Cons. Stato Sez. V, Sent., 21-01-2011, n. 407 Ricorso per revocazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.Con la decisione revocanda questo Consiglio di S.to:

– accoglieva in parte l’appello e, in riforma dell’impugnata sentenza del Tar, accoglieva le istanze risarcitorie della parte appellante nei sensi e limiti di cui in motivazione;

– condannava il comune di Arezzo a corrispondere un importo alla parte appellante

Quanto sopra, alla stregua di ampia motivazione fondata sui seguenti assunti conclusivi:

"I) Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, le domande di accertamento ed impugnatorie proposte, in via principale e subordinata, dalle società appartenenti al raggruppamento capeggiato dalla S. S.p.a. con i ricorsi in epigrafe e relativi atti di motivi aggiunti non possono trovare accoglimento. Correlativamente, vanno accolte in parte le domande di risarcimento danni a vario titolo spiegate dalle società ricorrenti, non essendo ravvisabile nella condotta del Comune di Arezzo e di A. S.p.a. alcun profilo di responsabilità contrattuale od extracontrattuale (precontrattuale).

II)- Deve ora ricordarsi che l’A. S. si era comunque aggiudicata la gara il 5 maggio 2004: A.I.S.A. iniziava, al riguardo una trattativa con il comune di Arezzo non prevista in alcun modo dal disciplinare di gara; Oltre due anni dopo, il 6 luglio 2006, il Consiglio comunale annullava l’aggiudicazione a S., dopo aver suscitato un prolungato affidamento in quest’ultima, tanto che i primi giudici, pur essendosi resi conto di ciò, hanno erroneamente ritenuto (v. pag. 18, sentenza impugnata) che le parti avessero consensualmente modificato la disciplina di gara, con la conseguente inesistenza di qualsiasi responsabilità in capo al comune o ad A.I.S.A..

È notoriamente risaputo che, in procedure pubbliche, le posizioni delle due parti sono equiordinate solo dopo l’aggiudicazione definitiva, che nella specie era intervenuta (trattandosi di gara anteriore al c.d. codice "de Lise"), con la conseguente necessità di far luogo all’esecuzione contrattuale oppure al risarcimento (nella specie, in forma non specifica, ma per equivalente monetario): diversamente, volendo ritenere intervenuta la sola aggiudicazione provvisoria, doveva escludersi una qualsiasi modificabilità consensuale delle regole di gara, con coinvolgimento della stazione appaltante.

Doveva, invece, ritenersi presumibilmente illegittimo fin dall’inizio l’oggetto stesso della gara, per cui la stazione appaltante non avrebbe dovuto coinvolgervi le parti private, sapendo dell’impossibilità giuridica della relativa esecuzione: in difetto, deve ipotizzarsi una responsabilità extracontrattuale per violazione del principio di affidamento e deve riconoscersi un danno (non tanto indennizzabile quanto) risarcibile in capo alla parte appellante, quantificabile nei quattro quinti dell’utile stimato nell’offerta di gara, con facoltà di utilizzazione dell’offerta da parte della stazione appaltante tenuta alla corresponsione dell’importo, ai sensi del d.lgs. n. 80/1998.

L’appello va, dunque, parzialmente accolto, con riforma dell’impugnata sentenza e parziale accoglimento delle istanze risarcitorie formulate in prime cure, mentre per giusti motivi possono integralmente compensarsi, tra le parti costituite, spese ed onorari del doppio grado di giudizio, tenuto anche conto della natura della vertenza, delle alterne vicende processuali e della reciproca parziale soccombenza."

2. Con il primo motivo del ricorso in revocazione, ora in esame, il comune di Arezzo espone che:

a)- la decisione impugnata individua a pag. 18 il soggetto responsabile tenuto al risarcimento del danno nella stazione appaltante;

– nella vicenda contenziosa il soggetto che ha indetto la gara e dunque la stazione appaltante è pacificamente la società A. s.p.a..

– Nel dispositivo invece di A. si condanna il comune di Arezzo che non è affatto la stazione appaltante.

b)- Inoltre, la stessa decisione nelle pagine 16 ultimo capoverso e 17 ultimo capoverso contiene due affermazioni contraddittorie ed antitetiche.

Il primo passo della sentenza di pag. 16 accoglie in parte le domande risarcitorie pur escludendo la sussistenza di ogni responsabilità contrattuale ed extracontrattuale.

In realtà la sentenza ha ritenuto che essendo l’annullamento legittimo, nessuna responsabilità potesse essere imputata ad A. ed al comune di Arezzo in quanto i successivi atti erano una conseguenza necessitata dell’annullamento stesso.

Pertanto il passo a pag.16 che esclude ogni responsabilità del comune di Arezzo e di A., sia contrattuale che extracontrattuale, non è frutto di un caso ma il risultato finale di una precisa ricostruzione fattuale e giuridica.

Ed allora tale periodo è in palese contrasto con quello successivo di pag. 1718 dove invece si ritiene la sussistenza di una responsabilità extracontrattuale della stazione appaltante.

Si tratterebbe di un errore di fatto revocatorio nella ricostruzione della vicenda.

c)- La sentenza sarebbe poi frutto di errore di fatto anche nel ritenere intervenuta la aggiudicazione nel mentre non si è nella realtà verificata alcuna aggiudicazione.

Premette il ricorrente che anche l’omissione di pronunzia comporta un errore revocatorio quando la sentenza non abbia espressamente motivato circa una questione sollevata negli scritti difensivi.

Nel caso in esame il giudice di appello non avrebbe motivato perché si possa ritenere intervenuta la aggiudicazione definitiva.

L’errore di fatto risiederebbe nella circostanza che il giudice non si è reso conto che l’offerta non era conforme al disciplinare e quindi non poteva sussistere alcuna aggiudicazione. Per esservi aggiudicazione, anche provvisoria, vi deve essere un incontro di volontà che puo" sussistere solo se l’offerta è conforme al bando. Se invece l’offerta è difforme, nessuna aggiudicazione provvisoria puo" avere luogo e qualora anche dichiarata dalla stazione appaltante,risulta priva di effetto perché ineseguibile. Nel caso in esame si trattava di una semplice proposta rivolta da A. al comune di Arezzo, una trattativa a tre mentre doveva ritenersi assolutamente esclusa la conclusione di un contratto bilaterale con la sola A..

Pertanto il giudice è incorso in un errore di fatto omettendo di pronunziarsi su una eccezione sollevata da A. e dal comune di Arezzo non rendendosi conto che l’offerta presentata non era conforme al disciplinare di gara e non poteva ricorrere alcuna aggiudicazione, né provvisoria, né definitiva.

d)- Lamenta ancora il ricorrente in revocazione la quantificazione del danno risarcibile nei quattro quinti dell’utile stimato nell’offerta di gara.

Sussisterebbe errore revocatorio nella percezione del contenuto di un documento di causa ed omessa valutazione di una eccezione.

Se il giudice avesse percepito che gli unici guadagni previsti erano relativi alla gestione dell’ampliamento di San Zeno, cioè ad una attività estranea all’oggetto di gara e meramente eventuale, non avrebbe mai rapportato il risarcimento agli utili. Il risarcimento deve infatti rapportarsi al danno subito ed il danno per mancata aggiudicazione puo" basarsi solo sull’oggetto della gara e cioè sul bene che l’offerente avrebbe conseguito con l’aggiudicazione e cioè non all’impianto San Zeno ed al suo ampliamento ma solo alla cessione di azioni di A..

Conclusivamente il risarcimento avrebbe potuto ammontare al massimo alle spese di partecipazione alla gara.

e)- A pg.3 della sentenza impugnata si legge: " La possibilità per gli enti locali di fare luogo alla cessione di partecipazioni societarie riguarda le sole società di erogazione e gestione dei servizi, e non anche le partecipazioni in società proprietarie di reti, impianti e dotazioni patrimoniali, le quali sono incedibili. L’inalienabilità di reti ed impianti è garantita attraverso l’obbligatorio conferimento degli stessi a società a capitale interamente pubblico ed incedibile, che costituisce anche il presupposto per l’esercizio della facoltà di cessione relativa alle partecipazioni nelle società di gestione: se la cessione venisse effettuata prima dello scorporo, ne risulterebbe violato il precetto imperativo dell’incedibilità delle dotazioni patrimoniali. "

Il giudice non avrebbe percepito che gli utili della offerta venivano proprio dalla gestione dell’impianto di San Zeno e del suo ampliamento e cioè di un bene che per legge non avrebbe potuto rientrare in questa gara. Se A. si fosse scissa avrebbe dato luogo a due società una proprietaria dell’impianto, solo pubblica, ed una gestore di servizi. La cessione delle azioni avrebbe dovuto riguardare solo questa ultima società, ossia quella di gestore dei servizi e non detentrice dell’impianto. Ne deriva che l’impianto non sarebbe potuto rientrare nell’oggetto della gara perché detenuto da altra e diversa società a seguito dello scorporo. Ma allora, perché riconoscere al privato gli utili derivanti proprio dalla parte illegittima della gara? Sarebbe evidente quindi l’errore di percezione del giudice che non si sarebbe accorto che gli utili derivavano tutti dall’ampliamento dell’impianto di San Zeno e cioè dalla parte illegittima della gara. Si tratterebbe di errore di fatto nella individuazione del contenuto di due documenti contenuti nella offerta tecnica prodotta da S..

Conclude quindi il comune di Arezzo insistendo per la revocazione della decisione.

Si è costituito il raggruppamento facente capo a S. contestando con ampia memoria difensiva le tesi sostenute dalla ricorrente nel ricorso e chiedendo una pronunzia di inammissibilità del ricorso medesimo.

Si è costituita A. chiedendo una pronunzia di rigetto del primo motivo dedotto dal comune di Arezzo e di accoglimento dei restanti motivi di revocazione.

Sono state depositate ulteriori memorie difensive

Dopo l’ampia discussione alla udienza del 9 aprile 2010, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
Motivi della decisione

1. Va premesso che con la decisione oggetto della domanda revocatoria il Collegio parzialmente accoglieva alcune delle domande proposte dal r.t.i. S. spa (Capogruppo mandataria) D.D. G.I. spa, C.S.A. spa, S.A. spa e S.K.T.G. Nv. (mandanti) mentre respingeva le domande di accertamento ed impugnatorie proposte dalla appellante accogliendo in parte solo la domanda risarcitoria per equivalente in denaro, per violazione del principio di affidamento, condannando conseguentemente il comune di Arezzo a corrispondere alla appellante un importo quantificato nei quattro quinti dell’utile stimato nell’offerta di gara.

La decisione riteneva legittimi gli atti con i quali il comune di Arezzo in sede di autotutela aveva annullato e posto fine alla procedura di gara ritenendo che in tali atti non fosse raffigurabile alcun profilo di responsabilità.

Per altro verso statuiva comunque la illegittimità della condotta del comune di Arezzo per avere violato l’affidamento di S. nella possibilità di entrare nella compagine sociale di A. quando invece la procedura, per come era stata impostata e deliberata dalla amministrazione, si presentava illegittima sin dall’inizio quanto al suo oggetto con conseguente impossibilità giuridica di dare corso alla aggiudicazione.

2. Con il primo motivo di revocazione il comune di Arezzo deduce un errore di fatto nella individuazione del soggetto responsabile al risarcimento del danno: la stazione appaltante era l’A., viceversa nel dispositivo si condanna al risarcimento il comune di Arezzo.

3. La doglianza non merita accoglimento.

Rileva la Sezione che dal contesto della decisione emerge la responsabilità proprio del comune, che, ad oltre due anni dall’aggiudicazione, "..il 6 luglio 2006,..annullava l’aggiudicazione a S. dopo avere suscitato un prolungato affidamento in questa ultima tanto che i primi giudici, pur essendosi resi conto di cio’, hanno erroneamente ritenuto… che le parti avessero consensualmente modificato la disciplina di gara con la conseguente inesistenza di qualsiasi responsabilità in capo al comune o ad A." (pag. 17 decisione revocanda).

Da rilevare ulteriormente che tutte le determinazioni inerenti la gara, dalla originaria determinazione di individuare un partner privato di A., alla scelta del percorso di gara, alla decisione di consentire l’ingresso del socio privato prima di eseguire l’operazione di scorporo, sono proprie del comune di Arezzo, per cui appare ragionevole che la decisione oggetto di revocazione abbia individuato il comune di Arezzo come stazione appaltante in senso sostanziale, utilizzando, nella pag.18 della decisione, una terminologia atecnica di stazione appaltante, tuttavia sicuramente aderente alla sostanza dei fatti.

Ulteriore elemento per il rigetto della censura è il fatto che la individuazione del soggetto responsabile del risarcimento in danno in favore della S. costituiva un punto controverso che ha riguardato le difese svolte in entrambi i gradi di giudizio, in cui, sia la difesa del comune, sia dell’A., hanno negato ogni responsabilità in ordine agli eventi.

Si ricorda al riguardo che l’errore di fatto che giustifica la revocazione ex art.395 n.4 c.p.c. ricorre allorchè "la decisione sia fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, ovvero quando sia supposta la inesistenza di un fatto, la cui verità è positivamente stabilita, quando il fatto non sia un punto controverso sul quale la decisione abbia pronunziato".

Nel caso di specie, poiché la individuazione del soggetto tenuto al risarcimento del danno ha pacificamente rappresentato un punto controverso della decisione, la domanda revocatoria, che investe proprio tale punto, si appalesa ancor prima che infondata, inammissibile.

4. Con il secondo motivo il comune censura la decisione sul presupposto che, per errore di fatto, contraddittoriamente, la stessa dapprima avrebbe escluso la responsabilità di A. e del comune e dopo, mutando incomprensibilmente e repentinamente avviso, avrebbe affermato tale responsabilità.

La censura estrapola dal loro contesto alcuni passi della decisione, tuttavia la sua attenta lettura porta a ritenere che il ragionamento di quel Collegio sia immune dal dedotto errore desunto dalla cennata asserita contraddittorietà.

Si tenga conto che insieme alle domande risarcitorie proposte da S. in via principale, era stata avanzata anche una domanda di risarcimento e/o indennizzo in conseguenza della intervenuta revoca in autotutela dei precedenti provvedimenti, domande che venivano appunto respinte dal Collegio per la riconosciuta legittimità degli atti con i quali il comune di Arezzo ed A. avevano posto fine alla gara e chiuso la procedura di project financing.

Rispetto alla adozione di tali provvedimenti la decisione infatti ha ritenuto che non potesse configurarsi nella condotta delle resistenti alcun profilo di responsabilità contrattuale od extracontrattuale produttiva di danno o indennizzo meritevole di accoglimento.

In sostanza il Collegio ha ritenuto che poiché erano legittimi gli atti di rimozione della procedura, non potessero conseguentemente trovare accoglimento le domande articolate sotto più profili, di accertamento della intervenuta aggiudicazione della gara e del connesso diritto al risarcimento o all’indennizzo conseguenti alla revoca dei precedenti provvedimenti poiché, trattandosi di evitare la violazione di norme imperative di legge, non poteva configurarsi nessuna responsabilità delle resistenti.

Correlativamente, sempre per quel Collegio, non poteva non trovare tutela l’affidamento della S. nella legittimità della procedura di gara secondo i comuni canoni di correttezza e buona fede che devono improntare atti e comportamenti della pubbliche amministrazioni e pertanto il Collegio stigmatizzava, nella vicenda, un comportamento lesivo della Amministrazione, tale da configurare una responsabilità extracontrattuale e un danno risarcibile.

Si tratta di argomentazioni coerenti sul piano logico. Non sussiste dunque alcuna contraddittorietà né il presupposto errore di fatto.

Anche tale motivo, che investe d’altra parte un profilo controverso sul quale vi è stata statuizione del giudice, deve essere ritenuto inammissibile.

5. Con il terzo motivo la difesa del comune si duole di un ulteriore errore di fatto in cui sarebbe incorso il giudice di appello là dove ha ritenuto che fosse intervenuta la aggiudicazione della gara mentre nella realtà non si sarebbe verificata alcuna aggiudicazione, né provvisoria, né definitiva.

Il comune fonda tale doglianza sul rilievo che in sede di ricorso era stata sollevata una eccezione da parte del comune a suo dire non esaminata dal Collegio del seguente tenore: "A. non avrebbe potuto aggiudicare la gara nella seduta del 5.3.2004 dato che S. aveva proposto in sede di gara un contratto a tre tra S., A. e comune di Arezzo".

Poiché l’offerta di S. non era conforme al bando di gara e quindi equivaleva a nuova proposta non poteva esservi aggiudicazione.

Il giudice di appello avrebbe commesso un errore di fatto, nella specie un errore di "percezione sensoriale", non rendendosi conto che la offerta non era conforme al disciplinare di gara e che quindi non poteva sussistere alcuna aggiudicazione.

5.1. Anche tale censura è inammissibile in quanto la qualificazione della deliberazione del c.d.a. di A. del 5.5.2004 quale aggiudicazione ha costituito un tema di causa dibattuto negli atti difensivi di ciascuna parte e del tutto controverso, come tale non puo" essere oggetto di alcuna censura revocatoria; in ogni caso deve anche tenersi conto che tale punto non ha avuto influenza per l’accoglimento delle istanze risarcitorie della parte appellante essendo del tutto irrilevante, secondo il Collegio, il fatto che fosse intervenuta la definitiva o provvisoria aggiudicazione.

Il giudice di seconda istanza nella revocanda decisione ha ritenuto che il comune di Arezzo avesse violato il principio di affidamento e che come tale fosse tenuto al risarcimento; l’accoglimento non viene dunque legato alla intervenuta aggiudicazione ma al comportamento tenuto dal comune.

Va aggiunto che per il resto la doglianza al più potrebbe configurare una inammissibile deduzione di errore di diritto.

6. Con il quarto e quinto motivo di revocazione, che possono essere trattati congiuntamente, il Comune censura la decisione del Consiglio di S.to perché sarebbe incorsa in un errore di fatto condannando l’amministrazione al risarcimento nella misura di quattro quinti dell’utile stimato nell’offerta, omettendo di considerare che tale utile era quello derivante dall’ampliamento dell’impianto di San Zeno, non rientrante nell’oggetto della gara e che tale rilievo era stato oggetto di un’eccezione del Comune.

6.1. Anche tali censure appaiono inammissibili in quanto inidonee a configurare un errore di fatto, ma in concreto dirette a sollecitare un riesame in parte qua della decisione, espressamente pronunciatasi su un punto controverso della vertenza, in relazione alle domande e alle eccezioni delle parti.

7. In conclusione il proposto ricorso in revocazione è inammissibile.

8. Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti spese ed onorari del giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di S.to in sede giurisdizionale, quinta Sezione, dichiara inammissibile il ricorso in revocazione in epigrafe indicato.

Compensa spese ed onorari.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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