Cass. civ. Sez. V, Sent., 23-02-2011, n. 4378 Imposta reddito persone fisiche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Sulla base di un processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, l’allora Ufficio delle Imposte Dirette di Teano notificava ad C.A. titolare della ditta Autopiù, esercente la attività di intermediazione nella vendita di autoveicoli usati, avviso di accertamento con il quale, rilevata la esistenza di un maggior numero di contratti conclusi rispetto a quelli contabilizzati, elevava il reddito imponibile a fini IRPEF relativo all’anno 1996, applicando le relative sanzioni.

Il contribuente impugnava l’avviso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Caserta, sostenendone la illegittimità e la infondatezza sotto vari profili.

La Commissione respingeva il ricorso.

Appellava il contribuente e la Commissione Tributaria Regionale della Campania con sentenza n. 25/15/05 in data 28-2-05, depositata in data 5-4-05, accoglieva il gravame, ritenendo l’accertamento nullo perchè fondato su elementi meramente presuntivi.

Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la Agenzia delle Entrate, con un motivo.

Resiste il contribuente con controricorso.
Motivi della decisione

Con l’unico motivo la Agenzia deduce violazione e falsa applicazione dell’artt. 2697, 2722, 2727, 2729 e 2730 c.c., degli artt. 115 e 116 c.p.c., ed insufficiente ed illogica motivazione su punti decisivi della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5.

Espone che l’avviso era fondato sui dati emersi in sede di verifica, ove era stata compiuta una perquisizione domiciliare che aveva consentito la acquisizione di documentazione extra contabile consistente in dichiarazioni di vendita e registri da cui emergeva in modo analitico il numero dei contratti stipulati con l’intervento della ditta Autopiù, nonchè gli estremi identificativi della vetture commerciate, delle parti interessate e dei prezzi di vendita, elementi che avevano consentito la ricostruzione analitica della attività reale della ditta.

Evidenzia che in presenza di tale imponente apparato probatorio, a fronte del quale era onere del contribuente fornire rigorosa prova contraria, la Commissione aveva accolto l’appello del contribuente motivando con poche frasi assolutamente generiche, in cui gli elementi dell’Ufficio erano stati definiti meramente presuntivi e privi di valore probatorio, senza spiegare i motivi alla base di tale giudizio, con sostanziale inesistenza della motivazione.

Il contribuente in controricorso sostiene la infondatezza dell’assunto della Agenzia.

Il motivo è fondato sotto il profilo del difetto di motivazione, sul preliminare punto della attendibilità degli elementi presuntivi utilizzati dall’ufficio (dovendosi quindi indurre che il motivo di appello sulla sostenuta inutilizzabilità della prove stesse sia stato implicitamente rigettato).

La sentenza, dopo avere dato atto che l’accertamento si fondava su note ed appunti reperiti in casa del contribuente, in sostanza una contabilità parallela, afferma che tali elementi sono "incerti ed aleatori" "senza alcun riferimento a fatti o persone" e pertanto "privi di valore probatorio".

La Commissione omette del tutto di spiegare in cosa tali note ed appunti consistessero, quali fossero i dati concretamente esposti, perchè fossero privi di valore probatorio nonostante fossero stati custoditi nella abitazione del contribuente. Non spiega inoltre, dopo avere dato atto che sulla base di tali appunti l’Ufficio era stato in grado di operare una ricostruzione analitica della attività del contribuente, in forza di quali rilievi concreti le note in questione potessero essere considerate prive "di riferimenti a fatti o a persone", cioè, secondo il dato letterale, a priori inidonee a consentire qualsivoglia ricostruzione, a prescindere dal grado di attendibilità della stessa.

La motivazione è quindi in parte meramente apparente, ed in parte intrinsecamente contradditloria, con verificazione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5.

La sentenza deve quindi essere cassata e rinviata per nuovo esame a diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale della Campania, che provvederà anche sulle spese di questa fase di legittimità.
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese a diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale della Campania.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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