Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 09-12-2010) 26-01-2011, n. 2691 Trattamento penitenziario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 8 aprile 2010 il Tribunale di sorveglianza di Napoli, decidendo sulle richieste avanzate da A.S., che stava espiando la pena di anni cinque, mese uno e giorni ventinove di reclusione quale cumulo delle pene inflitte con sentenze del Tribunale di Torre Annunziata del 2 gennaio 2003 e della Corte d’appello di Napoli del 11 febbraio 2008, ha applicato nei confronti dell’istante la detenzione domiciliare in (OMISSIS), ha rigettato l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale e ha dichiarato non luogo a provvedere sull’istanza di semilibertà.

Il Tribunale motivava la sua decisione osservando, con riferimento alla domanda di affidamento in prova, l’inadeguatezza della misura avuto riguardo alla gravita e alla data recente del reato oggetto della seconda sentenza in esecuzione, e, con riferimento alla misura concessa, la sua idoneità a prevenire il pericolo di recidiva.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Napoli, il quale ne chiede l’annullamento deducendo violazione della L. n. 354 del 1975, art. 47 – ter, e contraddittorietà della motivazione, avendo A. commesso, dopo una prima condanna, altro reato, essendo stata "quasi inesistente" l’esperienza carceraria (tra arresti domiciliari e liberazione anticipata), essendo emerso dall’informativa di P.S. che il predetto è collegato a clan camorristici e il domicilio dallo stesso indicato è inidoneo cadendo in zona "particolarmente attenzionata" dalle forze dell’ordine per la presenza di spacciatori e assuntori di sostanze stupefacenti, e non avendo il Tribunale dato conto degli elementi idonei ad evitare il pericolo di recidiva.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta ed ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Deve osservarsi in via preliminare che la disposizione normativa di cui all’art. 71 – ter Ord. Pen., a tenore della quale il ricorso per cassazione avverso le ordinanze del Tribunale di sorveglianza è limitato alla sola violazione di legge, è da ritenere non più operante per effetto del disposto dell’art. 236 disp. coord. c.p.p., comma 2, (secondo cui "nelle materie di competenza del Tribunale di sorveglianza continuano ad osservarsi le disposizioni della L. 26 luglio 1975, n. 354, diverse da quelle contenute nel capo 2 – bis del titolo 2 della stessa legge", capo nel quale è compreso l’art. 71 – ter), e che non vi sono altre disposizioni che, nelle materie di competenza del Tribunale di sorveglianza, limitano il ricorso alla sola violazione di legge (Sez. U, n. 31461 del 27/06/2006, dep. 22/09/2006, Passamani, Rv. 234147; Sez. 1^, n. 44970, del 17/11/2009, dep. 24/11/2009, non massimata).

I vizi deducibili sono, pertanto, quelli previsti dall’art. 606 c.p.p., con le limitazioni connesse alla natura del sindacato di legittimità. 3. Secondo il costante orientamento di questa Corte, l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione, quando sia denunciato un vizio di motivazione, ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato a questa Corte essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, dep. 02/07/1997, Dessimone e altri, Rv. 207944).

L’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purchè siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, dep. 16/12/1999, Spina, Rv. 214794; Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, dep. 10/12/2003, Petrella, Rv. 226074).

4. Alla stregua di tali considerazioni, le doglianze svolte in ricorso, che, pur enunciando anche la violazione di legge, sono tutte riconducibili al ritenuto vizio di motivazione, sono manifestamente infondate.

4.1. Il Tribunale ha accolto l’istanza di detenzione domiciliare, fondando il suo convincimento su un giudizio prognostico che, in base ai dati acquisiti relativi al ricorrente, e in particolare alla entità della pena residua da espiare, inferiore a due anni, alla mancanza di carichi pendenti, alla regolare condotta carceraria, alla giovane età dell’istante, alla efficacia deterrente della prima esperienza detentiva, alla buona condotta tenuta durante il periodo degli arresti domiciliari (dal 19.3.07 al 27.11.09), alla disponibilità dei familiari estranei a condotte penalmente rilevanti (tranne il padre per risalenti fatti di contrabbando) e alla mancanza di elementi concreti idonei a far ritenere sussistente un inserimento dell’istante nelle fila della criminalità organizzata locale, consentiva di ritenere la stessa misura adeguata a prevenire il pericolo di recidiva.

I rilievi svolti tengono conto degli specifici dati fattuali a disposizione del Tribunale e del controllo più pregnante che sull’ A., riconosciuto responsabile – con la seconda sentenza in esecuzione – del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commesso in data recente, è garantito dalla detenzione domiciliare regolata dall’art. 47 – ter Ord. Pen., come una modalità attenuata del regime della "espiazione" della pena della reclusione, rispetto alla eccessiva ampiezza delle prescrizioni che caratterizzano il beneficio dell’affidamento in prova ai servizi sociali, che è stato rigettato.

4.2. Tali valutazioni, adeguatamente e logicamente giustificate e rappresentate, rispondenti ad un razionale apprezzamento delle esigenze rieducative e di prevenzione del condannato, e correttamente improntate al principio della gradualità del trattamento e dell’osservazione nella concessione di benefici penitenziari, ripetutamente affermato da questa Corte (da ultimo, Sez. 1^, n. 39299 del 14/10/2010, dep. 05/11/2010, non massimata), resistono alle censure del ricorrente, che propongono una rilettura e rivalutazione nel merito di elementi, già valutati (reiterazione delle condotte delittuose, gravita della seconda condanna, brevità della esperienza carceraria, collegamenti con la criminalità organizzata, inidoneità del domicilio indicato), non consentita in questa sede.

5. Consegue la declaratoria dell’inammissibilità del ricorso.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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