Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 09-12-2010) 26-01-2011, n. 2667 Armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte d’assise d’appello di Catanzaro, con sentenza emessa il 19 gennaio 2010 e depositata il successivo 10 febbraio, in parziale riforma della sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Cosenza in data 2 dicembre 2008, emessa all’esito di giudizio abbreviato, ha ridotto le pene inflitte a D. V. e I.C., determinate, rispettivamente, in anni venti e in anni quattordici e mesi quattro di reclusione a quelle di anni sedici per il D. e di anni dieci per lo I., entrambi dichiarati responsabili dei delitti di concorso nell’omicidio volontario di D.L.E. (il D. quale unico esecutore materiale e lo I. quale accompagnatore e concorrente morale) e di concorso nella detenzione e porto illegale di pistola calibro 32 auto (ovvero cal. 7,65), fermo il riconosciuto vincolo della continuazione tra i predetti reati e le circostanze attenuanti generiche, già concesse dal primo giudice agli imputati in regime di equivalenza ma valutate dal giudice d’appello come prevalenti sulla confermata aggravante dei futili motivi dell’omicidio solo a favore dello I., con l’interdizione perpetua di entrambi dai pubblici uffici, la libertà vigilata per anni tre dopo l’esecuzione della pena e la condanna al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separato giudizio, a favore della parte civile costituita, oltre alla refusione delle spese processuali dell’ulteriore grado sostenute dalla stessa parte.

La sentenza d’appello, con riguardo alla specifica posizione che qui interessa, respinge la richiesta dell’ A., il quale ha ammesso la responsabilità per i fatti ascrittigli, intesa ad ottenere l’esclusione della circostanza aggravante dei futili motivi dell’omicidio, dovendo, secondo l’imputato, nella dinamica del fatto, ravvisarsi piuttosto gli estremi della provocazione da parte della vittima.

Al riguardo, la Corte territoriale valorizza la circostanza che, poche ore prima del ritrovamento del cadavere del D.L., avvenuto nel primo pomeriggio del (OMISSIS), in (OMISSIS), dove la vittima giaceva nella sua autovettura, al posto di guida, attinto da tre colpi di pistola, calibro 7,65, sparatigli contro dal D. accompagnato dallo I., i due antagonisti si erano incontrati a casa dei suoceri del D.L., dove il D. si era recato sempre insieme allo I., all’ora di pranzo, per chiedere notizie del fratellastro di T.I., moglie della vittima, il quale, all’epoca, era detenuto nel carcere di Palmi, e mandargli gli auguri tramite i familiari.

Durante la visita la T. aveva parlato in disparte col D., cercando da quest’ultimo rassicurazione circa il cessato abuso di droga da parte del marito, già tossicodipendente e pregiudicato, e, in quel frangente, il D., come riferito dalla stessa T. e non contestato dall’imputato, le aveva preso le mani tra le sue, rassicurandola, senza peraltro rivolgere la parola al D.L..

Da un dialogo in autovettura tra tale P.C. e la sua fidanzata, B.P., casualmente captato poche ore dopo l’omicidio, nel corso di intercettazioni ambientali autorizzate in un diverso procedimento, gli inquirenti avevano appreso dalle parole dello stesso P., il quale raccontava alla sua interlocutrice di avere personalmente assistito all’omicidio, ricostruendone dinamica e causale, che il D.L., risentito per la visita del D. e per il suo colloquio riservato con la T., dopo aver lasciato l’appartamento dei suoceri e riaccompagnato a casa la moglie, si era recato presso l’abitazione del D. e, trovatolo, gli aveva sferrato due schiaffi, dandogli, quindi, appuntamento alle ore 15 di quello stesso giorno nella piazza (OMISSIS), dove il D., puntualmente presentatosi insieme allo I., aveva colpito a morte il D.L. con una pistola, mentre quest’ultimo lo attendeva nella sua autovettura.

Nella sentenza impugnata la Corte ritiene del tutto infondata la tesi difensiva diretta ad escludere i futili motivi dell’omicidio e a riconoscere, invece, all’imputato la circostanza attenuante della provocazione, sul presupposto che il D. si sarebbe recato all’appuntamento non per "lavare" l’affronto (gli schiaffi ricevuti dalla vittima), ma piuttosto per il potere intimidatorio esercitato nei suoi confronti dal D.L., il quale, nell’attesa del rivale, aveva collocato la propria autovettura con la parte anteriore rivolta verso la strada, in modo da guadagnare la più ampia visuale possibile.

Ad avviso della Corte territoriale, infatti, la ricostruzione difensiva non sarebbe sorretta da alcuna prova concreta e sarebbe smentita dai fatti, considerato che il primo atto provocatorio fu commesso proprio dal D. recandosi, inaspettatamente, a casa dei suoceri del D.L., all’ora di pranzo, e appartandosi con la moglie della vittima, senza rivolgere la parola al marito; in ogni caso, secondo il giudice di appello, non possono considerarsi fatti ingiusti, idonei a provocare una reazione così abnorme come quella omicidiaria commessa, i semplici schiaffi ricevuti dall’ A. nell’androne della propria casa dove fu raggiunto dal contrariato D. L., tenuto anche conto della distanza di tempo tra le riferite percosse e il successivo assassinio.

Del resto, annota la Corte territoriale, il profilo personale del D. è quello di un soggetto che non poteva trovarsi in difficoltà nel l’affronta re un proprio pari, annoverando nel suo curriculum tutta una significativa serie di esperienze criminali, dalla rapina alle ripetute violazioni del t.u. sugli stupefacenti, dalla detenzione di armi e munizioni alla diserzione militare e alla minaccia e resistenza a pubblico ufficiale.

2. Avverso la predetta sentenza l’ A. ha proposto ricorso a questa Corte, in data 4 maggio 2010, tramite il suo difensore, avvocato Maurizio Nucci, deducendo erronea applicazione della legge penale, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), in relazione all’art. 61 c.p., n. 1 e art. 62 c.p., n. 2, e manifesta illogicità, contraddittorietà e mancanza della motivazione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), (rectius: e).

Secondo il ricorrente, la circostanza aggravante dei futili motivi presuppone l’identificazione certa del movente del delitto, mentre, nel caso in esame, vi sarebbe, sul punto, ambiguità e lacunosità nella ricostruzione degli accadimenti che non potrebbe ritorcersi in danno dell’imputato, onerandolo, in contrasto con i principi regolanti la materia, della ricerca della prova negativa della ricorrenza della futilità del motivo.

In ogni caso, il giudizio di futilità deve essere ancorato agli elementi concreti della fattispecie, tenendo conto delle connotazioni culturali del soggetto giudicato nonchè del contesto sociale in cui si è verificato l’evento e dei fattori ambientali che ne hanno condizionato la condotta.

Il ricorrente, in particolare, contesta la ricostruzione della Corte territoriale, laddove individua il prodromo rilevante del contrasto tra il D. e il D.L. nella visita del primo a casa dei suoceri del secondo, posto che l’imputato non poteva sapere di trovarvi il D.L. e la moglie, ivi presenti occasionalmente, e considerato che la visita non fu inopportuna poichè mirata a far pervenire gli auguri natalizi al congiunto detenuto della famiglia T., mentre nessun rilievo offensivo potrebbe essere attribuito al mancato saluto del D.L. da parte dell’ A., potendo esso spiegarsi con la volontà di mantenere celato ogni attuale rapporto tra i due ovvero con altri motivi di carattere neutro.

Il colloquio in disparte tra la T. e il D. fu cercato dalla donna e non dall’imputato e, comunque, il D.L. non vide l’imputato compiere alcun gesto confidenziale nei riguardi della moglie nè percepì l’oggetto del loro discorrere.

La successiva punizione (il ricorrente parla di pestaggio) inflitta dal D.L. al D., con l’intimazione del primo al secondo di presentarsi in piazza (OMISSIS) alle ore 15, va letta, secondo il difensore, nel contesto socio-ambientale di svolgimento dei fatti, confermato dal contenuto dell’intercettata conversazione tra il P. e la B. che portò all’identificazione dell’autore del delitto nel D., nel senso che quest’ultimo non poteva sottrarsi al chiarimento impostogli dal D.L. anche in ragione del fatto che, avendo comunicato alla T. che il marito in passato gli aveva chiesto droga, si era, comunque, macchiato, dal suo punto di vista, di una grave colpa per avere infranto il dovere di omertà.

Ingiustamente, poi, la Corte territoriale non aveva valorizzato, secondo il ricorrente, la posizione di parcheggio dell’autovettura del D.L., deliberatamente assunta nell’immediatezza dell’incontro, in modo da avere la visuale libera su tutta la piazza, come era emerso dalla testimonianza di M.A., gestore del circolo in piazza (OMISSIS), dove il D.L. aveva consumato una bevanda prima di risalire in macchina e di spostare il veicolo dall’originaria posizione a quella assunta in attesa del D., e come confermato dal verbale di sopralluogo dei CC di Cosenza sulla scena del delitto, con allegati rilievi fotografici e planimetria.

In sintesi, secondo il ricorrente, il D.L. era certo che il D. avrebbe risposto al suo perentorio invito non potendo ad esso sottrarsi, pena l’esposizione ad ulteriori ritorsioni; si era predisposto ad attenderlo nelle migliori condizioni di visibilità e controllo del luogo; aveva cercato con reiterate telefonate ai propri nipoti (figli del fratello), non reperiti, di presentarsi accompagnato all’appuntamento; l’imposto confronto, quindi, non poteva non suscitare allarme nel D. anche per la caratura criminale del D.L. e ciò spiega, secondo il ricorrente, perchè ad esso l’imputato si presentò armato della pistola poi utilizzata per commettere il delitto.

Da tutti i predetti elementi discenderebbe la censurabilità della motivazione della gravata decisione, laddove ritiene provata l’aggravante dei futili motivi e, contestualmente, esclude l’attenuante della provocazione a favore dell’Imputato.

Il ricorrente conclude, pertanto, chiedendo l’annullamento della sentenza, sul punto, con ogni consequenziale statuizione di legge.
Motivi della decisione

3. L’unico articolato motivo di ricorso, tendente, da un lato, ad escludere la circostanza aggravante dei futili motivi e, dall’altro, a riconoscere la circostanza attenuante della provocazione a favore dell’ A., è infondato.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, che riconosce l’incompatibilità della circostanza aggravante dei futili motivi con l’attenuante della provocazione, non potendo coesistere stati d’animo contrastanti (c.f.r., tra le molte, Sez. 5, n. 17686 del 26/01/2010, Matei, Rv. 247222), i motivi futili, di cui all’art. 61 c.p., n. 1, sussistono quando la determinazione criminosa sia stata causata da uno stimolo esterno così lieve, banale e sproporzionato, rispetto alla gravità del reato, da apparire, secondo il comune modo di sentire, assolutamente insufficiente a provocare l’azione delittuosa, tanto da potersi considerare, più che una causa determinante dell’evento, un mero pretesto per lo sfogo di un impulso criminale;

e, ancora, quando la spinta al reato manca di quel minimo di consistenza che la coscienza collettiva esige per operare un collegamento accettabile sul piano logico con l’azione commessa (c.f.r., tra le molte, le sentenze di questa Sez. 1, n. 29377 del 08/05/2009 (dep. 16/07/2009), Albanese, Rv. 244645, e n. 35369 del 04/07/2007 (dep. 21/09/2007), Zheng, Rv. 237686).

Nel caso in esame, risulta accertato in modo incontroverso che, a seguito della visita compiuta dall’ A. a casa dei suoceri del D.L., dove la moglie di quest’ultimo si appartò col primo per chiedergli notizie circa la reale cessazione dell’uso di droghe da parte del coniuge, il D.L. si recò da solo presso l’abitazione dell’ A. ed ivi lo schiaffeggiò.

Qualunque sia stata la ragione di siffatta reazione del D.L. alla precedente visita dell’ A., non indicata nell’incarto processuale, è comunque certo, come ben motivato nella sentenza impugnata, che il fatto che l’ A., convocato dal D.L. sulla pubblica piazza di (OMISSIS) nel primo pomeriggio di quello stesso giorno, si presentò all’appuntamento armato di pistola con proiettili in canna e immediatamente esplose tre colpi contro l’antagonista a distanza ravvicinata, attingendolo alla testa, sebbene, come da accertamenti svolti e puntualmente indicati in sentenza, il D.L. fosse solo e disarmato al posto di guida della sua autovettura, in posizione tale da escludere l’incurvatura del corpo per prendere qualcosa che potesse allarmare il rivale, è certamente idoneo, da un lato, ad escludere l’invocata attenuante della provocazione per l’evidente sproporzione e diacronia esistente tra l’azione di percosse (schiaffeggiamento dell’ A. da parte del D.L. nell’androne dell’abitazione del primo) e la successiva reazione omicidiaria a mano armata (colpi di pistola alla testa inferti dall’ A. al D.L. sulla pubblica piazza), e, dall’altro, a rendere ineccepibile la riconosciuta aggravante dei futili motivi, configurandosi il fatto come una vera e propria esecuzione capitale, scatenata dal proposito di vendetta e affermazione del proprio prestigio da parte dell’ A. contro il D.L., sia pure in un contesto criminale, legato alla violazione delle norme in materia di sostanze stupefacenti, di comune appartenenza dei due rivali.

4. L’infondatezza del ricorso, anche con riguardo alla pretesa mancata identificazione del movente, individuato invece nella sentenza impugnata nel proposito vendicativo dell’ A., come sopra ricostruito, con motivazione adeguata e conforme alle risultanze probatorie, impone, quindi, il rigetto dell’impugnazione e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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