Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 16-12-2010) 26-01-2011, n. 2734 Revoca e sostituzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

1. Il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del riesame, giudicando sull’appello proposto da C.N. avverso l’ordinanza con la quale la Corte di Assise di Napoli, il 29.1.2010, aveva rigettato la sua richiesta di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari per motivi di salute, con provvedimento del 9.6.2010, lo rigettava, a sostegno della decisione il tribunale argomentava secondo il seguente modulo logico:

– le condizioni di salute dedotte nel giudizio attengono ad una condizione di "quasi cecità", conseguenza delle gravi ferite riportate dall’istante in seguito ad un tentativo di omicidio in suo danno;

– pur riconoscendo tale stato patologico (in altre occasioni processuali valutato in termini di incompatibilità con lo stato di detenzione carceraria) nel caso di specie ricorrono comunque "esigenze cautelari di eccezionale rilevanza", connesse al pericolo di prosecuzione di attività criminale collegate ad associazioni malavitose e ad omicidi, attività proseguita dal C. anche dopo la sostituzione delle misure cautelari per motivi di salute;

– a conforto della severissima prognosi criminale soccorrono le dichiarazioni del collaboratore di giustizia D.F., che il 10.9.2009 ha riferito del coinvolgimento del ricorrente in attività criminali consumate nel (OMISSIS) relative a reati in violazione della disciplina sulle armi ed all’esecuzione di agguati;

– tali circostanze e gli stessi accertamenti tecnici medico-legali inducono a ritenere verosimilmente meno grave di quanto denunciato la patologia oculistica a carico dell’istante;

– quanto allo stato depressivo grave ultimamente denunciato nell’interesse del ricorrente, gli accertamenti di ufficio eseguiti ne hanno ridimensionato, e non di poco, l’entità, anche in riferimento al denunciato rischio di condotte suicidane, escluso dal consulente;

– anche gli ultimi accertamenti medico legali hanno concluso nel senso della compatibilità dello stato di salute con la condizione carceraria, ancorchè in costanza delle necessarie cure e dei necessari controlli continui e sistematici;

– la CTP in replica a quella di ufficio, testè richiamata nelle sue conclusioni, non appare di sostanziale contestazione di quest’ultima, limitandosi essa ad una diversa valutazione degli esiti di cui agli acquisiti accertamenti diagnostici.

2. Ricorre per Cassazione il C., assistito dal difensore di fiducia, illustrando un unico motivo di doglianza, con il quale denuncia la violazione dell’art. 275 c.p.p., comma 4 bis e ter e dell’art. 192 c.p.p., nonchè difetto di motivazione, in particolare osservando che:

l’ordinanza impugnata riconosce la incompatibilità con il regime carcerario dello stato di salute del ricorrente, ma ne nega le conseguenze invocate richiamando le dichiarazioni del collaboratore di giustizia D.F.;

i fatti per i quali viene processato il ricorrente risalgono al (OMISSIS), mentre lo stesso è divenuto totalmente cieco nel 1993 e dopo tale data non esistono contestazioni a suo carico, di guisa che il giudizio di attualità della pericolosità sociale evocata dal tribunale non ha aggancio fattuale e logico alcuno;

la incompatibilità della detenzione carceraria risulta da precedente decisione del tribunale;

l’eccezionale pericolosità sociale non può essere agganciata al processo in corso, dappoichè riferibili i fatti relativi, come già detto, al 1990, quando il C. era nel pieno delle sue capacità fisiche;

quegli stessi fatti, inoltre, non risultano ancora riferibili all’imputato con una decisione di condanna;

rimangono le dichiarazioni del collaboratore di giustizia, il quale riferisce di attività criminali svolte dal C. nel (OMISSIS), ma trattasi di dichiarazioni generiche e non specifiche, dalle quali non è possibile, per questo, difendersi;

di tali dichiarazioni non risultano valutate l’attendibilità, sotto il profilo della specificità delle accuse, nè risultano resi noti i necessari riscontri;

su tali ultimi punti manca del tutto la motivazione del tribunale.

3. Il ricorso è fondato.

La doglianza in esame pone la questione se ricorrano nella fattispecie le condizioni ed i requisiti per l’applicazione della disciplina di favore portata dalla seconda parte dell’art. 275 c.p.p., comma 4 bis e se abbia il giudice territoriale correttamente motivato l’impugnato rigetto.

La norma di riferimento, è noto, per quanto di interesse nel presente giudizio, stabilisce il principio che non può essere mantenuta la custodia cautelare in carcere quando l’imputato sia persona affetta da malattia particolarmente grave, per effetto della quale le sue condizioni di salute risultino incompatibili con lo stato di detenzione e comunque tali da non consentire adeguate cure in carcere. Nell’ipotesi detta, qualora ricorrano esigenze cautelari dal legislatore definite "di eccezionale rilevanza" e la cura del detenuto non sia possibile presso le strutture sanitarie penitenziarie, il giudice dispone la misura degli arresti domiciliari.

L’accertamento richiesto pertanto nella fattispecie dal ricorrente è dato dal suo stato di salute, la cui gravità è denunciata di tale gravità da non poter essere adeguatamente seguita nelle strutture carcerarie, questo dovendosi ritenere, attesa la domanda proposta in prima istanza, l’ambito della richiesta cognizione. Ciò posto il Tribunale ha fondato il rigetto del proposto appello sul rilievo, illustrato in forza di accertamento medico legale di ufficio sostanzialmente non contrastato da quello peritale di parte, che le accertate patologie, per un verso si appalesano volutamente e simulatamente aggravate rispetto al reale e, per altro verso, le medesime non sono affatto incompatibili con la detenzione carceraria.

Trattasi di conclusioni del tutto logiche e giuridicamente corrette, immeritevoli delle censure difensive come innanzi sintetizzate, ed assorbenti di ogni altra questione dedotta nel procedimento.

4. Il ricorso va pertanto rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali a mente dell’art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dispone trasmettersi a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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