Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 14-12-2010) 26-01-2011, n. 2703 Armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Il Tribunale di Sorveglianza di Catania, con l’ordinanza indicata in epigrafe, rigettava l’istanza di applicazione di misura alternativa (semilibertà) proposta da C.C. – detenuto in esecuzione di una condanna all’ergastolo "ed allocato nel circuito dell’Alta Sicurezza" – evidenziando che la pericolosità sociale dell’istante, quale desumibile dal grave reato commesso da ultimo (omicidio plurimo aggravato), dai numerosi precedenti penali (furti, ricettazione, evasione, detenzione armi, ed altro) e giudiziari (coinvolgimento in un’indagine di criminalità mafiosa) e dalla negativa informativa di polizia; il carattere non ancora serio e profondo del "processo di revisione degli schemi culturali di riferimento" e di "autentica comprensione del disvalore delle proprie condotte", pur a fronte di una condotta carceraria "regolare e partecipativa", inducevano a ritenere la misura richiesta, in assenza di una preliminare ammissione all’esperienza dei permessi premio – fruibile solo una volta disposta la "declassificazione" del detenuto, pure proposta dall’autorità penitenziaria – non idonea, allo stato, alle esigenze trattamentali e di recupero dell’interessato, e ad evitare, altresì, il pericolo di reiterazione di condotte illecite.

2. – Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso il difensore del condannato, chiedendone l’annullamento per violazione di legge e vizio di motivazione, deducendo a sostegno dell’impugnazione, che il tribunale aveva svalutato, del tutto illogicamente, dei dati particolarmente rilevanti per la concessione della misura, quali "la condotta carceraria regolare e partecipativa, caratterizzata da una lucida e serena rivisitazione critica del proprio vissuto", valorizzando, di contro, del tutto arbitrariamente, dati di per sè non decisivi, quali l’asserita pericolosità sociale, affermata, per altro, sulla scorta di un giudizio generico e contraddicono, basato sulla gravità del reato commesso e sul coinvolgimento in indagini di criminalità mafiosa relative in effetti a fatti ormai risalenti nel tempo senza considerare, adeguatamente, la lunga detenzione sofferta ed il dato della proposta di "declassificazione".
Motivi della decisione

1. – L’impugnazione proposta nell’interesse del C. è basata su motivi infondati.

1.1 – Le argomentazioni sviluppate in ricorso, nel denunciare la inadeguatezza della motivazione dell’ordinanza impugnata, lungi dal segnalare effettive violazioni di legge e dimostrare in modo verificabile un effettivo travisamento dei dati fattuali posti a base dell’apparato argomentativo in concreto svolto dai giudici di merito (pericolosità sodale – negative informazioni di polizia – esame della personalità ancora incompleto), si risolvono in una sollecitazione a compiere una valutazione comparativa delle risultanze processuali, in senso più favorevole al ricorrente rispetto a quella compiuta dal tribunale, il quale ha comunque concretamente esaminato anche i dati favorevoli all’istante (regolarità della condotta intramuraria; proposta di declassificazione dal circuito di Alta Sicurezza).

1.2 – Nel formulare le sue difese, il ricorrente non considera, però, per un verso, che relativamente al controllo della motivazione del provvedimento impugnato, esula dai poteri della Cassazione quello di una nuova e diversa valutazione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, giacchè tale attività è riservata esclusivamente al giudice di merito, potendo riguardare il giudizio di legittimità solo la verifica dell’iter argomentativo di tale giudice, accertando se quest’ultimo abbia o meno dato conto adeguatamente delle ragioni che lo hanno condotto ad emettere la decisione (così ex multis Cass., sez. 6, 14 aprile 1998, ric. Kurzeja, Cass. sez. 1, 22 dicembre 1998, n. 13528) e, per altro verso, che la concedibilità dei benefici di cui al capo 6 della L. 26 luglio 1975, n. 354, non si sottrae al criterio della valutazione discrezionale, che deve riguardare, al di là dell’indefettibile accertamento delle condizioni di ammissibilità, l’opportunità del trattamento alternativo oltre che la concreta praticabilità del beneficio stesso, ritenuta dai giudici di merito, allo stato, ancora insussistente.

1.3 – Tale decisione, adeguatamente motivata, risulta, del resto, pienamente conforme all’ormai consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui "il criterio di gradualità nella concessione di benefici penitenziari, pur non costituendo una regola assoluta e codificata, risponde ad un razionale apprezzamento delle esigenze rieducative e di prevenzione cui è ispirato il principio stesso del trattamento penitenziario" (così Cass. sez. 1, sentenza n. 5689 del 18/11/1998 – 26/3/1999, ric. Foti, Rv. 212794).

2. – Il rigetto del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art. 616 c.p.p. in ordine alla spese del presente procedimento.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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