Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 25-11-2010) 26-01-2011, n. 2793 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

quanto segue:

M.H.A.M. fu condannato in primo grado alla pena ritenuta di giustizia in quanto giudicato colpevole del delitto di concorso (con la moglie) in bancarotta fraudolenta documentale, in relazione al fallimento della sas AL AkAB, dichiarato con sentenza 18.7.2003, per aver sottratto o distrutto la documentazione contabile.

Ricorre per cassazione personalmente l’imputato e deduce mancanza e illogicità della motivazione, inosservanza ed erronea applicazione di legge, dovendo, al più, la condotta essere inquadrata nella fattispecie L. Fall., ex art. 217.

La sua responsabilità è stata dedotta solo sulla base delle dichiarazioni della moglie D.L.P., la quale aveva tutto l’interesse ad addossare al ricorrerle ogni responsabilità. Era la D.L. la soda accomandataria e dunque su di lei incombeva l’onere della regolare tenuta delle scritture.

E’ illogico il ragionamento esibito dalla Corte, in base al quale la credibilità della D.L. deriverebbe dal fatto che la stessa ha reso anche dichiarazioni autoaccusatorie.

In realtà la donna non ha il livello culturale per comprendere la portata delle ammissioni fatte.

Il delitto in questione poi è punito a titolo di dolo specifico e nulla negli atti di causa indica che il ricorrente fosse animato da tal tipo di elemento psicologico.

Il ricorso è infondato e merita rigetto.

Il ricorrente va condannato alle spese del grado.

L’affermazione di responsabilità nei suoi confronti non si fonda unicamente sulle dichiarazioni rese al curatore dalla moglie, ma anche sulla condotta del M., letteralmente scomparso dopo la dichiarazione di fallimento.

Lo stesso infatti, convocato dal curatore, non si presentò, non consegnò o fece consegnare i libri e le altre scritture e non ha più dato notizia di sè.

I giudici del merito hanno tenuto nel debito conto tale comportamento, così come hanno vagliato le affermazioni della D. L., la cui inadeguatezza culturale, sostenuta dal ricorrente, non risulta – a quanto si apprende – da nessun atto di causa.

D’altra parte, il tenore delle dichiarazioni provenienti dalla donna si riferisce a fatti concreti, condotte e comportamenti materiali, costituendo un "racconto" che qualsiasi persona di normale intelligenza e comune esperienza può elaborare ed esplicitare.

La natura dell’elemento psicologico che ha informato al condotta del ricorrente è stata dedotta dalle modalità della condotta tenuta post delictum.
P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *