Cass. civ. Sez. V, Sent., 23-02-2011, n. 4393 Imposta di successione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il 21 ottobre 2005 la commissione tributaria regionale di Ancona ha accolto l’appello proposto dagli eredi di L.G. nei confronti dell’Agenzia delle entrate (Ancona), accogliendo il loro ricorso diretto a conseguire il rimborso della maggiore imposta di successione pagata su conti-correnti e depositi-titoli, esistenti presso alcuni istituti di credito (Bipop-Carire, Banca Popolare dell’Adriatico).

Ha motivato la decisione ritenendo che dette disponibilità bancarie ricadevano nella comunione legale tra il de cuius e il coniuge, sicchè la tassazione andava operata sul 50% di saldi e valori, e non sul 100% così come preteso dall’Ufficio e pagato dai ricorrenti.

L’Avvocatura dello Stato ha proposto ricorso per cassazione affidato a un solo motivo; gli eredi L. non si sono costituiti.
Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato.

A. Con l’unico motivo, l’avvocatura erariale denuncia la "violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 11 e art. 177 cod. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3". Lamenta che i giudici d’appello avrebbero disatteso il principio, tralatizio in giurisprudenza, secondo cui si presume compreso per intero nell’attivo ereditario il saldo del deposito in conto corrente bancario intestato soltanto a nome del de cuius, non essendo sufficiente addurre l’esistenza della comunione legale tra i coniugi per superare tale soluzione, atteso che si tratta di cespite creditizio e non di acquisto di beni. Il motivo non è fondato.

B. In tema d’imposta sulle successioni, si è ritenuto che il saldo attivo di un conto corrente bancario, intestato – in regime di comunione legale dei beni – soltanto a uno dei coniugi e nel quale siano affluiti proventi dell’attività separata svolta dallo stesso, se ancora sussistente entra a far parte della comunione legale dei beni, ai sensi dell’art. 177 c.c., comma 1, lett. c), al momento dello scioglimento della stessa, determinato dalla morte, con la conseguente insorgenza, solo da tale epoca, di una titolarità comune dei coniugi sul predetto saldo.

C. Lo scioglimento attribuisce, invero, al coniuge superstite una contitolarità propria sulla comunione e, attesa la presunzione di parità delle quote, un diritto proprio, e non ereditario, sulla metà dei frutti e dei proventi residui, già esclusivi del coniuge defunto.

D. Nella fattispecie decisa con la precitata pronunzia (Sez. 5, Sentenza n. 19567 del 16/07/2008), questa Sezione ha rigettato il ricorso dell’amministrazione avverso la sentenza che aveva ritenuto che l’imposta di successione fosse stata illegittimamente liquidata e corrisposta sull’intero asse ereditario, mentre le attività relative ai conti correnti e titoli dovevano essere tassati al cinquanta per cento, con conseguente rimborso della maggiore imposta versata.

E. Invero, un precedente indirizzo era orientato nel senso che, sempre in tema d’imposta sulle successioni, il saldo attivo di un conto corrente bancario intestato al de cuius, andrebbe tassato per intero, atteso che la comunione legale fra i coniugi riguarderebbe solo gli acquisti, cioè gli atti implicanti l’effettivo trasferimento della proprietà della res, o la costituzione di diritti reali sulla medesima, non quindi i diritti di credito sorti dal contratto concluso da uno dei coniugi, i quali, per la loro stessa natura relativa e personale, pur se strumentali all’acquisizione di una res, non sarebbero suscettibili di cadere in comunione (Cass. 4959 del 2003 e 1363 del 1999).

F. Tale pregresso indirizzo può dirsi superato, atteso che anche di recente la Corte (Sez. 5, Sentenza n. 10386 del 06/05/2009) ha nuovamente ritenuto:

– che la comunione legale fra i coniugi costituisce un istituto che prevede uno schema normativo non finalizzato, come quello della comunione, alla tutela della proprietà individuale, ma a quell’altra della famiglia attraverso particolari forme di protezione della posizione dei coniugi nel suo ambito, con speciale riferimento al regime degli acquisti, in relazione al quale la ratio della disciplina, che è quella di attribuirli in comunione ad entrambi i coniugi, trascende il carattere del bene della vita che venga acquisito e la natura reale o personale del diritto che ne forma oggetto;

– che anche i crediti – così come i diritti a struttura complessa, come i diritti azionari, o quelli derivanti da conti bancari o fondi di investimento – in quanto "beni" ai sensi degli artt. 810, 812 e 813 cod. civ., sono suscettibili di entrare nella comunione, ove non ricorra una delle eccezioni alla regola generale dell’art. 177 cod. civ., poste dall’art. 179 c.c. (cfr. Cass. n. 21098 del 2007);

– che il saldo attivo di un conto corrente bancario, intestato – in regime di comunione legale dei beni – soltanto ad uno dei coniugi, e nel quale siano affluiti proventi dell’attività svolta dallo stesso deve considerarsi pure facente parte della comunione legale dei beni al momento del decesso dell’intestatario stesso, ai sensi dell’art. 177 c.c., comma 1, lett. c), allorquando cioè si verifica in concreto lo scioglimento della stessa, determinato dalla morte, con il conseguente riconoscimento, a maggior ragione da tale epoca, di una titolarità comune dei coniugi sul predetto saldo;

– che lo scioglimento attribuisce al coniuge superstite il diritto al riconoscimento di una contitolarità propria sulla comunione e, attesa la presunzione di parità delle quote, un diritto proprio, e non ereditario, sulla metà dei frutti e dei proventi residui, persino anche nelle ipotesi in cui essi fossero stati esclusivi del coniuge defunto (cfr. Cass. 2182 del 1992, 4273 del 1996, 14897 del 2000).

G. Il nuovo orientamento della Sezione, sintetizzato nei citati precedenti del 2008 e del 2009, merita di essere condiviso e ulteriormente convalidato.

H. Per dovere di precisione e di completezza, va rammentato che i valori controversi scaturiscono da depositi bancari in conto corrente e da depositi di titoli in dossier.

I. Quanto a questi ultimi, il formante giurisprudenziale è da tempo nel senso che restano esclusi dalla comunione legale ai sensi dell’art. 177 c.c., lett. a), solo i meri diritti di credito che non abbiano una componente patrimoniale suscettibile di acquisire un valore di scambio.

J. Nella decisione di legittimità che ha, da ultimo, enunciato tale principio (Sez. 1, Sentenza n. 799 del 15/01/2009), si legge: "anche a voler considerare superata (…) la tesi secondo la quale possono qualificarsi come acquisti soltanto le acquisizioni patrimoniali derivanti dal compimento di atti implicanti l’effettivo trasferimento della proprietà della res o la costituzione di diritti reali sulla medesima e non quindi i diritti di credito pur se strumentali all’acquisizione di una res (in tal senso Cass. 21098/2007), resta fermo che l’atto deve avere ad oggetto l’acquisizione di un bene, ai sensi degli artt. 810, 812 e 813 c.c., dovendosi escludere, pertanto, che la comunione degli acquisti possa comprendere tutti indistintamente i diritti di credito che ciascun coniuge può acquistare. Ne deriva che se ben possono ritenersi acquisiti alla comunione legale i titoli di partecipazione azionaria, le quote di fondi d’investimento (Cass. 7437/1994, 9335/1997, 5172/1999) o i titoli obbligazionari (Cass. 21098/2007) acquistati con proventi di attività separata, in quanto entità che hanno una componente patrimoniale suscettibile di acquisire un valore di scambio, restano esclusi i meri diritti di credito, come quelli derivanti da un contratto preliminare di vendita (Cass. 1548/2008, 3185 e 17216/2003), dalla partecipazione a una cooperativa edilizia a contributo erariale (Cass. 12382/2005) o dal deposito bancario (Cass. 1197/2006)".

K. Ritiene configurabile una comunione de residuo, ai sensi dell’art. 177 c.c., comma 1, lett. c), sui redditi depositati su conto corrente anche altra, più risalente, decisione di legittimità (Sez. 1, Sentenza n. 14897 del 17/11/2000), confermativa della pronunzia di merito che aveva fatto rientrare nella comunione de residuo le somme depositate sul conto cointestato, ritirate prima della separazione ed asseritamente utilizzate per l’attività d’impresa del coniuge prelevante.

L. Da tempo, poi, la Corte ha statuito che i titoli di partecipazione azionaria, cosi come le quote di fondi d’investimento, costituendo componenti patrimoniali aventi un loro valore economico, anche se acquistati con i proventi della propria attività personale nel corso del matrimonio da uno dei coniugi in regime di comunione dei beni, entrano a far parte della comunione legale, ove non ricorra una delle eccezioni alla regola generale dell’art. 177 c.c., poste dall’art. 179 c.c. (Cass. 7437 del 1994, 9355 del 1997, 5172 del 1999). Lo stesso dicasi per i titoli obbligazionari che costituiscono una delle forme più diffuse e significative d’investimento della ricchezza e hanno un valore che può essere molto diverso da quello di emissione e di rimborso collegato alle fluttuazioni del mercato (Cass. 21098 del 2007). Trattasi di forme d’investimento del denaro non assimilabili in alcun modo al deposito bancario in conto corrente, il cui saldo non rientra nella comunione dei beni ex art. 177, lett. a), (da ultimo Cass. 1197 del 2006), proprio perchè non rappresenta una forma d’investimento dello stesso, rientrando invece solo nella comunione de residuo ai sensi dell’art. 177 c.c., comma 1, lett. c).

M. Tirando le fila della disamina sin qui condotta, nell’ambito delle disponibilità costituite presso banche abbiamo, da un lato, i depositi in titoli, cd. dossier, in virtù dei quali l’istituto custodisce e/o amministra (per conto del cliente) strumenti finanziari e titoli in genere, cartacei o dematerializzati (azioni, obbligazioni, titoli di stato, quote di fondi d’investimento, ecc);

dall’altro, i depositi in conto corrente, cd. conto corrente di corrispondenza, in virtù dei quali si realizzano meri flussi nummari in entrata e in uscita con chiusure periodiche e calcolo d’interessi attivi o passivi.

N. Nel primo caso, prevalendo l’aspetto patrimoniale, i relativi saldi sono rappresentativi di titoli aventi autonomo valore di scambio e rientrano dunque nella comunione legale degli acquisti (art. 177, lett. a); nel secondo caso, prevalendo l’aspetto strettamente monetario e proventistico (con i distinguo fatti da Cass. 1197 del 2006), i saldi rientrano di norma nella comunione de residuo, cioè nella comunione differita su quanto non sia stato consumato al momento dello scioglimento della comunione (art. 177, lett. c).

P. Da ciò deriva che, al momento della morte del coniuge, si scioglie la comunione legale sui titoli in deposito e si scioglie anche la comunione differita – o de residuo – sui saldi attivi dei depositi in conto corrente di corrispondenza, con imputazione iure hereditatis solo del 50% delle disponibilità bancarie, in entrambi i casi anche i fini dell’imposta di successione.

Q. Così inquadrata la materia e la fattispecie e meglio integrata la motivazione dei giudici d’appello, non v’è ragione per cassare la loro statuizione di merito. Il ricorso va, dunque, respinto senza alcun conseguenza in punto di spese, non avendo i contribuenti spiegato attività difensiva.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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