T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 21-01-2011, n. 623 U. S. L. indennità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il ricorso in esame, la ricorrente chiede accertarsi il proprio diritto alla corresponsione dell’indennità prevista dall’art. 49, c. 1, DPR 28/11/1990, n. 384.

A fondamento della propria pretesa, ella adduce di avere prestato il seguente servizio:

a)dal 15 ottobre 1969 al 30 settembre 1974 in qualità di infermiera professionale presso l’ospedale di zona S. Croce di Castelnuovo Garfagnana (LU);

b)dal 13 novembre 1975 al 13 febbraio 1992 (data di presentazione della istanza alla USL) in qualità di caposala presso l’ospedale SALESI di Ancona.

L’intimata amministrazione ha denegato il beneficio "in quanto, in base alle disposizioni impartite dalla funzione pubblica, il servizio utile per la maturazione dell’indennità di cui all’art. 49 DPR n. 384/1990 deve essere svolto senza soluzione di continuità".

La ricorrente deduce erronea applicazione della fonte regolamentare che disciplina la materia.: la norma in esame non prevede una continuità di servizio per la corresponsione della maggiorazione dell’indennità bensì l’effettivo servizio, prestato per oltre un ventennio. L’art. 49 del DPR 384/1990 "ha voluto premiare… il personale che abbia una certa anzianità di servizio – 20 anni – senza fare alcuna distinzione sulla continuità del servizio medesimo.

In punto di fatto, va precisato, ai fini di quanto immediatamente si dirà, che la presente controversia è stata instaurata con atto notificato il 19 maggio 1992 e depositato il successivo 6 giugno in epoca, pertanto, anteriore all’entrata in vigore sia della L. 23 dicembre 1994 n. 724 che del D.Lvo 30 dicembre 1992 n. 502.

In limine, il Collegio osserva che con la disposizione di cui all’art. 6 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (che prevede che in nessun caso le Regioni possono far gravare sulle neo costituite Aziende Unità Sanitarie Locali i debiti già facenti capo alle soppresse Unità Sanitarie Locali), si è realizzata una fattispecie di successione ex lege delle Regioni in tutti i rapporti obbligatori facenti capo alle ormai estinte U.S.L.

Tale successione, caratterizzata da una procedura di liquidazione, è affidata ad apposite Gestioni stralcio (trasformate in Gestioni liquidatorie dalla l. 28 dicembre 1995 n. 549) istituite presso le nuove Aziende Sanitarie e facenti capo a Commissari liquidatori indicati dalle Regioni.

Ai Commissari liquidatori, individuati nei Direttori Generali delle Aziende Ospedaliere o delle Aziende U.S.L., spetta perciò il compito di gestire i debiti pregressi, operando in nome e per conto della Regione che ha provveduto a nominarli, quali organi della stessa, forniti di autonomia funzionale, amministrativa e contabile nonché una propria capacità processuale, sia pure limitata alla gestione.

Alla stregua di quanto precedentemente rappresentato, la soggettività passiva in ordine ai crediti riferiti ad annualità antecedenti al 1994, va individuata, originariamente, nella U.S.L. e, in luogo di questa (una volta soppressa), nella Regione, alla prima succeduta per legge, e ancora, per essa Regione, nella allora individuata Gestione liquidatoria delle soppressa U.S.L., la quale ultima, ancorché peculiari ne siano struttura e funzioni, era un organo regionale (cfr. Cons. Stato, sez. V, 26 marzo 2001, n. 1720).

Tanto premesso va considerato che, nei casi in cui la successione tra i due enti avvenga nel corso di una causa avente ad oggetto uno dei rapporti, la controversia, correttamente instaurata ab origine tra le parti legittimate attive e passive – come accaduto nella presente fattispecie per essere stato il ricorso notificato il 19 maggio 1992 alla USL AN/12 – prosegue tra le stesse, originarie parti in applicazione dell’art. 111, c. 1, c.p.c.. (il quale così recita: "se nel corso del processo si trasferisce il diritto controverso per atto tra vivi a titolo particolare, il processo prosegue tra le parti originarie").

V’è di più.

Non c’è dubbio che, entrata in vigore la L. n. 724 del 1994 la legittimazione passiva a rispondere dei debiti delle pregresse USL si sia trasferita alle Regioni e che tale legittimazione riguardi tutte le situazioni debitorie, anche quelle precedenti la L. n. 724 del 1994.

Nella fattispecie in oggetto, però la questione è altra; nel senso che alla data di notifica dell’atto di citazione – 19 maggio 1992 – la L. 23 dicembre 1994, n. 724 ancora non era stata promulgata, per cui la legittimazione passiva della Regione Lazio, si è realizzata successivamente all’introduzione del giudizio. A quella data, peraltro, neppure era stata promulgato il D.Lvo 30 dicembre 1992, art. 502 che ha dichiarate estinte le USL ed istituito le Aziende Sanitarie locali, quali enti dotati di personalità giuridica pubblica con completa autonomia, nel cui patrimonio sono stati trasferiti tutti i beni e le attrezzature delle USL. Alla data di introduzione del giudizio, pertanto, non esisteva altro ente, se non la USL., quale soggetto passivo della domanda.

In tema di soppressione delle USL ed istituzione della AUSL la Corte di cassazione (cfr sez. III, civile, 3 marzo 2010, n. 5063) ha più volte affermato che per effetto del D.Lgs. n. 502 del 1992, della L. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 6 e della L. 28 dicembre 1995, n 549, art. 2, comma 14 le regioni sono succedute nei debiti delle soppresse unità sanitarie locali, nel senso che si è verificata una successione "ex lege" a titolo particolare delle Regioni in tutti i rapporti obbligatori in questione già di pertinenza delle USL (cfr. Cass. Sentenza n. 17913 del 04/08/2009). In seguito alla soppressione delle USL ad opera del D.Lgs. n. 502 del 1992, che ha istituito le AUSL, e per effetto della L. n. 724 del 1994, art. 6, comma 1, della L. n. 724 del 1994, della L. n. 549 del 1995, art. 2, comma 14 che hanno individuato nelle Regioni i soggetti giuridici obbligati ad assumere a proprio carico i debiti degli organismi soppressi, essendo la successione delle Regioni caratterizzata da una procedura di liquidazione affidata ad un’apposita gestione stralcio, individuata nell’ufficio responsabile della medesima USL, il processo instaurato da o nei confronti di una USL prima della sua soppressione (come nel caso di specie) prosegue tra le parti originarie, con le relative conseguenze in ordine alla legittimazione attiva e passiva in ragione dell’attribuzione al direttore generale della nuova AUSL della qualità di organo di rappresentanza della gestione stralcio (cfr. Cass. Sent. n. 8826 del 13/04/2007; n. 13386 del 08/06/2007; ss.uu. n. 1989 del 06/03/1997).

Da cui, concludendo sul punto, la legittimazione passiva della USL AN/12 a resistere nel presente giudizio, ex art. 111 c.p.c…

Va estromesso, invece, dal giudizio il Ministero della Funzione Pubblica per difetto di legittimazione passiva.

Nel merito, il ricorso è fondato nei sensi che seguono.

Recita il c. 1, dell’art. 49, DPR n. 384/1990: "In riferimento all’articolo 8, comma 6, agli operatori professionali di 1° categoria collaboratori – infermieri professionali, vigilatrici di infanzia, ostetriche, assistenti sanitari – compete una indennità annua lorda, fissa e ricorrente di L. 2.400.000. Tale indennità è maggiorata nel modo seguente:

a) al 20° anno di effettivo servizio di L. 1.200.000;

b) al 25° anno di effettivo servizio di ulteriori L. 1.200.000;

c) al 30° anno di effettivo servizio di ulteriori L. 1.200.000".

omissis…..

In punto di fatto, consta che la signora V. ha svolto servizio in qualità di infermiera professionale dal 15 ottobre 1969 al 30 settembre 1974; successivamente, dopo avere conseguito l’abilitazione a funzioni direttive nell’assistenza infermieri – periodo durante il quale dovette interrompere il rapporto di servizio non avendole l’amministrazione concesso l’aspettativa per motivi di studio – ella ha prestato servizio come "caposala" dal 13 novembre 1975.

In pratica, il rapporto di servizio ha subito una interruzione dal 1° ottobre 1974 al 12 novembre 1975. Sommando i due periodi di effettivo servizio, al netto della suddetta cesura, l’interessata ha compiuto 20 anni di servizio alla data del 28 novembre 1990.

La ricorrente ha, dunque, chiesto la corresponsione in suo favore della indennità infermieristica prevista dall’art. 49 del D.P.R. n.384/90 a decorrere dal 28 novembre 1990 nella misura maggiorata di Lire1.200.000 avendo la stessa espletato a tale data 20 anni di effettivo servizio, rivestendo, secondo l’assunto, la qualifica di infermiera professionale a far data dal 15 ottobre 1969 al 30 settembre 1974 e quella di "Caposala" dal 13 novembre 1975 al 28 novembre 1990.

La disposizione invocata sancisce che agli operatori professionale di 1° categoria, fra i quali anche i collaboratori infermieri professionali, tra cui la ricorrente, "..compete una indennità annua lorda, fissa e ricorrente, di Lire2.400.000. Tale indennità è maggiorata nel modo seguente: a) al 20° anno di effettivo servizio di Lire 1.200.000;…".

Orbene, non è contestato che la ricorrente ha prestato servizio effettivo nei dichiarati sensi. Detti servizi risultano, peraltro, non disconosciuti dalla stessa USL resistente che si limita a contestare la pretesa patrimoniale sul rilievo che il servizio, benché, come detto, "effettivo", non sarebbe nondimeno "continuativo". Ed invero, la ricorrente, nel periodo tra il 1 ottobre 1974 ed il 12 novembre 1975 ha interrotto il servizio per frequentare il corso di abilitazione alle funzioni direttive nell’assistenza infermieri, non avendole concesso, l’amministrazione, l’aspettativa per motivi di studio. Per effetto di tale "interruzione", la maggiorazione dell’indennità infermieristica non sarebbe, evidentemente, venuta a maturazione alla su indicata data.

Giova precisare che la posizione della ASL è basata su quanto enunciato nella Circolare 28 marzo 1991 n.73343/6.2.31 del Ministero della Funzione Pubblica (recante "Indirizzi applicativi del decreto del Presidente della Repubblica 28 novembre 1990 n. 384, relativi alle norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo sindacale per il triennio 19881990, riguardanti il comparto del Servizio sanitario nazionale"), che, a proposito dell’indennità della professione infermieristica, sancisce: "Ai fini del calcolo dell’anzianità per l’attribuzione dell’indennità di cui ai commi primo, secondo e quarto dell’articolo in esame, per "effettivo servizio" deve intendersi tutto il servizio comunque prestato, purché continuativo".

Osserva il Collegio che il concetto di "servizio effettivo", cui è unicamente (dal D.P.R.384/90) ricollegata la spettanza della maggiorazione prevista, postula il concreto espletamento dell’attività (Cons. di Stato, sez. VI, 22.3.2002, n.1668), con esclusione eventuale dal periodo utile di quello in cui l’attività non fosse stata prestata (ad esempio, in caso di anzianità convenzionale ovvero di anzianità acquisita e riscattata a fini pensionistici oppure nei casi, come quello in esame, in cui il rapporto ha subito una cesura), ma non già la ricorrenza del requisito, diverso, della "continuità" del servizio medesimo (cfr. Cons. di Stato., sez. IV, 16.3.1998, n.441), che è stato chiaramente aggiunto – del tutto indebitamente, stante il chiaro disposto normativo – solo dai predetti indirizzi applicativi.

Non è chi non veda, invero, che la ratio della maggiorazione sta nel compensare la maggiore professionalità acquisita presuntivamente (cfr. TAR Lazio, sez.II, 6.5.2000, n.3673) da chi abbia svolto l’attività, in concreto, per un periodo di tempo valutato congruo e di indubbia consistenza (20 anni, nella specie), non disconosciuto, nella sua entità, per quanto sopra detto, dalla stessa Amministrazione sanitaria.

Del tutto evidenti, in considerazione del caso di specie, sono poi le incongruenze applicative derivanti dalla precitata circolare a termini della quale dovrebbe essere disconosciuto il diritto della ricorrente che, pur avendo "in concreto" prestato servizio, quale infermiera, per venti anni, dovrebbe vedersi postergato, di circa 5 anni, il riconoscimento della maggiorazione compensativa della esperienza professionale acquisita nel corso degli anni di attività, peraltro riconosciuta a tutti gli effetti di carriera.

Per quanto precede, il Collegio è dell’avviso che ai fini del conseguimento del diritto alla maggiorazione dell’indennità infermieristica ex art.49 D.P.R.384/90, rileva solo il servizio effettivo svolto nella medesima funzione (ed i compiti svolti dalla ricorrente nell’intero arco di tempo considerato appartengono alla medesima funzione indicata nell’art. 49: anche questo aspetto, va soggiunto, non è stato disconosciuto dall’amministrazione nella sua nota di diniego) e non già l’ulteriore requisito della sua continuità (cfr. TAR Puglia, sez. I, 4.3.2002, n.1224).

Il ricorso va pertanto accolto per le considerazioni che precedono, dovendosi per conseguenza ritenere accertato il diritto della ricorrente a percepire l’indennità professionale infermieristica ex art.49 D.P.R. 384/90 nella misura maggiorata a far data dal 28 novembre 1990, con condanna della P.A. intimata al pagamento degli emolumenti dovuti a tale titolo, oltre interessi e rivalutazione monetaria.

Va disapplicata, a tale fine, la circolare del Ministero della Funzione Pubblica, sopra citata, vertendosi in materia di diritti soggettivi devoluti in sede di giurisdizione esclusiva a questo Giudice (cfr. da ultimo, Cons. di Stato, sez. V, 10 gennaio 2003, n.35).

In conclusione, il ricorso in esame è fondato e va, pertanto, accolto mentre le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza dell’azienda sanitaria mentre nulla si dispone nei confronti del ministero della funzione pubblica siccome estromesso dal giudizio.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

a)estromette dal giudizio il Ministero della Funzione Pubblica;

b)accoglie, nei sensi in motivazione, il ricorso meglio in epigrafe specificato.

Condanna la USL n. 12 di Ancona, e per essa la Azienda subentratale, alla refusione delle spese processuali in favore della ricorrente che liquida in Euro 2.000,00.

Nulla spese nei confronti del Ministero della Funzione Pubblica.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *