Cons. Stato Sez. V, Sent., 21-01-2011, n. 422 Indennità varie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Col ricorso in epigrafe l’appellante, dipendente del Comune di Bari dal 1° ottobre 1962 al 31 marzo 1996, ha chiesto la riforma della sentenza 15 ottobre 1999 n. 929 del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sede di Bari, sezione seconda, con la quale è stato respinto il suo ricorso per il riconoscimento del diritto ad ottenere dall’Ente la liquidazione del trattamento suppletivo di fine servizio previsto dall’articolo aggiuntivo al regolamento comunale di pensione, introdotto con la deliberazione 3 marzo 1961 n. 171 del Consiglio comunale, successivamente confermata con deliberazione 25 luglio 1962 n. 1826 del Commissario straordinario e mai rimossa, secondo cui ai dipendenti comunali che cessano dal servizio con diritto all’indennità di premio di servizio corrisposta dall’INADEL "è concesso, a titolo di integrazione, il pagamento a carico del bilancio comunale, della somma necessaria a raggiungere, a parità di stipendio e di anni di servizio utili, riconosciuti dall’INADEL, l’importo della stessa indennità che sarebbe liquidata ad un dipendente statale".

Premesso che la sentenza gravata, pur riconoscendo che l’art. 17, co. 2, della legge 8 marzo 1968, n. 152, fece salvi i trattamenti supplementari deliberati dagli organi competenti degli enti locali entro il 1° marzo 1966 e per il personale in servizio a quella data, ha negato la persistenza di tale norma di legge e dei connessi atti regolamentari a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 3 della legge 7 luglio 1980 n. 299 (con cui l’ammontare dell’indennità integrativa speciale è stato incluso nel trattamento di fine rapporto a carico dell’INADEL), a sostegno dell’appello ha dedotto l’erroneità della pronunzia sulla base di articolate considerazioni.

Il Comune di Bari si è costituito in giudizio e, richiamate le proprie difese svolte in primo grado, ha chiesto la reiezione dell’appello.

A seguito di avviso di Segreteria datato 3 novembre 2009, il 9 febbraio seguente è stata depositata nuova istanza di fissazione d’udienza, anche sottoscritta personalmente dall’appellante.

Il Comune ha depositato documenti e memoria in date 5 e, rispettivamente, 14 ottobre 2010.

All’odierna udienza pubblica, nel corso della quale il difensore dell’appellante ha richiamato la pronuncia della Sezione n. 3324/10 resa in identica vicenda, l’appello è stato posto in decisione.
Motivi della decisione

Com’è esposto nella narrativa che precede, si controverte della spettanza all’appellante del trattamento suppletivo di fine servizio previsto dall’articolo aggiuntivo al regolamento comunale di pensione, introdotto con la deliberazione 3 marzo 1961 n. 171 del Consiglio comunale di Bari, successivamente confermata con deliberazione 25 luglio 1962 n. 1826 del Commissario straordinario e mai annullata, secondo cui ai dipendenti comunali che cessano dal servizio con diritto all’indennità di premio di servizio corrisposta dall’INADEL "è concesso, a titolo di integrazione, il pagamento a carico del bilancio comunale, della somma necessaria a raggiungere, a parità di stipendio e di anni di servizio utili, riconosciuti dall’INADEL, l’importo della stessa indennità che sarebbe liquidata ad un dipendente statale".

Il primo giudice, premesso che scopo della disposizione regolamentare citata è quello di non permettere oltre la sperequazione esistente all’epoca tra dipendenti degli enti locali e dipendenti statali, questi ultimi soltanto avendo diritto a veder computata l’indennità integrativa speciale nella buonuscita, ha ritenuto che l’efficacia della stessa disposizione era venuta meno per effetto dell’entrata in vigore della legge n. 152 del 1968, il cui art. 17 vietava agli enti locali di corrispondere ai propri dipendenti trattamenti supplementari di fine servizio e di pensione. Ha peraltro evidenziato che il co. 2 dello stesso art. 17 faceva salvi i trattamenti supplementari deliberati dagli organi competenti entro il 1° marzo 1966, limitatamente al personale in servizio a quella data. Tuttavia la permanente vigenza di tale norma regolamentare nei riguardi di questi ultimi era venuta meno a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 3 della legge 7 luglio 1980 n. 299, con cui è stata estesa agli iscritti INADEL la disciplina dettata per i dipendenti statali dall’art. 22 della legge 3 giugno 1975 n. 160, tenuto conto che il menzionato art. 17 della legge n. 152 del 1968 prescriveva al co. 3 che i trattamenti supplementari ancora a carico dell’ente locale si riducessero in misura pari all’aumento del trattamento erogato dall’INADEL. Ha perciò concluso nel senso dell’esaurimento degli effetti della deliberazione n. 171 del 1961, stante il completo assorbimento dell’ammontare dell’indennità integrativa speciale nel trattamento di fine rapporto appunto erogato dall’INADEL.

In questa sede a tanto l’appellante oppone che:

– la norma del 1980 ha ampliato con l’indennità integrativa speciale la base di computo dell’indennità premio di servizio, integrando in tal senso il disposto dell’art. 4 della legge n. 152 del 1968, secondo cui l’indennità premio di servizio era pari ad un quindicesimo dell’80% della retribuzione contributiva degli ultimi dodici mesi per ciascun anno di iscrizione all’istituto, ma tale beneficio non era stato ancora riconosciuto al personale statale, benché l’indennità integrativa speciale fosse stata assoggettata a contributo con la legge n. 160 del 1975;

– solo a seguito della sentenza n. 243 del 1993 della Corte costituzionale, con legge 29 gennaio 1994 n. 87 è stato riconosciuto anche ai dipendenti statali l’ampliamento della base di computo dell’indennità di buonuscita, includendovi l’indennità integrativa speciale nella misura del 60%, in vista della omogeneizzazione dei trattamenti previdenziali e pensionistici del pubblico impiego;

– è perciò evidente che nel periodo dal 1980 al 1994 la previsione del Comune di Bari, pur valida ed efficace e mai revocata o annullata, è restata priva di concreti effetti poiché i dipendenti degli enti locali conseguivano un trattamento di fine rapporto migliore di quello dei dipendenti statali;

– tuttavia, dopo che i dipendenti statali avevano recuperato, sia pur parzialmente, una condizione di parità normativa, ma permanendo invariate le frazioni della retribuzione contributiva da computare ai fini del trattamento di fine servizio (un quindicesimo/anno per i dipendenti degli enti locali e un dodicesimo/anno per i dipendenti statali), dal 1994 si è venuta a ricreare la sperequazione in danno dei dipendenti degli enti locali i quali, da tale anno, conseguono nuovamente una indennità premio di servizio inferiore, a parità di stipendio e di indennità integrativa speciale, all’indennità di buonuscita dei dipendenti statali;

– pertanto è errato che la delibera consiliare n. 171 del 1961 avrebbe esaurito i propri effetti all’entrata in vigore della legge n. 299 del 1980, tenuto anche conto che tale legge non vietava il mantenimento dei trattamenti supplementari espressamente fatti salvi per i dipendenti in servizio al 1° marzo 1966 dall’art. 17, co. 2, della legge n. 152 del 1968, restando irrilevante ed ininfluente ai fini della decisione le circostanze che l’indennità premio di servizio fosse posta a totale carico dell’INADEL e che l’indennità integrativa speciale fosse inclusa nella base di computo della stessa indennità di fine rapporto, non più opponibili dopo il ricrearsi dell’anzidetta forbice;

– del resto, la giurisprudenza amministrativa è concorde nel ritenere che il supplemento deliberato dalle amministrazioni locali prima del 1° marzo 1966 costituisce diritto quesito dei dipendenti in servizio a tale data e fino ad esaurimento, né mai ha negato l’efficacia delle norme regolamentari in base all’art. 3 della legge n. 299 del 1980.

Le pur ampie e suggestive argomentazioni appena riportate non convincono.

Come correttamente osservato dal primo giudice, l’art. 17 della legge n. 152 del 1968, nel far salvi al secondo comma i trattamenti supplementari deliberati entro il 1° marzo 1966 in favore del personale in servizio a tale data, al comma seguente ha disposto che detti trattamenti "devono essere decurtati di una somma pari all’ammontare dell’aumento apportato dalla presente legge al trattamento di servizio corrisposto dall’INADEL’, sicché, una volta assorbita completamente in detto trattamento INADEL l’indennità integrativa speciale in virtù del disposto dell’art. 3 della legge n. 299 del 1980, la norma di mantenimento del supplemento in favore di quel personale ha del pari completamente esaurito i propri effetti e con essa la norma regolamentare comunale.

Del resto su tale conclusione concorda anche l’appellante, secondo cui la disposizione regolamentare invocata, avrebbe (temporaneamente) esaurito i suoi effetti dal 1980 al 1994, salvo poi a rivivere, a seguito dell’estensione del computo dell’indennità integrativa speciale in favore dei dipendenti statali per effetto della quale si sarebbe nuovamente venuta a ricreare una sperequazione in ragione del diverso (ma preesistente) rapporto tra trattamento e retribuzione annua.

Sennonchè, non solo tale questione esula dall’applicabilità della norma di salvaguardia in parola (la quale ha in sostanza cristallizzato i criteri di liquidazione del supplemento già deliberato con riferimento ai trattamenti pregressi espressamente fatti salvi), per quanto deve tenersi conto che era nel frattempo entrato in vigore l’art. 11 della legge 29 marzo 1983 n. 93, leggequadro sul pubblico impiego, che, nel demandare agli accordi sindacali nazionali la disciplina di tutti gli assegni fissi ed "ogni altro emolumento" spettanti ai dipendenti pubblici (co. 1), ha fatto espresso "divieto alle pubbliche amministrazioni ed agli enti pubblici a cui l’accordo si riferisce di concedere trattamenti integrativi non previsti dall’accordo stesso e comunque comportanti oneri aggiuntivi" (co. 2).

Non può peraltro dimenticarsi che i trattamenti supplementari di fine servizio, mantenuti in essere dall’articolo 17 della legge 8 marzo 1968, n. 152, sono stati ritenuti privi di carattere retributivo ed espressione di mere liberalità (C.d.S., sez. V, 8 novembre 1982, n. 768), come tali assolutamente incompatibili con la ricordata sopravvenuta normativa in tema di pubblico impiego (in tal senso anche C.d.S., sez. V, 6 novembre 1987, n. 697, 7 settembre 1989, n. 535; 8 aprile 1991, n. 461, secondo cui "ogni ulteriore corresponsione di trattamenti supplementari da parte dell’ente di appartenenza configura sempre un trattamento aggiuntivo a quello dovuto dall’ente previdenziale", indipendentemente dal fatto che, in concreto, vada o meno a cumularsi con quest’ultimo; anche e per ciò solo ricade nel divieto posto dall’art. 17 della legge n. 152 del 1968).

Sotto altro concorrente profilo non può sottacersi che proprio sulla ricordata norma di cui all’articolo 11 della legge 29 marzo 1983, n. 93, fa leva il parere reso dall’ANCI su richiesta del Comune di Bari del 10 ottobre 1996, il quale, in relazione al caso di dipendente collocato a riposo a decorrere dal 1° dicembre 1994 che rivendichi il diritto al trattamento integrativo per periodi coperti da regolari versamenti all’INADEL per i quali ha già riscosso regolare liquidazione a carico del medesimo Istituto, ha ritenuto che nulla sia dovuto, stante l’inapplicabilità della norma regolamentare per le sopravvenute disposizioni legislative e contrattuali. Tanto diversamente dal caso di dipendente la cui rivendicazione concerna, invece, un periodo preruolo non compreso nella regolare liquidazione dell’INADEL e non riscattato dall’interessato, in cui peraltro si ipotizza che comunque la norma regolamentare non possa avere di fatto alcun effetto economico positivo.

Tale parere è pienamente condivisibile, sol che si consideri come la norma regolamentare di cui si discute, già divenuta priva di effetti concreti nel 1980 a causa dell’adeguamento della buonuscita statale, è poi stata privata anche di giuridica validità in ragione dell’intervenuta legge n. 93 del 1983 con cui, come detto, è stato posto alle amministrazioni ed agli enti pubblici l’espresso divieto di concedere trattamenti integrativi non previsti negli accordi sindacali ai quali è rimessa la determinazione non solo degli assegni fissai, ma pure di "ogni altro emolumento" spettante al dipendente in virtù del rapporto di lavoro. Tra siffatti emolumenti deve evidentemente ritenersi compreso il trattamento suppletivo di fine servizio in parola, il quale attiene appunto al rapporto di impiego e non a quello previdenziale; trattamento suppletivo non previsto da alcun contratto collettivo per i dipendenti degli enti locali e, dunque, non consentito. In altri termini, quanto meno ai generali fini di cui si controverte non v’è più spazio per l’operatività della stessa norma regolamentare, ancorché non formalmente revocata o annullata.

Alla stregua di tali considerazioni non sembra decisiva alla Sezione l’isolata decisione 25 maggio 2010 n. 3324.

Ne consegue che l’appello non può che essere respinto.

Tuttavia, le oscillazioni giurisprudenziali di cui si è dato atto consigliano la compensazione tra le parti delle spese del grado.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *