Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 10-12-2010) 26-01-2011, n. 2630 Reato continuato e concorso formale; Misure cautelari ; Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale del Riesame di Napoli, con ordinanza del 20.07.2010, decidendo sull’istanza di riesame proposta da M.A., confermava l’ordinanza del GIP del Tribunale della stessa città del 24 giugno 2010 che aveva applicato nei suoi confronti la misura cautelare della custodia in carcere limitatamente al reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, con esclusione dell’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7 e annullava la predetta ordinanza limitatamente alla contestazione di associazione per delinquere ( D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74).

Avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Napoli di cui sopra presentava ricorso per Cassazione M.A. a mezzo del suo difensore e concludeva chiedendone l’annullamento con le conseguenze di legge.
Motivi della decisione

Il ricorrente censura l’ordinanza del Tribunale del riesame di Napoli per i seguenti motivi:

1) art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in relazione all’art. 273 c.p.p.;

art. 606, lett. e) per omessa motivazione, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione.

Rileva il ricorrente che la motivazione dell’ordinanza impugnata è contraddittoria, laddove da un lato afferma che "non vi sono elementi per ritenere una sua stabile attività con il gruppo di gestione dello spaccio", dall’altro afferma che il coinvolgimento del ricorrente nell’attività di spaccio non era occasionale. Non sarebbe inoltre sussistente il presupposto della gravità indiziaria in quanto l’ordinanza impugnata si basava su di un unico elemento a carico del ricorrente, e cioè sulla conversazione telefonica intercettata in data 7.12.2004 tra P.S. e S. A..

2) Art. 606 c.p.p., lett. e): omessa motivazione in ordine all’aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, in quanto l’ordinanza impugnata, con riferimento a tale aggravante oggetto di specifica censura nei motivi presentati nella richiesta di riesame, ometteva completamente di valutare le argomentazioni proposte.

3) Art. 606, lett. b) in relazione agli art. 274 e 275 c.p.p. e art. 606 c.p.p., lett. e) per manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione e motivazione apparente. Osservava il ricorrente che l’ordinanza impugnata deduceva l’esistenza della probabilità di reiterazione di reati della stessa specie sulla base del pericolo desunto dall’erronea ed apodittica qualificazione del carattere non occasionale della sua condotta. Rilevava inoltre la circostanza che era decorso un notevole lasso di tempo dalla commissione del reato, che risaliva al 17.12.2004, non più reiterato.

Osserva la Corte di Cassazione che sono infondati il primo e il terzo motivo di ricorso.

Quanto al primo, il Tribunale del riesame, con argomentazioni convincenti e logiche, ha valorizzato la telefonata intercorsa tra P.S. e S.A. il 7 dicembre 2004, dalla quale si desume il ruolo del M. nell’attività di spaccio di droga (indicata in quella e in altre telefonate intercettate con il termine "palline"), il quale aveva incaricato il P., dietro compenso, di preparare dosi di droga, attività da svolgere in uno degli appartamenti utilizzati dai trafficanti. Neppure può essere considerato contraddittorio in fatto che l’ordinanza impugnata da un lato non abbia ritenuto sussistente nei confronti del ricorrente il reato associativo di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, dall’altro abbia ritenuto non occasionale l’attività di spaccio da lui svolta, in quanto il Tribunale si è limitato ad affermare la insussistenza della gravità indiziaria in ordine alla sua qualità di "associato", pur evidenziando i suoi collegamenti con l’associazione e il suo ruolo non di basso livello.

Parimenti logica e congrua è la motivazione con riferimento alle esigenze cautelari, in quanto il provvedimento impugnato evidenzia come l’esistenza di un precedente penale e di una pendenza per reati di criminalità organizzata, unitamente al carattere non occasionale del fatto, seppure non recente, induce a ritenere che vi sia tuttora il pericolo di reiterazione di reati della stessa specie anche in collegamento con la criminalità organizzata.

Fondato è invece il secondo motivo di ricorso.

Al M. è stato infatti contestato il reato di cui agli artt. 110, 81 cpv. c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 80 e sebbene la sussistenza di tale aggravante fosse stata oggetto di specifica censura nei motivi presentati dall’odierno ricorrente a sostegno della richiesta di riesame, l’ordinanza impugnata omette completamente di motivare a tal proposito.

La stessa deve essere pertanto annullata limitatamente al punto concernente l’aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, mentre, nel resto il ricorso deve essere rigettato.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al punto concernente l’aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80. Rigetta nel resto il ricorso.

La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al direttore dell’istituto penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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