Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 24-11-2010) 26-01-2011, n. 2581 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) B.O.H. ha proposto ricorso avverso la sentenza 27 maggio 2010 della Corte d’Appello di Roma che ha respinto l’appello proposto contro la sentenza 11 dicembre 2009 del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale della medesima Città che, all’esito del giudizio abbreviato, lo aveva condannato alla pena di anni tre di reclusione ed Euro 12.000,00 di multa per il delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 (detenzione a fini di spaccio di 185 dosi di eroina).

A fondamento del ricorso si deduce, con il primo motivo, la "nullità della sentenza per incertezza sull’identità dell’imputato". Con il secondo motivo si deduce invece la violazione dell’art. 143 c.p. "per difetto di notifica all’imputato dell’atto introduttivo del giudizio nell’idioma da questi correttamente conosciuto e compreso". Con il terzo motivo si censura invece la sentenza impugnata per vizio di motivazione sull’affermazione di responsabilità non essendo stata accertata alcuna condotta rilevante riconducibile a B. ad eccezione della detenzione della sostanza stupefacente sequestrata.

2) Il ricorso è inammissibile in quanto proposto per motivi manifestamente infondati o non consentiti nel giudizio di legittimità.

Manifestamente infondato è il primo motivo di ricorso perchè, per espressa previsione di legge ( art. 66 c.p.p., comma 2) "l’impossibilità di attribuire all’imputato le sue esatte generalità non pregiudica il compimento di alcun atto da parte dell’autorità procedente, quando sia certa l’identità fisica della persona".

L’identità fisica non viene posta in dubbio nel caso in esame e può aggiungersi che il ricorrente non potrebbe comunque dedurre l’ipotetica nullità perchè, anche ammessane l’esistenza, vi avrebbe lui stesso dato luogo ( art. 182 c.p.p., comma 1).

3) Manifestamente infondato è anche il secondo motivo di ricorso.

Va premesso che la nullità in esame, se esistente, è, a parere di questa Corte, di ordine generale ma non assoluta. (c.d. "a regime intermedio") in quanto non concerne l’omessa citazione dell’imputato ma la sua assistenza per consentirne una partecipazione (consapevole) al giudizio. In questo senso si è pronunciata la sentenza delle sezioni unite di questa Corte 24 settembre 2003 n. 5052, Zalagaitis, rv. 226717-8.

Ne consegue che la richiesta di giudizio abbreviato vale come tacita accettazione degli effetti dell’atto con efficacia sanante del vizio;

l’efficacia sanante della richiesta e ammissione del giudizio abbreviato è infatti esclusa nei soli casi di inutilizzabilità c.d. patologica e di nullità assoluta (cfr. Cass., sez. un., 26 settembre 2006 n. 39298, Cieslinsky, rv. 234835).

Nel caso in esame il ricorrente non pone in dubbio questo principio ma cerca di evidenziare che l’eccezione sarebbe stata in precedenza proposta. Ipotesi non provata ma comunque irrilevante proprio in base al principio indicato.

4) Il terzo motivo è inammissibile perchè proposto per motivi non consentiti nel giudizio di legittimità in quanto diretto ad ottenere dalla Corte una ricostruzione dei fatti diversa da quella del giudice di merito.

Peraltro il motivo di ricorso non contesta quello che costituisce il fondamento della sua affermazione di responsabilità la detenzione da parte del ricorrente della sostanza stupefacente sequestrata – per cui il motivo è anche privo di decisività perchè non idoneo ad intaccare l’accertamento della detenzione per uso di terzi da solo sufficiente per l’affermazione di responsabilità dell’imputato.

5) Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso conseguono le pronunzie di cui al dispositivo.

Con riferimento a quanto statuito dalla Corte costituzionale nella sentenza 13 giugno 2000 n. 186 si rileva che non si ravvisano ragioni per escludere la colpa del ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità in considerazione della palese violazione delle regole sul giudizio di legittimità.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Sezione 4^ penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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