Cons. Stato Sez. V, Sent., 21-01-2011, n. 415 Contratti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con sentenza n. 51/2010 il Tar per le Marche ha respinto il ricorso proposto dal Consiglio Nazionale dei Geologi e dall’Ordine Regionale dei Geologi delle Marche avverso il bando della gara ad evidenza pubblica indetta dalla Regione Marche per l’affidamento in appalto del servizio di realizzazione della cartografia geomorfologica e dei relativi supporti informatici scala 1:10.000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, Quinta Serie speciale, contratti pubblici n. 147 del 17.12.2007.

Il Consiglio Nazionale dei Geologi e l’Ordine Regionale dei Geologi delle Marche hanno proposto ricorso in appello avverso tale sentenza per i motivi che saranno di seguito esaminati.

La Regione Marche si è costituita in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso.

All’odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.

2. L’oggetto del giudizio è costituito dalla contestazione di una gara di appalto da parte degli organismi rappresentativi in sede nazionale e regionale dei geologi sotto il profilo del criterio di aggiudicazione individuato (prezzo più basso) e dell’importo a base d’asta determinato senza tenere conto delle tariffe professionali.

Il giudice di primo grado ha respinto il ricorso, rilevando che:

a) il bando di gara in oggetto è stato emanato dopo l’entrata in vigore del d.l. 4.7.2006 n. 223 convertito nella l. 4.8.2006 n. 248 (cd. decreto Bersani), che all’art. 2 comma 1 lettera a) ha abrogato ogni disposizione legislativa o regolamentare che preveda, con riferimento alle attività libero professionali ovvero intellettuali, "l’obbligatorietà di tariffe fisse o minime";

b) Il controllo sull’eventuale irrisorietà del compenso stesso è svolto, come in tutti i settori in cui vige la libera concorrenza, dal mercato, nel senso che l’aspirante contraente il quale offra un compenso non congruo non troverà alcun professionista disposto a lavorare per lui;

c) la scelta dell’Amministrazione di aggiudicare il servizio ai sensi dell’art. 82 D. lgs. n. 163/2006, invece che con il criterio dell’art. 83 del medesimo Decreto Legislativo, rientra nella discrezionalità dell’amministrazione aggiudicatrice, insindacabile dal giudice amministrativo a meno che, in relazione alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche del contratto, tale scelta sia manifestamente illogica, arbitraria o macroscopicamente viziata da travisamento di fatto.

Gli appellanti contestano tali statuizioni e deducono che:

1) in base al d.l. n. 223/06 i minimi tariffari possono essere derogati, ma anche applicati dalle stazioni appaltanti;

2) la partecipazione di otto geologi alla gara non costituisce indice della congruità dell’importo posto a base d’asta;

3) in altri analoghi bandi, anche della stessa Regione, era stato determinato un prezzo a basa d’asta sensibilmente più alto;

4) l’aggiudicazione con il criterio del prezzo più basso tiene conto del solo elemento economico e svilisce il contenuto della prestazione professionale.

I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, sono privi di fondamento e ciò esonera dall’approfondire, in via istruttoria, alcuni preliminari profili attinenti alla permanenza dell’interesse al ricorso in funzione degli esiti della gara e alla stessa legittimazione degli appellanti.

Non è in contestazione la non vigenza di minimi tariffari al momento della indizione della gara e da ciò consegue che la Regione era libera di determinare il prezzo a base d’asta prescindendo dalle tariffe minime professionali.

Pur essendo vero che tali tariffe potevano essere utilizzate come base di riferimento, essendo queste state abrogate nei minimi, ma non espunte dall’ordinamento, nulla precludeva all’amministrazione di non tenerne conto, in quanto non vi è alcuna presunzione di non congruità del prezzo posto a base d’asta determinato senza fare riferimento alle tariffe.

La tesi dei ricorrenti si fonda sull’erroneo presupposto, secondo cui le stazioni appaltanti dovrebbero in via generale continuare ad applicare le tariffe professionali o, in alternativa, fornire una rigorosa prova della congruità del prezzo diversamente determinato.

Al contrario, alcun vincolo è imposto alle stazioni appaltanti di rispetto di minimi tariffari (non più esistenti) e spetta a chi intende contestare il prezzo posto a base d’asta dimostrare la totale incongruità dello stesso.

Nel caso di specie, tale prova non è stata fornita dai ricorrenti, non costituendo prova – a tal fine – il mero dato dello svolgimento di precedenti gare con basi d’asta più elevate, in quanto ciò potrebbe anche significare la sussistenza di un prezzo eccessivo in tali procedure e non necessariamente una incongruità del prezzo relativo alla gara qui in esame.

Anche la partecipazione di otto geologi alla gara costituisce un mero indizio presuntivo della congruità del prezzo, ma tale elemento non è stato superato da una adeguata dimostrazione della erronea determinazione della base d’asta, che spettava agli appellanti fornire.

Le suesposte considerazioni non sono contraddette dalla invocata determinazione n. 5/2010 dell’Autorità di vigilanza, che si limita a richiamare la necessità di stabilire un compenso adeguato; la successiva affermazione della formulazione di tale compenso anche sulla base delle tariffe professionali non può in alcun modo assumere carattere vincolante per le stazioni appaltanti, ma può al massimo costituire una mera indicazione, che consente scelte diverse (anche dal parere della Sezione consultiva degli atti normativi del Consiglio di Stato n. 3229/10 non si possono trarre indicazioni nel senso della necessaria applicazione delle tariffe).

E’, infine, infondata anche la censura diretta a contestare il criterio di aggiudicazione del prezzo più basso, non essendo stata né dedotta né provata l’illogicità in relazione alla gara in esame di tale criterio, consentito dal legislatore, e non rilevando, ai fini della legittimità del bando, una asserita maggiore idoneità del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa per la valutazione delle prestazioni professionali.

3. In conclusione, il ricorso in appello deve essere respinto.

In considerazione della parziale novità della questione, ricorrono i presupposti per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), respinge il ricorso in appello indicato in epigrafe.

Compensa tra le parti le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *