Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 03-12-2010) 26-01-2011, n. 2662 Detenzione abusiva e omessa denuncia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – La Corte di Appello di Napoli, con la sentenza in epigrafe, ha confermato -salvo che per l’entità della pena, rideterminata in complessivi anni 5 di reclusione ed Euro 1400,00 di multa – quella del Tribunale di Nola, deliberata il 6 novembre 2008, che aveva ritenuto l’appellante C.A. colpevole dei reati di detenzione illegale di un’arma con matricola abrasa (una pistola calibro 6,35) e del relativo munizionamento contenuto nel caricatore (capo A), di detenzione illegale di arma clandestina (capo B), di ricettazione della suddetta pistola (capo C); fatti accertati in (OMISSIS).

2. – Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato, chiedendone l’annullamento per violazione di legge e vizio di motivazione, con riferimento sia all’affermazione di colpevolezza del ricorrente per tutti i reati contestati, sia con riferimento al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, ed al trattamento sanzionatorio adottato, ritenuto eccessivamente severo.

Più specificamente, con il primo motivo d’impugnazione, si evidenzia, in primo luogo, che l’affermazione di penale responsabilità del C. per la detenzione illegale della pistola è frutto di una valutazione della prova indiziaria a carico del prevenuto, in contrasto con i criteri legali previsti dall’art. 192 c.p.p., posto che i giudici di merito hanno desunto tale responsabilità, dalla circostanza, di per sè equivoca, del ritrovamento dell’arma, a seguito di una segnalazione confidenziale, nelle immediate vicinanze di una casa colonica isolata, in agro di (OMISSIS), occupata dall’imputato, ivi ristretto agli arresti domiciliari, e segnatamente parzialmente interrata e coperta da una pietra, ad una distanza di circa cinque metri dalla porta d’ingresso dell’abitazione, ai limiti di uno spiazzo dove era stesa della biancheria; illogicamente svalutando le deduzioni difensive, rilevanti per la configurabilità quanto meno di un ragionevole dubbio, secondo cui l’arma ben poteva essere stata occultata da altri in quel luogo, all’insaputa del C..

Con il primo motivo si censura, altresì, anche la pronuncia di condanna per il delitto di ricettazione, affermandosi che la motivazione sul punto sarebbe solo apparente, avendo i giudici di appello, con evidente salto logico, ricollegato al dato fattuale dell’abrasione del numero di matricola della pistola sequestrata, la consapevolezza nell’agente della provenienza delittuosa dell’arma.

Quanto poi al secondo articolato motivo d’impugnazione, nel ricorso si evidenzia, per un verso, che le attenuanti generiche risultano negate in base ad argomentazioni incongrue, in ragione dello status del C. di soggetto non incensurato, elemento questo di per sè non preclusivo al riconoscimento delle attenuanti generiche, che assolvono alla funzione di mitigare pene ritenute, proprio come nel caso in esame, eccessivamente severe; sotto altro profilo, che la decisione impugnata si rivela insufficientemente motivata anche in relazione al trattamento sanzionatorio, osservando il ricorrente che la pena inflitta deve ritenersi incongrua in relazione alle specifiche circostanze della condotta contestata e non rispettosa, altresì, dei principi costituzionali di ragionevolezza e della finalità rieducativa della sanzione penale.
Motivi della decisione

1. – L’impugnazione proposta nell’interesse del C. è inammissibile in quanto basata su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità e comunque manifestamente infondati;

1.1 – Quanto al primo motivo d’impugnazione va rilevato, infatti, che tutte le censure sviluppate in ricorso relativamente all’affermazione di responsabilità del ricorrente, nelle loro poliformi articolazioni, si risolvono, in definitiva, nella riproposizione. In questa sede, di argomentazioni difensive già esaminate e valutate dai giudici di appello, i quali, con motivazione congrua ed esente da vizi logici o giuridici, ne avevano rimarcato l’infondatezza, dando conto, diffusamente, dell’esistenza a carico dell’imputato di elementi di significativa valenza indiziaria, quali: il rinvenimento dell’arma in una zona isolata non accessibile da parte di terzi all’insaputa dell’imputato, essendo la stessa raggiungibile solo attraverso una strada sterrata non coperta da vegetazione; la presenza nello spiazzo in cui fu ritrovata l’arma, di un cane legato alla catena; dell’assoluta inverosimiglianza della tesi difensiva, per altro non suffragata da elementi di riscontro, secondo cui il ritrovamento della pistola era conseguenza di un subdolo piano di un nemico del C., e ciò anche in considerazione delle dichiarazioni dell’imputato stesso, che ha affermato di non avere nemici. Quanto poi alla sussistenza del reato di ricettazione, la decisione impugnata risulta adeguatamente motivata sul punto, uniformandosi la stessa a principi di diritto pienamente condivisibili e del tutto aderenti alle risultanze processuali, secondo cui il delitto presupposto del reato di ricettazione, non deve consistere necessariamente in un reato contro il patrimonio e la conoscenza della cancellazione del segno distintivo è sufficiente a provare la consapevolezza nell’agente della provenienza delittuosa dell’arma (In termini, ex multis, Sez. 2, Sentenza n. 41464 del 29/9/2009, dep. il 28/10/2009, imp, Zara, Rv. 244951) In presenza di un percorso motivazionale, articolato, logico ed aderente alle risultanze processuali, solo sommariamente sintetizzato in questa sede, le argomentazioni difensive sviluppate in ricorso, lungi dal segnalare effettivi vizi motivazionali, non superano la soglia della ricostruzione alternativa e meramente congetturale.

1.2 – Manifestamente infondato è anche il secondo motivo di impugnazione, ove si consideri che i giudici di appello, quanto alla mancata concessione delle attenuanti genetiche, hanno correttamente motivato la propria decisione, valorizzando al riguardo, l’obiettiva pericolosità sodale del C. quale desumibile dalla detenzione di un arma clandestina e dai numerosi precedenti penali che avevano comportato la contestazione della recidiva reiterata specifica ed infraquinquennale, e quanto al trattamento sanzionatorio, che gli stessi, hanno debitamente tenuto conto, degli elementi tutti, soggettivi ed oggettivi, della vicenda, nel pieno rispetto dei principi di cui all’art. 133 c.p., riducendo la pena inflitta dal primo giudice, proprio in ragione delle caratteristiche dell’arma, di calibro ridotto.

2. – Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di esonero – al versamento di una somma alla cassa delle ammende, congruamente determinabile in Euro 1000,00, ai sensi dell’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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