Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 09-12-2010) 26-01-2011, n. 2668 Concorso di circostanze eterogeneo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte d’assise d’appello di Firenze, con sentenza emessa il 22 aprile 2010 e depositata il 28 maggio 2010, in parziale riforma della sentenza del Giudice dell’udienza preliminare di Pistoia, ha ridotto la pena inflitta a F.A. da anni diciotto ad anni quindici di reclusione con la diminuente del rito abbreviato, riconoscendo la continuazione (esclusa in primo grado) tra il delitto di omicidio di A.O., aggravato dai futili motivi, e quello di occultamento del cadavere al fine di procurarsi l’impunità, ferme le già concesse attenuanti generiche in regime di equivalenza, e, inoltre, ha ridotto l’entità della provvisionale, immediatamente esecutiva, già assegnata alle parti civili, Z.R. e Z.D., madre e sorella della vittima, nella somma, rispettivamente, di Euro 500.000 ed Euro 350.000 al minore importo di Euro 300.000 per la prima e di Euro 150.000 per la seconda, con le pene accessorie dell’interdizione perpetua del F. dai pubblici uffici e dell’interdizione legale durante la pena, oltre alla condanna dello stesso al rimborso delle spese processuali sostenute dalle parti civili.

Dopo avere ricostruito l’assassinio della A., giovane ballerina lituana con la quale il F. tratteneva una relazione amorosa, nel corso di un violento litigio in cui la donna aveva manifestato all’uomo l’intenzione di rivelare il loro legame alla nuova compagna del F., tale B.I., ballerina di lap- dance, in quel periodo assente perchè partita per la (OMISSIS), scatenando la furia dell’imputato che l’aveva colpita due volte con una bottiglia di vetro sulla testa, le aveva infetto una coltellata nella zona sottomammaria sinistra, l’aveva quindi strangolata con le mani e asfissiata con due sacchetti di plastica avvolti intorno al capo, per poi nascondere il cadavere in una grande valigia appartenente alla stessa vittima e recante una targhetta con le sue generalità, da lui gettata in un cassonetto, la Corte di assise ha ritenuto sussistente il vincolo della continuazione tra i delitti di omicidio e di occultamento del cadavere, contestando la tesi del primo Giudice, secondo cui il riconoscimento dell’identità del disegno criminoso avrebbe postulato come necessaria la non contestata aggravante della premeditazione, esclusa dal dolo d’impeto che aveva contraddistinto l’azione, quest’ultimo ritenuto compatibile, invece, con la confermata aggravante dei futili motivi, essendo stata la condotta del F. palesemente crudele e sproporzionata al comportamento ostile della donna.

2. Avverso la predetta sentenza il F. ha proposto, in data 15 luglio 2010, ricorso per cassazione tramite il suo difensore, avvocato Angelo Soccio, deducendo un unico motivo consistente nella contraddittorietà o mancanza di motivazione, ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), con riguardo al non operato bilanciamento delle circostanze, nonostante l’esplicita richiesta di prevalenza delle riconosciute circostanze generiche, avanzata, in sede di appello, sia dal Pubblico Ministero, sia dal difensore nei motivi e nelle conclusioni, lamentando altresì che la Corte territoriale, mentre aveva esaminato e confermato la sussistenza della circostanza aggravante dell’avere agito per futili motivi, nulla avesse dedotto in merito all’altra contestata aggravante del nesso teleologico, cosicchè non era dato sapere se quest’ultima fosse stata o meno confermata nella sentenza d’appello, pur non essendo indifferente il numero delle ritenute aggravanti ai fini del giudizio di comparazione con le attenuanti generiche.

Al riguardo, il ricorrente ha elencato gli elementi già rappresentati alla Corte d’appello e dalla stessa non apprezzati ai fini del richiesto giudizio di prevalenza delle attenuanti, e, cioè, la mancanza di precedenti penali del F., la sua irreprensibile condotta di vita prima del reato (ex paracadutista della Folgore, inviato in (OMISSIS) quando aveva 20 anni e distintosi nel servizio militare), il comportamento tenuto successivamente al fatto e nel corso del processo (nessuna fuga, pur sapendo che la polizia, dopo il ritrovamento del cadavere e seguendo le tracce telefoniche rilevate, lo stava cercando; confessione immediata e costantemente reiterata; tempestivo impegno, con tutti i propri averi e le risorse di famiglia, nel risarcire, seppure parzialmente, la madre e la sorella della vittima, cui aveva consegnato la somma di Euro 78.000; richiesta di perdono con lettera autografa; condotta in carcere ineccepibile; espressa volontà di non sottoporsi a visita psichiatrica in funzione dell’eventuale mitigazione della pena da patologia mentale e rifiuto di utilizzare a fini difensivi la dissoluta condotta di vita della vittima, assumendosi fino in fondo la responsabilità delle proprie azioni).

Il difensore ha, pertanto, insistito nella domanda di accoglimento del ricorso.
Motivi della decisione

3. Il ricorso è infondato.

La prevalente giurisprudenza di questa Corte ritiene legittima l’implicita motivazione di rigetto del richiesto giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche sulle contestate aggravanti, ed esclude che costituisca causa di nullità della decisione l’omessa indicazione dei motivi che hanno indotto il giudice di appello a non modificare il giudizio di equivalenza fra le circostanze espresso nella sentenza di primo grado, in quanto la sola enunciazione dell’eseguita valutazione delle circostanze concorrenti soddisfa all’obbligo della motivazione (conformi: Sez. 2, n. 9696 del 18/06/1985, dep. 24/10/1985, Ciccarello, Rv. 170820; Sez. 2, n. 7500 del 01/02/1984, dep. 26/09/1984, Vianello, Rv. 165731; Sez. 2, n. 10273 del 29/04/1983, dep. 30/11/1983, Danese, Rv. 161479; Sez. 4, n. 6751 del 27/05/1981, dep. 07/07/1981, Fornasar, Rv. 149691; Sez. 2, n. 5134 del 21/12/1981, dep. 22/05/1982, De Stefano, Rv. 153776).

Nel caso in esame la Corte di appello, previo riconoscimento del vincolo della continuazione tra i due delitti contestati al F., ha proceduto alla rideterminazione della pena inflitta sulla base dell’espresso richiamo ai criteri indicati nell’art. 133 c.p., senza modificare il giudizio di equivalenza tra le circostanze concorrenti, ma dichiarando specificamente di apprezzare, a favore dell’imputato, la sua condotta successiva al reato e coerentemente traendone la mitigazione della pena (base) inflitta per l’omicidio, determinata in anni 22 di reclusione rispetto a quella di anni 24 irrogata in primo grado per lo stesso reato, aumentata di soli 6 mesi – a fronte dei 3 anni originariamente inflitti – per il delitto di occultamento di cadavere riconosciuto in continuazione col primo, e così pervenendo, con la riduzione di 1/3 prevista per il giudizio abbreviato, alla pena finale, significativamente inferiore a quella di anni 18 irrogata dal primo giudice, di anni 15 di reclusione.

Il rilievo difensivo secondo cui la Corte territoriale avrebbe dovuto specificare il numero delle ritenute aggravanti, insieme alle riconosciute attenuanti generiche, a seguito dell’unificazione dei delitti col vincolo della continuazione nel più grave reato di omicidio volontario aggravato dai futili motivi, e, in particolare, avrebbe dovuto indicare la permanenza o meno della circostanza aggravante del nesso teleologico contestata per il delitto satellite di occultamento di cadavere, è, infine, inammissibile, tenuto conto che la sussistenza di quest’ultima aggravante non è stata mai contestata dall’imputato e la sua esclusione non ha formato oggetto di richiesta in sede di appello, mentre il giudizio di comparazione tra essa e le attenuanti generiche è stato formulato dal giudice d’appello, sia pure implicitamente, in termini non dissimili dall’analoga valutazione operata con riguardo alle concorrenti circostanze del più grave delitto di omicidio.

4. Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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