comunque inidonee allo scopo, non essendo, del resto, applicabile alla comunicazione del provvedimento la disposizione dell’art. 8 della legge n. 241 del 1990, concernente la comunicazione di avvio del procedimento. Giova precisare che sono circa una decina i destinatari del provvedimento finale.

2) Violazione dell’art. 2 della legge n. 241 del 1990, in combinazione con l’art. 46 del d.lgs. n. 42 del 2004; violazione dell’art. 6 del d.m. n. 495 del 1994; errore in fatto; difetto di motivazione e carenza di istruttoria.

Nella fattispecie in esame il procedimento di apposizione del vincolo è stato avviato in data 5 maggio 2008 e doveva concludersi nel termine di 240 giorni, vale a dire entro il 31 dicembre 2008.

Il provvedimento di vincolo è stato invece emanato in data 30 gennaio 2009, e dunque tarvidamente, senza che siano emerse, e siano state comunque evidenziate le esigenze istruttorie di cui all’art. 6, comma 6 bis, del d.m. n. 495 del 1994, giustificanti l’interruzione del termine di conclusione del procedimento.

3) Violazione degli artt. 4 e 6 del d.m. n. 495 del 1994, nella prospettiva che non è stata comunque data notizia alla ricorrente, soggetto interessato, in quanto destinatario del provvedimento finale, dell’esistenza di ragioni interrutive del termine di conclusione del procedimento.

4) Violazione dell’art. 19 del d.P.R. n. 233 del 2007; errore in fatto; violazione dell’art. 10 della legge n. 241 del 1990; difetto assoluto di istruttoria.

L’art. 19 del d.P.R. n. 233 del 2007 dispone che il Comitato regionale di coordinamento deve esprimere un parere obbligatorio in merito alle proposte di dichiarazione di interesse culturale o paesaggistico aventi ad oggetto beni od aree suscettibili di tutela intersettoriale, nonché in merito alle proposte di tutela indiretta.

Nel provvedimento gravato si fa riferimento al verbale della riunione del Comitato regionale di coordinamento del 15 ottobre 2008 favorevole all’accoglimento delle osservazioni del Comune di Ficulle, che risultano peraltro essere state trasmesse alla Direzione regionale con nota del successivo 16 ottobre 2008.

5) Violazione dell’art. 42 del d.lgs. n. 42 del 2004; eccesso di potere per difetto di motivazione e carenza di istruttoria; illogicità ed irragionevolezza manifesta.

Il vincolo indiretto, allorché si risolve in un divieto assoluto di edificazione su una vasta zona di territorio, deve essere rigorosamente motivato e sorretto da adeguata istruttoria, sotto il profilo della connessione funzionale con le esigenze di tutela e valorizzazione dell’immobile direttamente vincolato.

Nel caso di specie, la realizzazione di singole unità immobiliari a distanza di circa 200 metri dalla badia e dalla chiesa non avrebbe potuto arrecare alcun danno alla prospettiva ed alle luci della chiesa e della badia, né alterarne le condizioni di ambiente e decoro, ma potevano avere come effetto quello di valorizzare l’intera area.

6) Violazione dell’art. 45 del d.lgs. n. 42 del 2004 sotto ulteriore profilo; eccesso di potere per illogicità ed irragionevolezza sotto ulteriore profilo; contraddittorietà.

La Direzione Regionale, con nota del 22 dicembre 2007, chiedeva al Comune di Ficulle di mitigare nella fase operativa del P.R.G. le previsioni già formulate, in particolare limitando la macroarea turisticoresidenziale alla zona al di là del torrente (rispetto al borgo fortificato); tale previsione avrebbe consentito alla società ricorrente di effettuare l’intervento edilizio progettato (i nove casali).

Con la comunicazione di avvio del procedimento di imposizione del vincolo indiretto la zona da assoggettare a vincolo, del tutto illogicamente e senza alcuna idonea motivazione, è notevolmente aumentata rispetto a quella originariamente ipotizzata.

7) Violazione dell’art. 42 del d.lgs. n. 42 del 2004, in combinazione con l’art. 35 della l.r. Umbria n. 11 del 2005; illogicità ed irragionevolezza manifesta.

Il provvedimento impugnato precisa che "eventuali proposte di modifica dell’edificato esistente potranno comprendere esclusivamente aumenti di aree di calpestio o di volumetrie previsti dalla normativa urbanistica ad oggi vigente in materia".

L’art. 35 della l.r. n. 11 del 2005 dispone altresì che gli ampliamenti di edifici esistenti, qualora a seguito della loro realizzazione compromettano le caratteristiche tipologiche, storiche ed architettoniche dell’edificio esistente, possono costituire un organismo edilizio autonomo.

Il decreto impugnato, da un lato, preclude la possibilità di realizzare i casali previsti a distanza di oltre 200 metri dagli edifici oggetto di vincolo diretto, d’altro lato, consente di realizzare ampliamenti degli edifici esistenti, posti a pochi metri dalla chiesa e dalla badia, che si concretizzano in organismi edilizi autonomi, secondo quanto inferibile dalla norma suindicata.

8) Violazione dell’art. 45 del d.lgs. n. 42 del 2004 sotto ulteriore profilo; violazione degli artt. 3 e 10 della legge n. 241 del 1990; eccesso di potere per difetto di istruttoria sotto ulteriore profilo.

Le osservazioni presentate dalla società ricorrente in sede di contraddittorio procedimentale non sono state in alcun modo analizzate dall’Amministrazione resistente; le osservazioni presentate dal Comune di Ficulle sono state accolte in ordine alle modifiche che possono essere accettate; ma il Comune aveva chiesto di includere nel novero degli interventi costruttivi non proibiti dal vincolo quelli previsti dalla normativa urbanistica ad oggi adottata.

9) Violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990; difetto di motivazione e carenza di istruttoria; disparità di trattamento, nella considerazione che le particelle indicate nel provvedimento di vincolo non coincidono con quelle riportate nella planimetria allegata all’atto impugnato.

Inoltre dalla planimateria si desume che l’area oggetto di vincolo è stata ridotta rispetto a quella indicata nell’avvio del procedimento, e ciò senza alcuna motivazione.

Si è costituito in giudizio il Mi.B.A.C. controdeducendo puntualmente alle censure avversarie e chiedendo la reiezione del ricorso.

Sono intervenuti ad adiuvandum il Comune di Ficulle e ad opponendum il Comitato per la tutela e valorizzazione delle valli del Chiani e Migliari.

All’udienza dell’1 dicembre 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1. – Deve essere preliminarmente dichiarato inammissibile l’intervento, notificato in data 16 novembre 2010, proposto dal Comitato per la tutela e valorizzazione delle Valli del Chiani e Migliari a sostegno delle regioni del resistente Mi.B.A.C., non essendo lo stesso stato notificato al Comune di Ficulle, intervenuto ad adiuvandum con atto notificato in data 15 ottobre 2010, e dunque parte anteriormente costituita nel processo.

2. – Con il primo motivo di ricorso viene dedotta la violazione dell’art. 47 del codice dei beni culturali (d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42), lamentandosi la mancata comunicazione, nei suoi confronti, del provvedimento di imposizione del vincolo indiretto, ed, al contempo, l’inadeguatezza delle disposte misure di pubblicità notiziale.

La censura non appare meritevole di positiva valutazione, e deve dunque essere disattesa.

E’ pur vero che il predetto art. 47, al primo comma, dispone che il provvedimento contenente le prescrizioni di tutela indiretta è notificato al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo degli immobili interessati, tramite messo comunale o a mezzo posta raccomandata con avviso di ricevimento, e doveva dunque essere comunicato alla società ricorrente. Ma tale disposizione, secondo il costante indirizzo giurisprudenziale, non vale a sancire il carattere recettizio del provvedimento contenente prescrizioni di tutela indiretta, con la conseguenza che la sua comunicazione non è condizione di efficacia del provvedimento.

In ogni caso, la mancata notificazione di un atto amministrativo al suo destinatario non incide sull’esistenza o validità dello stesso, con la conseguenza che non può essere considerato nullo od illegittimo per il solo fatto della mancata comunicazione da parte dell’Autorità emanante (Cons. Stato, Sez. IV, 21 agosto 2006, n. 4860).

Parte ricorrente è, del resto, venuta a conoscenza del provvedimento contenente le prescrizioni di tutela indiretta ed ha potuto utilmente impugnarlo, con ciò determinando anche la sanatoria del vizio della comunicazione.

3. – Con il secondo ed il terzo mezzo, che possono essere trattati congiuntamente, in quanto connessi, viene poi dedotta la violazione del combinato disposto dell’art. 2 della legge n. 241 del 1990 e dell’art. 46 del d.lgs. n. 42 del 2004, allegandosi la tardività del provvedimento impugnato rispetto al termine finale del procedimento, previsto in 240 giorni, decorrente dalla comunicazione di avvio del 5 maggio 2008, e la mancata rappresentazione di ragioni interruttive del termine di conclusione del procedimento.

Le censure non appaiono meritevoli di positiva valutazione.

Ed invero, secondo il costante insegnamento giurisprudenziale, salvo che la norma non disponga specificamente nel senso della perentorietà, il termine di conclusione del procedimento (anche se ad iniziativa d’ufficio) ha natura meramente ordinatoria od acceleratoria, con la conseguenza che il provvedimento tardivo non è di per sé illegittimo (tra le tante, T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 6 febbraio 2009, n. 1158; T.A.R. Emilia Romagna, Parma, 14 gennaio 2008, n. 25; Cons. Stato, Sez. VI, 6 aprile 2010, n. 1913), potendo assumere rilievo solo ai fini dell’eventuale valutazione della responsabilità dirigenziale (art. 2, comma nove, della legge n. 241 del 1990).

A seguito dell’introduzione, nell’ambito della legge sul procedimento amministrativo, dell’art. 2 bis (per effetto della legge 18 giugno 2009, n. 69), vengono, a certe condizioni, correlate all’inosservanza del termine finale conseguenze significative sul piano della responsabilità civile dell’Amministrazione (c.d. danno da ritardo), ma non anche profili afferenti alla legittimità dell’atto tardivamente adottato.

Si desume in particolare dall’art. 46, commi 4 e 5, del d.lgs. n. 42 del 2004 che la scadenza del termine finale del procedimento per la tutela indiretta comporta come conseguenza il venire meno dell’immodificabilità cautelare dell’immobile, ma non si riflette anche in termini di illegittimità del provvedimento finale.

Nel descritto contesto appare dunque irrilevante la circostanza che non sia stata data comunicazione alla ricorrente dell’esistenza di ragioni istruttorie con effetto interrutivo del termine di conclusione del procedimento ai sensi dell’art. 6, comma 6bis, del d.m. 13 giugno 1994, n. 495.

4. – Con il quarto motivo viene poi dedotta la violazione dell’art. 19 del d.P.R. 26 novembre 2007, n. 233, oltre che il difetto di istruttoria, nell’assunto che il parere obbligatorio del Comitato regionale di coordinamento, favorevole all’accoglimento delle osservazioni del Comune di Ficulle, risalente al 15 ottobre 2008, sarebbe intervenuto il giorno antecedente alla trasmissione delle osservazioni comunali, avvenuta il 16 ottobre 2008.

Il motivo non appare meritevole di positiva valutazione, in quanto, come allegato dall’Avvocatura dello Stato nei propri scritti difensivi, il Comitato regionale di coordinamento, tenuto ad esprimere pareri obbligatori in merito alle proposte di prescrizioni di tutela indiretta, ha approvato, nella seduta del 15 ottobre 2008, le modifiche proposte dal Comune di Ficulle, pervenutegli con comunicazione differente (ed anteriore) da quella del 16 ottobre, indirizzata alla Direzione Regionale, e della quale si dà atto nel provvedimento di imposizione del vincolo.

5. – Con il quinto motivo si deduce, in sintesi, il vizio di motivazione e di istruttoria del provvedimento impugnato, che non avrebbe sottoposto ad adeguata valutazione l’incidenza della realizzazione delle singole unità immobiliari (a debita distanza dalla chiesa e dalla badia), estendendo il vincolo indiretto per un raggio di circa 400 metri.

Anche tale motivo è infondato.

Il provvedimento di imposizione del vincolo indiretto è caratterizzato da discrezionalità tecnica, censurabile solo per macroscopiche incongruenze ed illogicità, che nel caso di specie non appaiono ravvisabili.

Il provvedimento impugnato indica con precisione i beni oggetto del vincolo, e le cose in funzione delle quali esso è imposto.

La "relazione di vincolo" chiarisce che la salvaguardia del bene va assicurata tenendo conto anche del contesto territoriale in cui sono inseriti i beni di interesse monumentale; lo spazio di rispetto coincide con la campagna circostante, facendo corretta applicazione del criterio della c.d. continuità storica tra il monumento e gli insediamenti circostanti.

E’ noto infatti che, a differenza del vincolo diretto, che riguarda il bene culturale, il vincolo indiretto si caratterizza per coinvolgere l’ambito costituente la "fascia di rispetto", che non coincide con l’ambito materiale dei confini perimetrali dei singoli immobili, ma va stabilita in rapporto alla consistenza della c.d. "cornice ambientale"; ciò comporta che il vincolo indiretto può essere imposto sull’area che si trova in vista od in prossimità del bene culturale (tra le tante, T.A.R. Veneto, Sez. II, 4 novembre 2004, n. 3846).

L’area interessata dal vincolo indiretto non è una circonferenza con raggio pari a 400 metri lineari, ma è stata ridotta, con l’obiettivo di contenere il sacrificio del proprietario, escludendo quasi tutte le aree a bosco, da cui non si gode di alcuna veduta dei monumenti, fatta eccezione per quelle immediatamente limitrofe.

La stessa scelta dell’inedificabilità parziale appare adeguatamente motivata con indicazione delle finalità perseguite, e con riguardo alla natura del bene ed alla sua ubicazione (Cons. Stato, Sez. VI, 6 settembre 2002, n. 4566).

6. – Le osservazioni che precedono inducono a disattendere anche la sesta censura, con la quale si lamenta una sorta di contraddittorietà tra la nota indirizzata dall’Amministrazione dei Beni Culturali al Comune di Ficulle in data 23 dicembre 2007 (alla cui stregua sarebbe risultata possibile l’edificazione dei nove casali, pur richiedendosi di mitigare la macroarea turistico residenziale) ed il gravato provvedimento di vincolo.

Anzitutto, sotto il profilo strettamente formale, già di per sé idoneo ad escludere la contraddittorietà con precedente atto, occorre evidenziare come la nota del 23 dicembre provenga da altro ufficio (rispetto a quello che ha adottato le prescrizioni di tutela indiretta), e cioè dall’allora Soprintendenza per i Beni Architettonici, il Paesaggio, il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico di Perugia.

In ogni caso, anche sotto il profilo contenutistico, una siffatta divergenza non è dato ravvisare; la nota in esame dichiara espressamente di concordare con le osservazioni del Comitato per la tutela e valorizzazione delle valli del Chiani e del Migliari circa l’incompatibilità della destinazione urbanistica con elevata volumetria con le emergenze storiche sottoposte a tutela.

7. – Il settimo mezzo censura le statuizioni provvedimentali che (precludendo la possibilità di realizzare i casali a duecento metri dagli edifici oggetto di vincolo diretto) consentono però poi, in modo asseritamente contraddittorio ed irragionevole, di realizzare ampliamenti di quanto già esistente, a poca distanza dalla chiesa e dalla badia, al punto da prefigurare organismi edilizi autonomi ai sensi dell’art. 35 della l.r. Umbria 22 febbraio 2005, n. 11, oltre che di costruire annessi agricoli.

Il mezzo non appare meritevole di positiva valutazione.

Anzitutto, con riferimento alla prescrizione secondo cui "eventuali proposte di modifica dell’edificato esistente potranno comprendere esclusivamente aumenti di aree di calpestio o di volumetrie previsti dalla normativa urbanistica ad oggi vigente in materia…", va precisato che la stessa aggiunge come "in linea generale potranno essere accolte solo modificazioni marginali, preferibilmente autonome e disgiunte che consentano la lettura dei vari interventi nella loro evoluzione e comunque in forme tradizionali utilizzando materiali e forme tipiche dei luoghi".

In secondo luogo, per quanto riguarda gli annessi agricoli, sono consentiti "semprechè sia dimostrato che, per necessità di conduzione del fondo, non sia possibile e/o opportuno edificarli in zone esterne all’area di tutela indiretta".

Non emerge comunque la certezza della realizzazione di tali nuove e modeste costruzioni, le quali devono essere autorizzate specificamente, e comunque risultare rispettose dei limiti previsti dal provvedimento di vincolo, che preclude, tra l’altro, trasformazioni che offendano la visuale dei monumenti e tali da costituire barriere permanenti o temporanee alla vista.

Ben altro impatto, in una prospettiva di tutela, come si evince anche dalla relazione tecnica del consulente di parte ricorrente (geom. Materazzini), ove si parla di una volumetria complessiva di mc. 7000, avrebbe evidentemente la realizzazione di nove casali, nessun rilievo potendo, ad oggi, assumere la dedotta circostanza secondo cui, nel passato, ed in particolare nel 1600, le aree limitrofe alla chiesa ed alla badia erano interessate dalla presenza di innumerevoli immobili.

8. – Non meritevole di accoglimento risulta anche l’ottavo motivo di ricorso, con cui la ricorrente si duole della mancata valutazione del proprio contributo partecipativo, in violazione del combinato disposto degli artt. 3 e 10 della legge n. 241 del 1990.

E’ infatti consolidata la giurisprudenza nel ritenere che l’obbligo, ai sensi dell’art. 10 della legge sul procedimento, di esame delle memorie e dei documenti difensivi presentati dagli interessati, nel corso dell’iter procedimentale, non impone un’analitica confutazione in merito di ogni argomento utilizzato dagli stessi, essendo sufficiente uno svolgimento motivazionale che renda, nella sostanza, percepibile la ragione del mancato adeguamento dell’azione dell’Amministrazione alle deduzioni difensive delle parti (tra le tante, Cons. Stato, Sez. VI, 7 gennaio 2008, n. 17).

Il provvedimento gravato dà atto di avere esaminato le osservazioni della Badia S.r.l. in data 10 ottobre 2008, acquisite agli atti della Direzione regionale il successivo 16 ottobre; il corredo motivazionale del provvedimento adottato, nel suo complesso, è sufficiente a disattendere le memorie e gli scritti difensivi versati nel procedimento dalla società ricorrente.

9. – Con l’ultimo motivo si deduce che le particelle indicate nel provvedimento di vincolo non corrispondono a quelle riportate nella planimetria allegata, e che la stessa planimetria enuclea un’area più ristretta rispetto a quella individuata nella comunicazione di avvio del procedimento.

Il motivo è infondato, se non anche inammissibile per genericità.

Anche ad ammettere le sole affermate divergenze, si verterebbe o al cospetto di un mero errore materiale, suscettibile di rettifica, od, al contrario, di una ponderata valutazione che ha portato a restringere l’area intressata dal vincolo indiretto, a dimostrazione del corretto agire dell’Amministrazione.

10. – Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere respinto per l’infondatezza dei motivi dedotti.

Sussistono giusti motivi, in ragione del carattere tecnicodiscrezionale delle valutazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato, che non escludono un qualche margine di opinabilità, per compensare tra tutte le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Umbria (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, previa declaratoria di inammissibilità dell’intervento ad opponendum spiegato dal Comitato per la tutela e valorizzazione delle valli del Chiani e del Migliari, lo respinge.

Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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