Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 10-12-2010) 26-01-2011, n. 2672 Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

– 1 – La Corte di assise di appello di Genova, con sentenza in data 28.5.2010, depositata il 9.6 successivo, confermava la decisione di primo grado, la sentenza del GUP presso il tribunale della stessa città in data 20.7.2009, che, in sede di giudizio abbreviato, condannava D.C.L. alla pena dell’ergastolo per i delitti, in continuazione, di omicidio aggravato e di rapina ai danni di Z.S. e di porto abusivo di un coltello a serramanico, ribadendo l’esclusione dell’aggravante contestata dal P.M. in sede di rinvio a giudizio della premeditazione.

– 2 – L’imputato, che ha protestato la sua innocenza per tutta la fase delle indagini preliminari, ha reso poi una ampia confessione in ordine alla propria responsabilità nell’udienza del 27.5.2009 successiva a quella di ammissione del rito abbreviato richiesto dal difensore. In breve i fatti come ricostruiti dai giudici del secondo grado: l’imputato si era recato alle ore sei circa del (OMISSIS) presso l’abitazione della vittima, si era fatto aprire la porta di casa con la scusa che doveva riferire allo Z. qualcosa che riguardava la madre, L.F., occupata con cadenze settimanali della pulizia della casa.

I giudici di merito non hanno condiviso la ragione della visita allo Z. proposta dell’imputato: che cioè egli si era recato dall’anziano datore della madre perchè sospettava di una relazione tra i due, perchè voleva richiedere la consegna di fotografie della madre in possesso dello Z. e perchè non voleva che la madre si recasse in quella casa per le pulizie. Il colloquio tra i due si sarebbe alterato, il D.C. avrebbe estratto il coltello (sul quale, come sui vestiti, saranno state poi riscontrate tracce ematiche della vittima), avrebbe spinto la Z. sul letto, quindi lo avrebbe ferito usando l’arma per poi soffocarlo con un cuscino premuto sulla testa con la forza di tutto il suo corpo dal peso di 90 kg. e cagionandone così la morte per asfissia.

La corte di assise di appello, come del resto ancor prima il GUP, consideravano, in via generica, i precedenti specifici dell’imputato, ben 27 condanne per furto in appartamento e rapine a mano armata, il bisogno di denaro desunto dal suo conto corrente in rosso, dalla abitudine di spendere i suoi soldi al video poker, dalla deposizione di un nipote, M.N., per qualche tempo convissuto in casa della L.F. e dell’imputato, che riferisce del timore della prima di essere derubata ad opera del secondo, per specifici episodi trascorsi, del denaro e dei valori tenuti in casa, l’avere la madre, proprio per tale timore, consegnato alla vittima i gioielli di proprietà perchè lì custodisse nella sua casa, il fare l’imputato uso di stupefacenti.

Nello specifico consideravano quei giudici, da un lato, che accanto al cadavere steso supino sul letto era stato rinvenuto un portafoglio vuoto, con una sola banconota di 50 Euro accartocciata e ben nascosta, ed ancora nei pressi del letto una busta aperta e vuota della Carige, la banca di cui era cliente lo Z., dall’altro che l’imputato, la stessa mattina del delitto si era recato presso l’Ufficio postale di via (OMISSIS) ad effettuare due pagamenti, rispettivamente di Euro 131 e di Euro 55,30 a favore della Crediol di cui era debitore, che ancor prima si era recato al Bar di via (OMISSIS), presso la tabaccheria di tale B.M., per giocare al videopoker, che la sera del fatto, accompagnato in Questura, possedeva circa 305 Euro.

Tutti questi dati, secondo i giudici del merito, costituivano una solida piattaforma probatoria per affermare che lo scopo della visita alle 6 di mattina era quello di impossessarsi dei gioielli e, a fronte del rifiuto dello Z., di perpetrare una rapina del denaro nel contesto della quale era poi intervenuta l’uccisione voluta della vittima, seguita dalla subitanea fuga dell’imputato, alterato e scosso dal succedersi degli eventi, ma non tanto da prendere l’iniziativa di visitare, con una scusa banale, altra persona immediatamente dopo, tra le sei e le sei e dieci, comunque di certo poco prima delle ore 6 e 21 minuti della stessa mattina, al fine di precostituirsi un alibi.

– 3 – I motivi di ricorso denunciano il vizio di motivazione in ordine alla sussistenza e della rapina e del nesso teleologico tra omicidio e rapina, in ordine ancora alla richiesta derubricazione del reato come contestato nel reato di omicidio preterintenzionale, in ordine, da ultimo, alla concessione delle attenuanti generiche ed alla riduzione di pena. In particolare cinque i punti della decisione oggetto delle doglianze del ricorrente:

a) I giudici di merito avrebbero dovuto derubricare il reato di rapina in reato di furto ed eliminare di conseguenza l’aggravante dell’omicidio prevista e contestata ex art. 576 c.p., comma 1, n. 1, correlato all’art. 61 c.p., n. 2. Questa conclusione conseguirebbe, secondo la difesa, dalla discrasia delle ricostruzioni del fatto operate rispettivamente dal giudice di primo grado, il GUP, e dai giudici del secondo grado: secondo il primo l’imputato si sarebbe recato in casa per impossessarsi del danaro, invece per i secondi al fine di impossessarsi dei gioielli, al rifiuto di consegnarli sarebbero conseguite le ferite di coltello e quindi il soffocamento.

La condotta e la volontà di impossessarsi dei soldi sarebbero conseguite quindi all’uccisione, senza l’esternazione di alcuna violenza o minaccia, per essere ormai la persona offesa defunta. b) I giudici merito avrebbero ancora omesso di motivare sul perchè la versione resa dall’imputato non poteva essere credibile: egli si era recato in casa dallo Z. perchè temeva di una sua relazione con la madre ed intendeva manifestare a questi la necessità per lui che fosse interrotta, tanto da pretendere la restituzione di fotografie della madre che temeva essere in possesso dell’uomo. Il coltello quindi fu estratto solo per intimidire l’anziano uomo ed il cuscino, con sopra le sue ginocchia, causa del soffocamento per impedirgli di gridare. La finalità della rapina – continua la difesa – è incompatibile con l’assoluto ordine in cui fu lasciato l’appartamento, con il fatto che i gioielli, riposti dallo Z. in un mobile non furono prelevati, come non furono toccati le 300 – 400 Euro che il figlio della vittima Z.E. riferiva nel corso di una telefonata essere stati riposti dal padre in un cassetto. Ed è incompatibile anche con il rinvenimento della banconota di 50 Euro, rinvenuta, sia pur piegata e quasi nascosta, nel portafoglio della vittima. Ed è ancora incompatibile per l’esiguità della somma rapinata e per il fatto che non vi è prova che l’imputato non avesse soldi per essere il suo c/c, su cui veniva accreditato lo stipendio di poco meno di mille Euro al mese, in attivo e per aver vinto i giorni precedenti, il 10.4, 200 Euro alle macchinette. Ancora incompatibile la ricostruzione dei giudici di merito con la mancanza di prova della disponibilità da parte dello Z. delle somme di denaro rinvenute in possesso dell’imputato la sera del 10.4.

La finalità invece di un chiarimento sui rapporti tra la vittima e la madre era riscontrata dal fatto che i due talvolta avevano pranzato fuori insieme e dalla deposizione di un vecchio amico del padre, tale C.C., che aveva dichiarato agli inquirenti che talvolta per scherzo aveva chiesto all’amico se aveva una relazione con la L. ricevendo per risposta un atteggiamento di lasciar perdere. c) Da quanto precede dovrebbe conseguire, secondo il terzo motivo di ricorso, l’insussistenza del delitto di rapina e dell’aggravante del nesso teleologico che presuppone logicamente la sussistenza di due reati collegati. d) La contraddittoria motivazione inficerebbe anche il punto relativo alla configurazione del delitto di omicidio volontario invece che di omicidio preterintenzionale. Sono gli stessi giudici – recitano i motivi di ricorso – che affermano che "il D.C. (dopo l’azione causativa dell’exitus) evidentemente anche alterato e scosso dal succedersi dell’evento, in quanto certamente non pensava di giungere ad uccidere la sua vittima, si allontanò velocemente", il che avrebbe un solo significato accettabile: che egli non voleva la morte dello Z. tantè che senza toccare nulla, spaventato si allontanava rapidamente dalla scena del delitto. Dolo preterintenzionale,quindi, per la difesa. e) Contraddittoria motivazione, poi, si sostiene, per la denegata concessione delle attenuanti generiche e per la inflizione del massimo della pena per non aver considerato che dallo stesso discorso motivazionale dei giudici questi dimostrano al più di configurare come solo eventuale il dolo di omicidio, in prima battuta, in seconda per non ave valutato i giudici di merito che i precedenti penali erano risalenti nel tempo, per essere stato commesso l’ultimo reato in ordine di tempo il (OMISSIS).

– 4 – Non ritiene il Collegio che il ricorso sia fondato.

Il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso svolgono diffusamente il tentativo di confutare gli argomenti giudiziali spesi per riscontrare il delitto di rapina in nesso teleologico con il delitto di omicidio volontario in base ad una ricostruzione dei fatti incompatibile, quanto alle motivazioni della condotta in una dimensione diacronica ed all’evento materiale dell’apprensione di valori in possesso della persona offesa, con quella, la ricostruzione, giudiziale. La quale avrebbe potuto risultare perdente solo se le ragioni contrapposte non si risolvessero nella rivisitazione dell’iter ricostruttivo del fatto attraverso una logica più o meno opinabile, ma denunciassero il travisamento della prova, consistente nell’utilizzazione di una prova inesistente o nell’utilizzazione di un risultato di prova incontrovertibilmente diverso, nella sua oggettività, da quello effettivo.

Ma nessuna delle indicazioni e delle ragioni offerte dalla difesa del ricorrente ha la capacità di scardinare l’impianto motivazionale giudiziale, nessun atto processuale valorizzato nell’interesse difensivo inficia radicalmente, dal punto di vista logico, l’intero apparato motivazionale, perchè i dati offerti alla analisi critica di questo collegio sono stati dai giudici di merito coerentemente ed adeguatamente valutati, seppure in modo diverso rispetto alla tesi prospettata.

Così vale per la motivazione delle visita in ora pre-mattutina dell’indagato alla casa della vittima: nessun elemento processuale serio e valido conforta la prospettazione di una relazione tra la madre dell’imputato e l’anziano Z.S., come la rappresentazione del possesso da parte del primo di fotografie che ritraevano il secondo insieme alla L.F., con il conseguente fallimento dell’alibi morale prospettato dall’imputato che si sarebbe recato dalla sua vittima per farsi restituire fantomatiche fotografie e per indurlo ad interrompere una relazione del tutto, macroscopicamente inesistente. Ed ancora la motivazione giudiziale svilisce coerentemente il dato difensivo di una presunta contraddittorietà tra le due decisioni di merito prospettata nel senso che nell’una si sottolineava l’intenzione del prevenuto di impossessarsi di soldi, nell’altra dei gioielli che la madre aveva affidato per la loro custodia, conoscendo le inclinazioni del figlio, allo Z.. Sul punto le due sentenze non assumono posizioni per nulla contraddittorie, entrambe fanno riferimento alla finalità di impossessarsi dei soldi e dei gioielli, i giudici di primo grado rimarcando prevalentemente l’interesse verso i soldi, i giudici di secondo grado in maggior misura l’interesse verso i gioielli. Ma entrambi sottolineando l’interesse economico posto a base della visita, e quindi ancora della condotta, a fronte delle resistenze della persona offesa, di rapina, nel cui contesto si colloca l’azione omicidiaria. Il fatto, poi che i gioielli non sono stati prelevati, come anche altri soldi, conservati nei cassetti di mobili della casa dello Z., trova una agevole spiegazione nel fatto che, una volta commesso l’omicidio intervenuto nel contesto delle minacce e delle ferite da coltello dell’azione, l’imputato, a fronte della scena costituita dal corpo della vittima riversa sul letto, sanguinante, urlante, tanto da essere subito dopo soffocata con un cuscino dall’aggressore, lo stesso, spaventato dal corso degli eventi è subito fuggito da casa, prelevando i soldi contenuti a piena vista nel portafoglio e nella busta della banca, rinvenuta dagli agenti di polizia vuota sul letto, per tentare, visitando dopo qualche minuto dal fatto, altra persona, amica della madre, la precostituzione di un alibi, difeso strenuamente nel corso della istruttoria fino alla confessione in sede di giudizio abbreviato.

– 4 – La tesi dell’omicidio preterintenzionale costituisce l’impegno del quarto motivo di ricorso, anch’ esso senza possibilità di successo, perchè ancorato ad un dato di certo irrilevante ed ininfluente ai fini della decisione come assunta dai giudici di merito. La non volontà di uccidere, secondo la difesa, dovrebbe trarsi dalle dichiarazioni stesse dell’imputato del seguente testuale tenore: "…mi sono spaventato non ho toccato assolutamente niente, sono uscito dalla porta di casa tirandomela dietro", riscontrate – si sostiene – peraltro dall’affermazione della Corte di appello come testualmente di seguito riportata: il D.C., dopo il decesso era "alterato e scosso dal succedersi dell’evento, in quanto certamente non pensava di giungere ad uccidere la sua vittima".

Tutte circostanze queste costitutive di stati emotivi ed azioni post- factum, che non sono in grado di incidere sul disvalore, oggettivo e soggettivo, proprio dell’azione pregressa causativa dell’exitus: il soffocamento dello Z. tramite un cuscino poggiato con forza sulla bocca per impedirne il respiro. Un dolo di impeto, quindi, caratterizzante un delitto di omicidio, che ha fotografato momenti di una azione convulsa e pur cosciente e volontaria, certo non rappresentata dall’imputato con premeditazione, espunta infatti dai primi giudici dalla originaria contestazione promossa dal p.m. Una azione preceduta, peraltro, da altre, per nulla considerate dai motivi di ricorso, del tutto sintomatiche di una azione tesa a ledere mortalmente la vittima: tra le altre, tre ferite da coltello penetranti violentemente ed in profondità, l’una in cavità orale attraverso l’attraversamento della guancia sinistra, l’altra ancora, infine, nei tessuti molli del collo, fino a sfiorarne l’arteria, attraverso la penetrazione della mandibola destra, la terza, infine, la più profonda, in regione retro auricolare destra.

– 5 – La replica del quinto motivo di ricorso alle argomentazioni dei giudici di merito funzionali a non riconoscere le attenuanti generiche e una riduzione della pena perchè eccessiva, per il contesto processuale in cui si colloca, si scontra con un argomentare che fa perno su precedenti di furto e rapina,anche se risalenti nel tempo, sui tempi di una confessione processuale intervenuta solo dopo il rinvenimento di prove schiaccianti, sulla gravità del reato anche per le condizioni di minore difesa della vittima, sulla condotta di vita precedente e successiva al reato tesa alla soddisfazione dei vizi del gioco e della tossicodipendenza. Sul piano della legittimità non è possibile avallare una critica che si rivolge contro l’esercizio di una discrezionalità vincolata che ha fatto corretto uso degli strumenti e dei sentieri di percorrenza propri del giudizio di legittimità. Al rigetto del ricorso conseguono le obbligate statuizioni a favore delle parti civili regolarmente costituite in questo grado di giudizio.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè alla rifusione delle spese sopportate dalle parti civili per questo grado di giudizio che liquida in complessive Euro 3.000,00, onorari compresi, oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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