T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 21-01-2011, n. 634 Concorso interno

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Attraverso l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 18 ottobre 2005 e depositato il successivo 27 ottobre 2005, il ricorrente impugna i provvedimenti e gli atti meglio indicati in epigrafe, relativi al concorso interno a 1640 posti per l’accesso al corso di formazione professionale per la nomina alla qualifica di vice sovrintendente del ruolo dei sovrintendenti della Polizia di Stato indetto con D.M. 21/12/2004, chiedendone l’annullamento.

In particolare, espone:

– di aver partecipato – in qualità di agente della Polizia di Stato – al su detto concorso;

– di non aver superato la prova scritta, svoltasi in data 8 luglio 2005, e, pertanto, di non essere stato inserito nell’elenco anagrafico dei candidati che hanno superato la prova predetta;

– che, in seguito alla visione degli atti in virtù di apposita istanza di accesso ex artt. 22 e ss. della legge n. 241/90, aveva modo di verificare di essere stato escluso per non aver raggiunto il punteggio minimo richiesto dal bando.

Avverso gli atti impugnati il ricorrente insorge deducendo i seguenti motivi di diritto:

1) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI LEGGE ED IN PARTICOLARE DEGLI ARTT. 347 E 354 C.P.P.. ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DEI FATTI, ERRONEITA" DEI PRESUPPOSTI, CONTRADDITTORIETA’, ILLOGICITA’, SVIAMENTO. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DELLA PIU" AMPIA PARTECIPAZIONE AI CONCORSI PUBBLICI. Alla domanda n. 36 – attinente gli atti riservati alla competenza esclusiva degli "ufficiali di polizia giudiziaria" – il ricorrente ha risposto annerendo la casella corrispondente alla lett. sub B), riguardante l’ "informativa di reato al P.M. di cui all’art. 347 del c.p.p.". Dagli atti acquisiti in seguito all’accesso, il ricorrente ha potuto verificare che tale risposta è stata ritenuta errata, perché – a giudizio della Commissione esaminatrice – la risposta esatta era la D), contemplante il "sequestro del corpo di reato e delle cose a questo pertinenti, previsto dall’art. 354 del c.p.p.". Tale interpretazione non può essere condivisa. Secondo quanto affermato dalla dottrina e dalla giurisprudenza in merito agli artt. 347 e 354 c.p.p., la risposta sub B) non può, infatti, essere considerata errata. Ciò detto, il ricorrente – avendo già risposto esattamente a n. 47 domande – aveva titolo per raggiungere il punteggio minimo richiesto, pari a 60, ed essere, quindi, riconosciuto idoneo.

Con atto depositato in data 9 novembre 2005 si è costituito il Ministero dell’Interno, il quale – nel prosieguo e precisamente in data 18 novembre 2005 – ha prodotto documenti.

Con ordinanza n. 6835 del 24 novembre 2005 la Sezione ha respinto la domanda di sospensione dell’esecuzione degli atti impugnati, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente.

In data 13 maggio 2010 l’Amministrazione resistente ha, altresì, prodotto una memoria, riportante – in sintesi – il seguente contenuto: – la prova sostenuta dal ricorrente è stata correttamente valutata, non avendo l’interessato risposto ad un minimo di 48 domande su 80; – premesso che la valutazione della Commissione di esame ha carattere di giudizio di merito, insindacabile se non in quella macroscopica incongruenza che trasmodi, ictu oculi, in manifesta illogicità, irragionevolezza, arbitrarietà o travisamento di fatto, va escluso che la risposta B indicata dal ricorrente alla domanda n. 36 possa essere considerata esatta, stante l’impossibilità di tener conto – in presenza di quiz a risposta multipla – di interpretazioni dottrinali e/o giurisprudenziali.

In data 17 maggio 2010, ha, poi, prodotto documenti.

Dopo aver depositato documenti in data 3 giugno 2010, il ricorrente ha prodotto una memoria in data 11 giugno 2010, ribattendo ai rilievi dell’Amministrazione per mezzo dei seguenti argomenti: – in ipotesi del tipo di quelle in esame, il sindacato non deve limitarsi a verificare la manifesta illogicità o irragionevolezza dell’operato della Commissione, ma si estende al profilo della illegittima applicazione dei criteri stabiliti; – in sostanza, è ammesso il c.d. sindacato forte del giudice amministrativo sulla discrezionalità tecnica, che si sostanzia nella verifica della corrispondenza o meno della prova a parametri precisi e già determinati; – ciò detto, non sussistono limitazioni nella valutazione delle censure formulate e per l’accoglimento delle stesse, tenuto conto che il legislatore ha attribuito la competenza ad eseguire il sequestro sia agli ufficiali che agli agenti, mentre la comunicazione di reato di cui all’art. 347 c.p.p. è riservata agli ufficiali.

All’udienza pubblica del 25 novembre 2010 il ricorso è stato introitato per la decisione.
Motivi della decisione

1. Il Collegio ritiene di poter soprassedere sull’integrazione del contraddittorio, atteso che il ricorso è infondato e, pertanto, va respinto.

2. Come esposto nella narrativa che precede, il ricorrente lamenta l’illegittimità degli atti impugnati per violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili, dolendosi essenzialmente della circostanza che la risposta dal predetto data alla domanda n. 036 è stata considerata "errata", mentre – invece – doveva essere ritenuta "esatta", con conseguente idoneità dello stesso alla prova scritta del concorso.

Tali censure non sono meritevoli di condivisione per le ragioni di seguito esposte.

2.1. Ai fini del decidere, appare opportuno ricordare che la domanda in contestazione – ossia la n. 036 – riguardava gli atti riservati "alla competenza esclusiva degli ufficiali di polizia giudiziaria".

In particolare, prevedeva la possibilità di rispondere scegliendo una tra le seguenti quattro soluzioni:

"A) Identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini di cui all’art. 349 del c.p.p..

B) Informativa di reato al P.M. di cui all’art. 347 del c.p.p..

C) Arresto obbligatorio in flagranza di reato di cui all’art. 380 del c.p.p..

D) Sequestro del corpo di reato e delle cose a questo pertinenti, previsto dall’art. 354 del c.p.p., se vi è pericolo che essi si alterino o si disperdano o comunque si modifichino, e il pubblico ministero non può intervenire tempestivamente".

Come già ricordato, il ricorrente ha fornito risposta "annerendo la casella corrispondente alla lettera sub B)", ma tale risposta è stata ritenuta errata dalla Commissione esaminatrice, a giudizio della quale la risposta esatta era quella riportata alla lettera sub D).

Orbene, l’operato della Commissione appare scevro dai vizi denunciati.

Premessa la piena sindacabilità da parte del giudice amministrativo dell’operato delle Commissione esaminatrici sotto i profili del travisamento dei fatti e/o dell’erroneità dei presupposti, atteso che si tratta non di sostituirsi all’Amministrazione nell’attività di giudizio alla stessa spettante, bensì di verificare semplicemente la conformità di tale attività alla realtà giuridica e fattuale che connota la fattispecie concreta, nel rispetto di canoni e criteri di correttezza di carattere generale, preesistenti e – comunque – prestabiliti, il Collegio osserva che la risposta sub D), indicata come esatta dalla Commissione, risulta pienamente conforme al dato normativo e, dunque, ritiene che correttamente la stessa Commissione abbia giudicato erronea la risposta fornita dal ricorrente.

In particolare, rileva che l’art. 347 c.p.p., richiamato alla lett. B), nel disciplinare l’ "Obbligo di riferire la notizia del reato", fa espresso e generico riferimento alla "polizia giudiziaria", mentre l’art. 354 c.p.p., indicato alla successiva lett. D), riguardante – al comma 2 – il "sequestro" in presenza di precise condizioni, menziona esclusivamente "gli ufficiali di polizia giudiziaria".

Ciò detto, risulta evidente che – al fine di fornire l’esatta risposta alla domanda afferente gli atti riservati alla "competenza esclusiva degli ufficiali di polizia giudiziaria" – la casella da annerire era quella riportata sub lett. D).

Del resto, le argomentazioni del ricorrente – basate su interpretazioni dottrinali e giurisprudenziali e sulla propria esperienza professionale – non valgono a supportare una diversa soluzione.

Nel caso in esame, si tratta di una prova consistente in una pluralità di domande a fronte delle quali sono state predisposte una pluralità di risposte preimpostate, solo una delle quali considerabile – ex ante – esatta.

Si è, dunque, in presenza di un metodo che impone di pervenire ad una sola risposta con immediatezza, concretezza ed obiettività, a detrimento di considerazioni o valutazioni argomentative atte a rivelare una disamina complessa dell’ipotesi prospettata e – per contro – con chiaro privilegio del profilo mnemonico.

In ragione di tali rilievi, se è chiara l’esigenza per l’autorità che elabora le domande di formulare quesiti semplici e diretti, in relazione ai quali una sola delle risposte succintamente formulate è quella esatta, è – del pari – evidente che anche il candidato deve mantenersi il più possibile ancorato alla lettera del dato normativo, non potendo ricorrere a strumenti interpretativi (ad esempio, ad un’ampia interpretazione logicosistematica, ovvero tenendo conto di differenti tesi di dottrina e giurisprudenza); metodi che, ove seguiti, porterebbero a problematizzare la risposta e, addirittura, a poter ritenere esatta più di una risposta, in dipendenza di diversi presupposti argomentativi (cfr., tra le altre, TAR Campania, Napoli, n. 1165 del 2008).

Ciò detto, lo strumento di verifica proposto dal ricorrente – basato, appunto, su una argomentazione, per così dire, complessa, che tiene conto di interpretazioni dottrinali e giurisprudenziali e di esperienze personali – non può trovare spazi, tenuto conto che la natura stessa delle prove – contemplanti domande a risposta multipla – non può che imporre uno stretto ancoraggio all’evidenza letterale del dato normativo, senza rilevanza alcuna di iter argomentativi complessi attraverso i quali giungere all’estrapolazione della norma.

In definitiva, le censure formulate sono infondate.

3. Per le ragioni illustrate, il ricorso va respinto.

Tenuto conto delle peculiarità del caso, si ravvisano giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Roma – Sezione I ter respinge il ricorso n. 9517/2005.

Compensa le spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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