Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 10-12-2010) 26-01-2011, n. 2670 Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1 – La Corte di Cassazione, quinta sezione penale, con sentenza del 13.2/13.3.2009, pronunciandosi sul ricorso per cassazione proposto dal P.G. presso la Corte di appello di Roma avverso la sentenza in data 12.5.2008 della predetta Corte, che, in riforma della sentenza di primo grado, pur confermando la responsabilità di G.E. in ordine al reato di duplice omicidio ai danni della convivente more uxorio, V.R., e del figlio G.P., e di detenzione e porto abusivo del fucile utilizzato per l’uccisione delle persone sopra indicate, modificava la pena, inflitta in prime cure, dell’ergastolo con isolamento diurno, rimodulandola e ridimensionandola ad anni venti di reclusione in seguito alla concessione di tre attenuanti, il vizio parziale di mente, le attenuanti generiche prevalenti e la diminuente del rito abbreviato, denegata quest’ ultima, per quel che in questa sede interessa, invece prima dal gup presso il tribunale di Frosinone, quindi dalla Corte di assise della stessa città con sentenza del 9.2.2005, annullava la decisione impugnata – la già menzionata sent. 12.5.2008 della Corte di appello di Roma – con rinvio ad altra sezione della Corte di assise di appello di Roma per nuovo esame limitatamente alla diminuente del rito abbreviato.

– 2 – L’indicazione della Corte di legittimità al giudice di merito del rinvio era formulata nei seguenti termini: "devono analizzarsi….quali siano state le ragioni addotte dal gup, come anche rimeditate dal giudice di primo grado, e se, all’epoca del relativo provvedimento, il nuovo mezzo istruttoria si presentasse come indispensabile per la esistenza, sul tema sollevato, di una vera e propria lacuna probatoria oppure se invece la richiesta fosse mirata non semplicemente ad integrare ma a sostituire materiale probatorio già esistente ed utilizzabile e tale da far apparire, in ipotesi, al gup la richiesta come incompatibile con le finalità di economia processuale". Il tema sollevato era quello della richiesta, in data 23.6.2003, di una integrazione della perizia disposta di ufficio che non aveva considerato una cospicua documentazione medica – quella relativa al ricovero dell’imputato nel 1972 presso l’Ospedale psichiatrico militare, l’esito degli accertamenti diagnostici prescritti dallo psichiatra del carcere – e che non si era avvalsa delle indagini diagnostiche strumentali quali la Pet e la Spect, ritenute necessarie dal consulente di parte, il prof. B..

Sul punto deve menzionarsi l’intervento,in prima battuta, di questa stessa Sezione, in diversa composizione – Sez. 1, 13.12/ 2.3.2007 n. 1485/06 – che, su ricorso dell’imputato avverso la sentenza della corte di assise di appello di Roma del 30.3.2006, di conferma della già citata sentenza di primo grado, annullava la decisione, accogliendo il primo motivo di ricorso centrato sulla decisività della consulenza tecnica proposta dalla difesa al fine di verificare la piena o semi – piena imputabilità del G., ritenendo assorbiti gli altri motivi di ricorso formulati in via graduata e concernenti le attenuanti, tra cui la diminuente per il rito abbreviato denegato.

– 3 – Ora, sul punto, l’unico demandato alla cognizione del giudice di rinvio, della necessità ai fini della decisione e della compatibilità con la finalità di economia processuale dell’integrazione probatoria a cui veniva subordinata la richiesta di giudizio abbreviato, la sentenza oggi impugnata ha dato risposta chiaramente positiva: da un lato,ritenendo necessarie, per accertare la dedotta e riconosciuta vascolopatia cerebrale con stenosi del 25% della biforcazione carotidea di sinistra e lesioni di probabile origine ischemica a livello dell’emisfero cerebrale di sinistra, le indagini diagnostiche strumentali quali la Pet e la Spect, dall’altro ancora, ritenendo, contrariamente alla valutazione del GUP che qualificava il supplemento peritale richiesto come "un completo rifacimento di indagine da parte di un collegio di periti", che gli accertamenti peritali richiesti erano di carattere integrativo della già disposta perizia, considerando anche che, in sede di appello, dove si era rinnovata la richiesta, il perito d’ufficio il dottor T. prendeva atto della condizione di minore efficienza del circolo celebrale ma solo per formulare un giudizio probabilistico che, appunto perchè tale, non escludeva la possibilità della poi accertata condizione cerebrale di discontrollo influente sulla riduzione della capacità di intendere e volere. Sul versante, poi, dell’altro requisito indicato dalla sentenza di annullamento, quello della compatibilità delle indagini richieste con le finalità di economia processuale del rito abbreviato, i giudici del rinvio sottolineavano che le limitate indagini diagnostiche richieste e l’eventuale perizia integrativa avrebbero senz’altro fatto risparmiare meno tempo di quanto invece avrebbe – ed ha – richiesto una complessa ed articolata istruttoria dibattimentale.

– 4 – Avverso la decisione ricorrono il P.G. presso la Corte di appello di Roma e l’imputato. Il primo richiama i principi di diritto esposti dalle S.U. 27.10/18.11. 2004, n. 44711, Wajib, per sottolineare l’errore di diritto nel quale sarebbero incorsi i giudici del rinvio, procedendo ad una esame della necessità dell’integrazione probatoria inconferente nella misura in cui hanno proceduto ad una valutazione ex post, e non ex ante; la prima sarebbe di pertinenza del giudice del dibattimento che ai fini della decisione valuta la pertinenza, rilevanza e non superfluità del supplemento di indagine e la giudica poi con riferimento alla decisione finale, la seconda invece non dovrebbe tener conto dell’esito del giudizio finale, ma tener conto solo delle condizioni delle indagini al momento della richiesta di integrazione probatoria, con la conseguenza che l’integrazione richiesta deve avere, oltre che i caratteri della pertinenza, rilevanza/non superfluità, un carattere più stringente nel senso della sicura decisività della prova. Chiarisce, poi, il suo pensiero il P.G., rilevando che l’integrazione probatoria richiesta si traduceva in una valorizzazione degli elementi favorevoli all’impostazione difensiva, e non invece in un completamento oggettivo e necessario ai fini della decisione.

La difesa dell’imputato ricorre chiedendo una diminuzione della pena, ritenendo che, al di là dell’esplicito punto relativo alla diminuente, l’annullamento doveva riferirsi anche, alla stregua dell’art. 624 c.p.p., comma 1, alle parti in connessione essenziale con quella oggetto di espresso annullamento, E parte essenziale doveva ritenersi la complessiva valutazione sulla dosimetria della pena, sulla quale quindi il giudice del rinvio era chiamato ad interloquire a tutto campo. Con una memoria aggiunta, di replica al ricorso del P.G., la difesa dell’imputato sostiene l’inammissibilità del ricorso nella misura in cui svolge il tentativo di sindacare un discorso giudiziale adeguatamente e congruamente motivato, in sicuro adempimento ed osservanza del principio di diritto come formulato dalla sentenza di annullamento con rinvio, essendo preclusa alla corte di legittimità una valutazione in fatto, come sarebbe nella pretesa del P.G. ricorrente, sulla legittimità del provvedimento reiettivo.

– 5 – Deve rigettarsi, perchè infondato il ricorso del Procuratore Generale presso la corte di appello. Il richiamo ai principi stabiliti da Cass, Sez. Un., 27.10/18.112004 Wjib è del tutto fuori luogo nella misura in cui il p.g. ricorrente ha ritenuto di trarre da quella decisione il principio, erroneo, alla cui stregua "la necessità" ai fini del decidere deve valutarla, il giudice del dibattimento o di appello, se ritualmente chiamato a pronunciarsi, con valutazione ex ante e non ex post, tenendo conto cioè dei risultati conseguenti all’istruzione dibattimentale. Il che si tradurrebbe in una operazione disattenta alle ragioni che hanno indotto le Sezioni Unite, richiamate dal ricorrente, a stabilire che il giudice del dibattimento, il quale abbia respinto in limine litis la richiesta di accesso al rito abbreviato, deve applicare anche d’ ufficio la riduzione di un terzo prevista dall’art. 442 c.p.p., allorchè riconosca, all’esito del dibattimento ed alla stregua dell’istruttoria espletata, che quel rito si sarebbe dovuto celebrare. Certo, nel caso di specie, viene a mancare la corrispondenza biunivoca tra effetti processuali ed effetti sostanziali connessi alla scelta del rito speciale. Ma in tal caso la funzione deflattiva del rito non trova contesti processuali, perchè esauriti, nei quali esplicarsi, con la conseguenza che permane solo l’attualità del trattamento premiale, di primaria importanza, perchè si traduce nella esigenza della legalità della pena che attiene all’interesse costituzionale alla libertà personale dell’imputato. All’esito del dibattimento, la valutazione della necessità della integrazione probatoria richiesta in precedenza, nei tempi stabiliti a pena di inammissibilità, dovrà quindi compiersi nell’esercizio della plena cognitio alla stregua dei risultati dell’espletata istruttoria dibattimentale.

– 6 – Ed anche non fondato si palesa il motivo di ricorso del p.g. nella parte in cui rileva che l’integrazione probatoria non era finalizzata ad un completamento oggettivo e necessario ai fini della decisione ma unicamente diretta a valorizzare gli elementi favorevoli all’impostazione difensiva dell’imputato. Il rilievo è generico perchè sempre l’integrazione probatoria è richiesta dall’imputato per valorizzare elementi a suo favore. Al contrario il giudice del merito ha ritenuto che,a fronte di una consulenza tecnica d’ufficio, le cui conclusioni erano nel senso di una piena capacità di intendere e volere dell’imputato, l’integrazione della consulenza, attraverso esami non espletati e indagini diagnostiche strumentali, si rilevava indispensabile, per implementare, non certo per sostituire, la consulenza di ufficio, nella parte a cui non dava una compiuta risposta, per l’appunto, alla necessità di idonei accertamenti sulla adeguatezza e funzionalità dei circuiti di compenso che avevano neutralizzato l’accertato restringimento vascolare dell’imputato al momento del fatto. E, rimarcano i giudici di merito che lo stesso perito, dottor T., in sede dibattimentale, non aveva escluso, anche se personalmente non lo riteneva possibile, che il restringimento vascolare avesse potuto provocare, per lo stato di ridotta coscienza, una condizione cerebrale di discontrollo nel momento di fatto condizionante la riduzione della capacità di intendere e volere.

– 7 – Inammissibili poi è il ricorso proposto dall’imputato per il fatto che esso si risolve nel tentativo di ampliare indebitamente lo spatium deliberandi demandato dal giudice del rinvio, compito, il suo, che era limitato solo a verificare la legittimità o meno della riduzione della pena di un terzo per un giudizio abbreviato condizionato, richiesto e non accolto ingiustificatamente o erroneamente dal giudice di merito. Non è ravvisabile alcuna connessione essenziale, come richiesta dall’art. 624 c.p.p., della parte della sentenza relativa alla determinazione discrezionale della pena con quella parte della sentenza deputata a stabilirne, nella misura vincolata di un terzo, le riduzione per via dell’ingiustificatamente mancato giudizio abbreviato condizionato.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso del p.g.; dichiara inammissibile il ricorso del G. che condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille a favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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