Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 19-11-2010) 26-01-2011, n. 2780 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propongono ricorso per cassazione M.M. e S. A. avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo in data 13 ottobre 2008 con la quale è stata confermata quella di primo grado affermativa della loro responsabilità in ordine al reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale in concorso; il M. è stato ritenuto responsabile anche di bancarotta fraudolenta documentale. L’accusa mossa ai due imputati, marito e moglie, era quella di avere il primo, quale amministratore della OK srl (dichiarata fallita il 19 aprile 2002), distratto beni della società rappresentati da un ramo di azienda che veniva ceduto alla sas GeDiAI, amministrata dalla S. che ne era socia accomandataria. Il M. era stato ritenuto responsabile anche della tenuta delle scritture contabili della soc. fallita, in modo tale da rendere impossibile la ricostruzione degli affari.

Deducono:

1) la violazione dell’art. 2 c.p., e del D.Lgs. n. 5 del 2006.

Per effetto della L. n. 5 del 2006, sono mutati i presupposti di identificazione dell’imprenditore soggetto a fallimento. Nella specie, dunque, posto che gli imputati non rientrerebbero nella detta nozione, dovrebbe essere loro applicata, in base al principio della retroattività delle norme più favorevoli, la novella menzionata.

2) la erronea applicazione della L. Fall., art. 216, e il vizio di motivazione con riferimento alla bancarotta patrimoniale.

Sarebbe illogica la ricostruzione degli eventi accreditata dalla Corte. Secondo tali giudici la cessione del ramo di azienda, risalente al gennaio 2001, sarebbe stata simulata in quanto nell’atto di cessione sarebbe stato espressamente escluso l’accollo dei debiti della società venditrice. In altra parte della motivazione, poi, si ammette che vi sarebbe una "quietanza" che, nella forma di una scrittura privata, invece conterrebbe l’elencazione dei detti debiti.

La Corte sarebbe dunque incorsa nella violazione degli artt. 2698 e segg. c.c., non considerando valida al scrittura privata di accollo dei debiti. D’altra parte vi sarebbe una controprova della effettività di tale impegno da parte della società acquirente del ramo di azienda. Se è vero infatti che la situazione contabile della OK srl al 31 dicembre 2000, data nella quale essa cessò di operare, prevedeva debiti verso fornitori per un ammontare di circa 600 milioni di lire e se è vero altresì che i crediti insinuati al passivo fallimentare erano di appena 54 milioni di L., doveva convenirsi, logicamente, che i debiti ulteriori e diversi erano stati accollati dalla S.. In altri termini non vi sarebbe stata, all’atto del fallimento, distrazione di beni sottratti alla massa dei Creditori, e dovrebbe trovare applicazione al giurisprudenza che riconosce che la valutazione del pregiudizio ai creditori, per effetto del la distrazione, deve essere effettuata con riferimento al momento del fallimento (Cass. 26 gennaio 2006, n., 7212).

3) la erronea applicazione della L. Fall., art. 216, e il vizio di motivazione con riferimento alla bancarotta documentale.

Il prevenuto aveva fornito tutte le schede extracontabili che avevano consentito al curatore di ricostruire la contabilità, sicchè non sussisterebbe il reato contestato.

Il difensore avanza anche istanza di sospensione della esecuzione delle statuizioni civili ai sensi dell’art. 612 c.p.p..

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Il primo motivo è invero manifestamente infondato.

Ben prima del deposito del ricorso in esame le Sezioni unite di questa Corte hanno preso posizione, autorevolmente e condivisibilmente, sullo specifico tema evidenziato dalla difesa, avallando l’orientamento secondo cui il giudice penale investito del giudizio relativo a reati di bancarotta R.D. 16 marzo 1942, n. 267, ex artt. 216 e seguenti, non può sindacare la sentenza dichiarativa di fallimento, quanto al presupposto oggettivo dello stato di insolvenza dell’impresa e ai presupposti soggettivi inerenti alle condizioni previste per la fallibilità dell’imprenditore, sicchè le modifiche apportate al R.D. n. 267 del 1942, art. 1, dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, e dal D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, non esercitano influenza ai sensi dell’art. 2 c.p., sui procedimenti penali in corso (Rv. 239398). Con una motivazione ricca di argomenti esegetici, il supremo consesso giunge alla conclusione – dalla quale non vi è motivo di discostarsi anche perchè su di essa non incidono le contrarie deduzioni del ricorrente – in base alla quale "i nuovi contenuti della L. Fall., art. 1, non incidono su un dato strutturale del paradigma della bancarotta (semplice o fraudolenta) ma sulle condizioni di fatto per la dichiarazione di fallimento, sicchè non possono dirsi norme extrapenali che interferiscono sulla fattispecie penale. E il giudice penale, che non può sindacare la sentenza dichiarativa di fallimento sulla base della normativa all’epoca vigente, allo stesso modo non può escluderne gli effetti sulla base di una normativa sopravvenuta".

Il secondo motivo di ricorso è infondato e per taluni versi lambisce la inammissibilità.

Invero la sentenza dei giudici di merito contiene l’affermazione, basata su un accertamento di fatto, che la cessione del ramo di azienda sia avvenuta senza la assunzione dei debiti da parte della cessionaria e quindi in termini fortemente penalizzanti per la massa dei creditori, rimasti privi di adeguata garanzia. L’evento peraltro costituiva il fine della intera operazione come affermato dall’imputato il quale aveva chiarito al curatore di volere fondare una società nuova per ricostituire l’affidamento dei fornitori dato che la OK srl era in forte sofferenza.

Quanto alla valutazione del contenuto della scrittura privata citata anche nei motivi di ricorso, non si ravvisa alcuna violazione di legge nella quale i giudici siano incorsi.

La scrittura in questione, come ogni prova documentale, è soggetta alla libera e prudente valutazione del giudice alla quale viene sottoposta, il quale è onerato del solo compito di motivare le ragioni dell’apprezzamento o del mancato apprezzamento.

Nel caso in esame la scrittura privata è stata congruamente analizzata e considerata priva della capacità di dimostrare la insussistenza del reato contestato i ragione del fatto che essa appariva priva di data certa ed era stata acquisita solo in esito alla istruttoria dibattimentale, ai sensi dell’art. 507 c.p.p., come non si confà ad un documento che potrebbe avere valenza liberatoria per gli imputati.

Si tratta di un ragionamento per nulla irrazionale e tantomeno reticente, come suggerirebbe la difesa, la quale, oltretutto, cade nei menzionati profili di inammissibilità della doglianza, quando propone di sostanziarla con la citazione di circostanze di fatto (menzione di assegni e pagamenti vari) che questa Corte di legittimità non può e non deve essere chiamata a valutare in via diretta. Conclusivamente può osservarsi che gli argomenti logici evidenziati nel ricorso, non sono da soli capaci di rappresentare una causa di proscioglimento nel merito atteso che è risultata comunque presente, all’atto del fallimento, una cospicua quantità di crediti non soddisfatti, sicchè è priva di basi tesi della difesa secondo cui la vicenda distrattiva non avrebbe comunque creato una situazione di pericolo per la massa dei creditori.

Il terzo motivo è infondato.

In primo luogo vi è lo stesso profilo di ammissibilità evidenziato sopra, atteso che il motivo di ricorso si sostanzia nella rappresentazione di una circostanza di fatto (presentazione al curatore delle schede extracontabili) che la Corte ha ritenuto insussistente (si allude ad una contabilità ufficiosa) e comunque incapace di escludere il reato.

In secondo luogo, ed in stretto diritto, vi è da considerare il costante orientamento della giurisprudenza secondo cui sussiste il reato di bancarotta fraudolenta documentale non solo quando la ricostruzione del patrimonio si renda impossibile per il modo in cui le scritture contabili sono state tenute, ma anche quando gli accertamenti, da parte degli organi fallimentari, siano stati ostacolati da difficoltà superabili solo con particolare diligenza (Rv. 247965).

Nella specie questa è l’ipotesi verificata ed accreditata dalla Corte, non essendo, d’altra parte, neppure sostenuto dalla difesa ricorrente il grado di affidabilità e di presunta completezza delle schede che essa assume essere state portate a conoscenza del curatore.

L’ultima richiesta rimane assorbita dalla definitività del processo, effetto della presente sentenza.
P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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