Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 14-12-2010) 26-01-2011, n. 2704 Trattamento penitenziario; Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Il Tribunale di Sorveglianza di Trento, con l’ordinanza indicata in epigrafe, rigettava l’istanza di applicazione di misura alternativa (affidamento in prova al servizio sociale) proposta da G.A., evidenziando che: (a) la pericolosità sociale dell’istante quale desumibile dal grave reato commesso (detenzione illegale si sostanza stupefacente), che avuto riguardo "al ruolo di rilievo" dallo stesso raggiunto nell’ambito del mercato trentino dello spaccio di droga al dettaglio non poteva ritenersi elisa dal contributo fornito alle indagini, (b) la informativa di polizia "non lusinghiera"; l’avviso orale dal quale il detenuto è stato raggiunto nel maggio 2009; la mancata "presa di coscienza" del problema di tossicodipendenza che lo affligge sin dal 1999, quale desumibile dalla mancata predisposizione, in accordo con il Sert, di un adeguato percorso di riabilitazione, malgrado la condotta regolare osservata da ultimo e lo svolgimento di una regolare attività lavorativa, non avendo tali elementi, in essere anche prima del compimento dei fatti di cui alla sentenza di condanna, indotto il prevenuto a desistere dal delinquere, inducevano a ritenere la misura richiesta non idonea alle esigenze trattamentali e di recupero dell’interessato, nè ad evitare il pericolo di reiterazione di condotte illecite.

2. – Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso il difensore del condannato, chiedendone l’annullamento per violazione di legge, sostenendo che il tribunale aveva, del tutto illogicamente, svalutato dei dati particolarmente rilevanti, quali la regolarità della condotta, lo svolgimento di attività lavorativa, la fattiva collaborazione con gli inquirenti, indicativa dell’avvenuta recisione di ogni legame con le persone che lo avevano coinvolto nella vicenda processuale conclusasi con la condanna, l’aver riallacciato i rapporti con i Servizi Sociali, valorizzando di contro, del tutto arbitrariamente, dati di per sè non decisivi ed attuali, quali la gravità del reato commesso o meramente ipotetici quali l’asserito pericolo di reiterazione dei reati.
Motivi della decisione

1. – L’impugnazione proposta dal G. è basata su motivi infondati e va quindi rigettata.

1.1 – Le argomentazioni difensive sviluppate in ricorso, infatti, lungi dal denunciare effettive violazioni di legge e senza dimostrare, in concreto, un travisamento dei dati fattuali posti a base dell’apparato argomentativo in concreto svolto dai giudici di merito (ruolo di rilievo raggiunto dal ricorrente nell’ambito del mercato trentino dello spaccio di droga al dettaglio – negative informazioni di polizia – mancata predisposizione di un programma di trattamento della tossicodipendenza), si risolvono in una sollecitazione a compiere una valutazione comparativa delle risultanze processuali in senso più favorevole al ricorrente rispetto a quella compiuta dal tribunale, il quale ha comunque preso in esame anche i dati favorevoli all’Istante (regolarità della condotta; svolgimento di attività lavorativa, collaborazione con gli inquirenti), salvo ritenerli, in difetto di un adeguato programma riabilitativo dalla tossicodipendenza, non sufficienti, almeno allo stato, a garantire la non reiterazione di una condotta illecita.

1.2 – Orbene, nel formulare le sue difese, il ricorrente non considera, però, per un verso, che relativamente al controllo della motivazione del provvedimento impugnato, esula dai poteri della Cassazione quello di una nuova e diversa valutazione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, giacchè tale attività è riservata esclusivamente al giudice di merito, potendo riguardare il giudizio di legittimità solo la verifica dell’iter argomentativo di tale giudice, accertando se quest’ultimo abbia o meno dato conto adeguatamente delle ragioni che lo hanno condotto ad emettere la decisione (così ex multis Cass., sez. 6, 14 aprile 1998, ric. Kurzeja, Cass. sez. 1, 22 dicembre 1998, n. 13528) e, per altro verso, che la concedibilità dei benefici di cui al capo VI della L. 26 luglio 1975, n. 354, non si sottrae al criterio della valutazione discrezionale, che deve riguardare, al di là dell’indefettibile accertamento delle condizioni di ammissibilità, l’opportunità del trattamento alternativo, che non può prescindere, come avviene per ogni altra misura della stessa categoria, dalla concreta praticabilità del beneficio stesso, ritenuta dai giudici di merito, allo stato, ancora insussistente.

1.3 – Tale decisione, adeguatamente motivata, si rivela, del resto, pienamente conforme, pur non citandolo esplicitamente, all’ormai consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui "il criterio di gradualità nella concessione di benefici penitenziari, pur non costituendo una regola assoluta e codificata, risponde ad un razionale apprezzamento delle esigenze rieducative e di prevenzione cui è ispirato il principio stesso del trattamento penitenziario" (così Cass. sez. 1, sentenza n. 5689 del 18/11/1998 – 26/3/1999, ric. Foti, Rv. 212794).

2. – Il rigetto del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art. 616 c.p.p. in ordine alla spese del presente procedimento.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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