T.A.R. Lazio Roma Sez. II bis, Sent., 21-01-2011, n. 690 Procedimento e punizioni disciplinari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il signor Z., istruttore di vigilanza urbana del Comune di Roma, riferisce che per vicende estranee alla sua persona è stato coinvolto in un giudizio penale per i reati di calunnia e truffa, ma di essere stato assolto dal reato di calunnia con sentenza del Tribunale di Roma 31 ottobre 1989 e, invece, condannato per quello di truffa. Con successiva sentenza 19 luglio 1991 – divenuta definitiva in data 19 settembre 1991 – la Corte d’Appello di Roma, sez. II ha dichiarato estinto per amnistia il reato di truffa.

Con lettera di contestazioni n. 17301 dell’8 febbraio 1993 – comunicata all’interessato il 9 marzo 1993 – il Comune di Roma, Ripartizione I Personale ha instaurato un procedimento disciplinare nei confronti del sig. Z. per gli stessi fatti di cui al processo penale; a ciò sono seguite le giustificazioni dello stesso rese a verbale in data 19 aprile 1993. Detto Ufficio ha trasmesso in data 17 dicembre 1993 gli atti dell’inchiesta alla Commissione di disciplina, che riunitasi nella seduta del 30 marzo 1994, ha proposto di applicare al sig. Z. la sanzione disciplinare della destituzione, ai sensi dell’art.129, lett.a) del Regolamento del personale.

Con la delibera della Giunta comunale 2 agosto 1994 è stata accolta la proposta della Commissione di disciplina, infliggendo al sig Z. la sanzione della destituzione.

2. Il ricorrente contesta detta delibera e la impugna presso questo Tribunale, allegando le seguenti doglianze: 1) Violazione dell’art. 97 del T.U. n. 3 del 1957, dell’art.9 della Legge 7 febbraio 1990, n. 19, degli artt. 139 e 140 ter del Regolamento del personale del Comune di Roma e comunque delle norme sui termini per l’inizio e l’ultimazione del procedimento disciplinare: i termini per l’avvio del procedimento disciplinare e per la sua conclusione previsti dalle norme rubricate sarebbero stati disattesi dall’Amministrazione, limitando i fondamentali diritti della persona.

2) Violazione di legge.Eccesso di potere per difetto di motivazione, travisamento dei fatti e difetto di istruttoria, contraddittorietà e illogicità dell’azione amministrativa: dagli atti del procedimento disciplinare emergerebbe l’assoluta carenza di attività istruttoria volta all’acquisizione di dati, per l’autonomo accertamento dei fatti, assunti sulla base della sentenza penale di I grado; inoltre la delibera impugnata non chiarisce le ragioni di contrarietà alle giustificazioni avanzate dal ricorrente, omettendo gli obblighi di motivazione sia sulla concreta situazione in ordine ai fatti che alla posizione del sig. Z. nonché riguardo la sanzione da irrogare.

3), 4) e 5) Eccesso di potere per carenza dei presupposti, per sviamento, per disparità di trattamento: la lettera di contestazione degli addebiti notificata in data 9.3.1993 risulterebbe carente dei presupposti e contraddittoria, attesa l’assenza di qualunque prospettazione della sanzione adottanda a conclusione del procedimento disciplinare nonché di una autonoma valutazione amministrativa, rendendo incerto il contenuto della stessa, con evidente vizio dell’atto e della relativa procedura.

3. Si è costituito in giudizio il Comune di Roma per resistere al ricorso chiedendo il rigetto del ricorso.

Con ordinanza n. 41/1995, pronunciata nella Camera di consiglio del 12 gennaio 1995, è stata accolta la suindicata domanda di sospensione del provvedimento impugnato.

In prossimità dell’udienza di discussione il Comune ha depositato documentazione relativa al procedimento disciplinare in questione nonchè la disposizione dirigenziale n. 181 del 6.3. 1995 di riammissione in servizio del dipendente. Il sig. Z. ha presentato memoria conclusionale insistendo per l’accoglimento del ricorso con ulteriori e argomentate considerazioni a difesa della propria posizione

La causa è passata in decisione alla pubblica udienza del 7 ottobre 2010.

4. Nel merito, il ricorso è fondato e va accolto quanto alla assorbente censura – già ritenuta fondata con l’ordinanza cautelare n. 41/1995 – di violazione dei termini per l’inizio e la conclusione del procedimento disciplinare.

Al riguardo, il Collegio rileva che il giudizio disciplinare nei confronti di pubblici dipendenti coinvolti in processi penali definiti con sentenza di condanna o di proscioglimento è disciplinato dalle norme di cui all’art. 97 del DPR n. 3 del 1957 e all’art. 9 della Legge n. 19 del 1990 nonché, nel caso in esame, dall’art. 130 del Regolamento Generale per il Personale del Comune di Roma, che dettano in modo specifico modalità e termini di inizio e conclusione del procedimento.

In particolare, viene precisato che il pubblico dipendente non può essere destituito di diritto a seguito di condanna penale e l’Amministrazione procedente l’azione disciplinare è tenuta a concludere detto procedimento nel termine di complessivi 270 giorni da quando ha avuto notizia della condanna penale del proprio dipendente incolpato.

In tal senso, infatti, deve essere interpretato l’art. 9, comma 2, della Legge 7 febbraio 1990, n. 19, laddove stabilisce che il provvedimento finale sanzionatorio della destituzione " può sempre essere inflitta all’esito del procedimento disciplinare che deve essere proseguito o promosso entro centottanta giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto notizia della sentenza irrevocabile di condanna e concluso nei successivi novanta giorni"; il termine indicato è frutto della somma tra il termine di 180 giorni – previsto per l’inizio del procedimento disciplinare, decorrente dall’avvenuto ricevimento della notizia da parte dell’amministrazione – con quello di "successivi" 90 giorni previsto per la conclusione dello stesso.

Quindi, i termini per l’inizio e la conclusione del procedimento disciplinare per la destituzione del dipendente pubblico che abbia subito una condanna penale possono essere cumulati (cfr. Cons.Stato Ad. Plen., 14 gennaio 2004, n. 1).

Secondo la giurisprudenza ormai consolidata, detti termini hanno carattere perentorio, in quanto finalizzati a garantire il diritto costituzionalmente protetto del dipendente alla prosecuzione dell’attività lavorativa, mirando così a garantire la posizione dello stesso nonchè il buon andamento dell’Amministrazione, imponendo il sollecito espletamento della procedura disciplinare non risultando tollerabile una condizione indefinita di incertezza (cfr. Cons.Stato, sez. VI, 20 luglio 2006, n. 4606; idem, sez. IV, 3 marzo 2009, n. 1212; idem, 3 ottobre 2009, n. 6016; T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, 1 aprile 2009, n. 625; T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 6 marzo 2007, n. 2173; idem, 5 maggio 2009, n. 4568).

In effetti, nel caso di specie, risulta in atti che l’Amministrazione ha avuto conoscenza della sentenza di condanna definitiva a carico del sig. Z. in data 20 maggio 1992 (data in cui è stata trasmessa al Comune di Roma copia della sentenza definitiva), mentre ha comunicato con nota 8 febbraio 1993, n. 17301, notificata in data 9.3.1993, le contestazioni disciplinari al sig. Z., in violazione dei termini previsti dalla normativa sopra riportata. E ciò non risulta smentito dagli atti depositati dalla difesa comunale.

Pertanto, appare evidente che l’azione disciplinare finalizzata all’irrogazione della sanzione della destituzione è stata promossa oltre il termine di 180 giorni dalla data in cui l’Amministrazione ha avuto notizia della sentenza irrevocabile e la conseguente Delibera 2 agosto 1994 della Giunta comunale – con cui è stata disposta l’irrogazione della sanzione della destituzione del ricorrente ai sensi dell’art. 129, lett. a) del Reg.G.P., concludendo il procedimento – risulta illegittima in quanto adottata oltre il complessivo termine di 270 giorni, decorrente dall’avvenuta notizia della predetta sentenza.

Altro aspetto da vagliare attiene alla censurata estinzione del procedimento disciplinare per decorrenza del termine di 90 giorni dall’ultimo atto senza che nessun ulteriore atto sia stato compiuto (art. 120 del DPR n. 3 del 1957 richiamato dall’art.149 del Reg. Personale del Comune di Roma). Tale disciplina procedimentale sollecitatoria, dettando l’estinzione del procedimento disciplinare in modo automatico e indipendente dalle cause che ne hanno determinato l’inerzia, concilia ragionevolmente le esigenze difensive dell’inquisito con quelle organizzative e funzionali della pubblica amministrazione.

Nel caso in esame, come rilevato, il procedimento disciplinare è stato avviato con la nota recante le contestazioni disciplinari notificata al ricorrente in data 9 marzo 1993, mentre la trasmissione alla Commissione disciplinare degli atti del procedimento da parte della Ripartizione del Personale è avvenuta in data 17 dicembre 1993 (circa 240 giorni), inoltre la proposta della sanzione da parte della Commissione di disciplina è stata adottata con parere in data 30 marzo 1994 e il provvedimento di irrogazione della destituzione impugnato è stato adottato in data 2 agosto 1994 senza interruzione del termine estintivo del procedimento disciplinare.

Il ricorso va dunque accolto, con riferimento alla fondatezza della prima censura ritenendo il Collegio di poter assorbire gli altri motivi censurati perché ritenuti ininfluenti e irrilevanti ai fini della decisione.

Quanto alle spese del giudizio il Collegio stima equo disporre la compensazione delle stesse tra le parti, attesa la peculiarità della materia e della vicenda contenziosa.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Dispone la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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