T.A.R. Lazio Roma Sez. III quater, Sent., 21-01-2011, n. 669 Previdenza integrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo

1. Con ricorso notificato in data 24 luglio 1997 e depositato il successivo 29 luglio la sig.ra S.F., già dipendente dell’I.N.A.I.L. e cessata dal servizio dall’1 giugno 1997 per dimissioni volontarie, ha impugnato il provvedimento adottato dal Dirigente del Servizio Normativo per le Attività Strumentali del 16 giugno 1997, con il quale le è stato negato sia il trattamento pensionistico sostitutivo ex art. 23 del Regolamento del Fondo integrativo I.N.A.I.L., sia l’indennità di fine servizio.

Espone, in fatto, che il 2 giugno 1997 ha chiesto all’Istituto previdenziale la liquidazione del trattamento di previdenza, disciplinato dall’art. 23 del Regolamento approvato con D.M. 30 maggio 1969, essendo in possesso di tutti i requisiti prescritti dalla norma. Aveva infatti maturato il diritto alla pensione diretta di cui alla lett. f) dell’art. 21 del predetto Regolamento e non aveva, invece, ancora titolo alla pensione dell’assicurazione obbligatoria a carico dell’I.N.P.S., come disposto dal successivo art. 23.

Con l’impugnato provvedimento l’I.N.A.I.L. ha negato il diritto della ricorrente alla pensione maturata ai sensi della predetta normativa regolamentare ed anche l’indennità di buonuscita.

2. Avverso il predetto provvedimento la ricorrente è insorta deducendo:

a) Violazione di legge in senso sostanziale per violazione dell’art. 23 del Regolamento di previdenza integrativo I.N.A.I.L. – Violazione di legge per violazione di atti vincolati – Eccesso di potere anche per l’uso contraddittorio del potere decisionale – Difetto di motivazione e/o erroneità nella motivazione.

Il motivo addotto a supporto dell’impugnato diniego di liquidazione del trattamento pensionistico sostitutivo di quello a carico dell’A.G.O. è l’art. 13 L. n 724 del 1994, che ha introdotto il blocco temporaneo delle pensioni di anzianità a carico del regime pensionistico generale obbligatorio e di quelle sostitutive ed esclusive per il periodo 1 gennaio 1995 – 30 giugno 1995. Il secondo motivo richiama invece la nuova disciplina legislativa di riforma pensionistica del sistema obbligatorio e complementare, introdotta dalla L. 8 agosto 1995 n. 335. In particolare, l’art. 15, comma 5, che ha aggiunto il comma 8 quinquies all’art. 18 D.L.vo n. 124 del 21 aprile 1993. Detta norma, che disciplina espressamente il regime delle forme pensionistiche complementari già istituite alla data di entrata in vigore della L. n. 421 del 1992, dispone che l’accesso alle prestazioni per anzianità e vecchiaia assicurate dalle forme pensionistiche di cui al comma 1, che garantiscono prestazioni definite ad integrazione del trattamento pensionistico, è subordinato alla liquidazione del trattamento pensionistico.

Illegittimamente sono state applicate dette disposizioni alla richiesta della ricorrente, la cui pretesa è invece riconducibile alla diversa previsione dell’art. 23 del Regolamento, che disciplina la cd. pensione con funzione temporaneamente sostitutiva di quella A.G.O. con almeno 25 anni di servizio effettivo, a condizione che il dipendente non abbia maturato il diritto a detta pensione A.G.O..

b) Incompetenza assoluta del Direttore generale ai provvedimenti generali in materia di attività regolamentare. Conseguente violazione di legge in senso sostanziale – Violazione conseguente del combinato disposto agli artt. 232 del Regolamento – Violazione L. n. 140 del 1997.

Il provvedimento impugnato è illegittimo anche nella parte in cui nega l’indennità di buonuscita ai sensi e per gli effetti dell’art. 3 D.L. n. 79 del 1997, applicandosi detta norma solo ai dipendenti che hanno diritto al trattamento pensionistico.

3. Si è costituito in giudizio l’Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul lavoro (I.N.A.I.L), che con ampia ed articolata memoria difensiva ha sostenuto l’infondatezza, nel merito, del ricorso.

4. All’udienza del 12 gennaio 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

1. Visti gli atti di causa il Collegio rileva, innanzi tutto, che è quanto meno dubbio che la ricorrente possa considerarsi legittimata ad insorgere contro il provvedimento impugnato contestando il diniego, oppostole dall’Amministrazione di appartenenza, di corrisponderle la pensione diretta prevista dall’art. 21 del Regolamento per il trattamento di previdenza e quiescenza del personale dipendente dall’I.N.A.I.L., approvato con D.M. 30 maggio 1969. Detto art. 21, comma 1, lett. f) subordina, infatti, il diritto alla pensione degli impiegati cessati dal servizio con diritto alla pensione obbligatoria I.N.P.S. alla condizione che abbiano prestato almeno 25 anni di "servizio effettivo", che va tenuto distinto dal "servizio utile" che lo stesso art. 21, comma 1, lett. a) e il precedente art. 12 richiamano ad altri fini.

Dalla documentazione depositata dall’Amministrazione resistente risulta, infatti, che la ricorrente (assunta con decorrenza, agli effetti giuridici dall’1 dicembre 1970 ed economici dal 12 febbraio 1971 e cessata dal servizio con decorrenza 1 giugno 1997) alla data del 17 agosto 1995 (di entrata in vigore della riforma pensionistica introdotta dall’art. 18, comma quinquies, D.Lvo. 21 aprile 1993 n. 124, aggiunto dall’art. 15, comma 5, L. 8 agosto 1995 n. 335) aveva maturato solo 24 anni, 5 mesi e 17 giorni di "servizio effettivo", arrotondabili ex art. 18 D.M. 30 maggio 1969 a 24 anni. A questa conclusione si perviene escludendo dal calcolo i 15 giorni di congedo straordinario "non retribuito" di cui la ricorrente aveva fruito, su sua richiesta, all’atto dell’assunzione in servizio che, in quanto "non retribuito", necessariamente postula il mancato espletamento di prestazioni lavorative, invece tassativamente richiesto dalla norma regolamentare innanzi richiamata, e che a detti effetti non è assimilabile al congedo straordinario "retribuito" e "tipicizzato".

Sotto questo profilo è condivisibile il rilievo dell’Amministrazione resistente che, ancorché svolto in memoria come argomento inteso a contestare, nel merito, la pretesa della ricorrente alla liquidazione della pensione, deve essere ragionevolmente inteso come eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di posizione legittimante.

2. In ogni caso può prescindersi da detta eccezione e dalla conclusione alla quale, anche in punto di fatto, essa conduce, in quanto il ricorso è comunque infondato nel merito, atteso che l’atto impugnato, che nega alla ricorrente la pensione diretta perché allo stato non fruitrice di pensione I.N.P.S., fa corretta applicazione del cit. art. 18, comma quinquies, D.Lvo n. 124 del 1993, aggiunto dal cit. art. 15, comma 5, L. n. 335 del 1995, il quale in termini inequivoci condiziona l’intervento del Fondo di previdenza alla già acquisita titolarità, da parte dell’istante, del trattamento pensionistico ordinario.

E’ noto che i Fondi integrativi svolgevano in origine una duplice funzione: "sostitutiva" della pensione I.N.P.S. per i dipendenti cessati dal servizio senza aver maturato il diritto ad ottenerla; "integrativa" della stessa per il dipendente collocato a riposo e fruitore del trattamento pensionistico ordinario corrispostogli dall’I.N.P.S. al fine di garantirgli un trattamento di "quiescenza" d’importo pari al trattamento retributivo dei colleghi di pari grado in servizio (Tar Umbria 16 febbraio 1995 n. 47; Tar Latina 8 luglio 1991 n. 664).

Con la riforma del 1995 – già operativa alla data in cui la ricorrente era stata collocata a riposo per dimissioni volontarie (1 giugno 1997) e portata dall’I.N.A.I.L. a conoscenza di tutti i dipendenti con specifico riferimento agli interventi che d’ora in poi il Fondo era in grado di svolgere – il legislatore ha escluso che i Fondi (senza eccezione di sorta) potessero continuare a svolgere la funzione "sostitutiva" del trattamento pensionistico a carico dell’A.G.O. e ha lasciato ad essi la sola funzione "integrativa" dello stesso, che per essere tale necessariamente postula che l’istante sia in atto già fruitore di pensione.

Di detta riforma ha da tempo preso atto la giurisprudenza del giudice amministrativo, enunciando la regola per cui ai sensi dell’art. 15, comma 5, l. 8 agosto 1995 n. 335, il trattamento integrativo di quello obbligatorio, previsto dai Regolamenti di previdenza dei dipendenti dell’I.N.A.I.L. e dell’I.N.P.S., spetta solo "in caso di maturazione da parte del dipendente del diritto alla pensione dell’assicurazione obbligatoria" (Tar Lazio, sez. III, 24 luglio 2003 n. 6647; Tar Palermo, sez. I, 2 maggio 2002 n. 1083; Tar Liguria, sez. II, 29 gennaio 1998 n. 20).

Negli stessi termini ha concluso anche la giurisprudenza del giudice ordinario, per la quale il divieto di percepire la pensione integrativa prima della maturazione della pensione a carico dell’A.G.O., introdotto dall’art. 15, L. 8 agosto 1995 n. 335 (che ha aggiunto il comma 8 quinquies all’art. 18 D.L.vo 21 aprile 1993 n. 124, recante la disciplina delle forme pensionistiche complementari) – per cui l’accesso alle prestazioni di anzianità e di vecchiaia assicurate dalle forme di previdenza complementare è subordinato alla liquidazione del trattamento pensionistico obbligatorio – si applica dal 31 agosto 1995, data di entrata in vigore della L. n. 335 del 1995, sicché non può configurarsi alcuna violazione dei diritti quesiti ove le condizioni per fruire del trattamento integrativo siano maturate dopo l’entrata in vigore dell’anzidetta disposizione; né tale divieto si espone a censure di incostituzionalità, essendo conforme ai principi costituzionali, come affermato dal giudice delle leggi non solo con riferimento ad analoga disposizione in materia di pensione integrativa (art. 59, comma 3, L. 27 dicembre 1997 n. 449), ma anche in riferimento al cit. art. 18, comma 8 quinquies, in ragione del collegamento funzionale tra previdenza obbligatoria e complementare, costituente uno dei pilastri del nuovo sistema, che colloca la previdenza complementare all’interno dell’art. 38 Cost. (da ultimo Cass. civ., sez. lav., 25 maggio 2009 n. 1199, che richiama a sopporto delle sue conclusioni l’insegnamento impartito dal giudice delle leggi con le ordinanze 28 luglio 2000 n. 393 e 27 luglio 2001 n. 319, la prima dichiarativa della manifesta inammissibilità e la seconda della manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del cit. art. 18, comma 8 quinquies, dedotta con riferimento agli artt. 3, 38, 39 e 41 Cost.).

3. Non sono in grado di condurre a conclusioni diverse le ampie argomentazioni svolte dalla ricorrente nell’atto introduttivo del giudizio a riprova della fondatezza delle proprie richieste. Ed invero:

a) sull’applicabilità delle disposizioni dettate dal D.L.vo 21 aprile 1993 n. 124 ai fondi integrativi già istituiti dagli enti di cui alla L. 20 marzo 1975 n. 70, e in particolare ai Fondi di previdenza dei dipendenti I.N.P.S. e I.N.A.I.L., è sufficiente il richiamo alla normativa alla quale si deve la riforma pensionistica, nella lettura che ne ha dato anche la giurisprudenza più recente (Cass. civ., sez. V, 8 aprile 2009 n. 8504);

b) per quanto riguarda gli errori interpretativi nei quali sarebbe incorso il Direttore generale nell’avvertire i dipendenti, con la lettera circolare 13 settembre 1995, degli effetti riduttivi che la riforma pensionistica aveva avuto sull’ambito di operatività del Fondo di previdenza, a confutarne la fondatezza è sufficiente il mero rinvio alla giurisprudenza del giudice amministrativo e del giudice ordinario innanzi richiamata;

c) in ordine alla censura di incompetenza assoluta nella quale sarebbe incorso il Direttore generale, "abrogando" con la succitata letteracircolare la normativa "regolamentare" dettata dal D.M. 30 maggio 1969, di approvazione del Fondo di previdenza dei dipendenti I.N.A.I.L., è agevole opporre che l’organo in questione si è limitato ad una rilettura della stessa alla luce delle innovazioni dettate dalle norme di riforma pensionistica, alle quali si deve l’implicito effetto abrogativo della normativa regolamentare per incompatibilità con la normativa primaria. Di dette novità, e delle conseguenze da esse derivanti sia per il Fondo di previdenza che per i dipendenti, egli ha ritenuto doveroso informare il personale;

d) relativamente alla pretesa della ricorrente di ottenere quanto meno l’indennità una tantum prevista dall’art. 32 cit. D.M. 30 maggio 1969, è agevole osservare che essa spetta solo al dipendente cessato dal servizio "per dimissioni volontarie" prima del compimento di cinque anni di "servizio effettivo". Certamente non è questa la situazione in cui si trovava la ricorrente, per cui la sua pretesa è stata legittimamente disattesa per mancanza del necessario supporto normativo;

e) infine, per quanto riguarda la mancata corresponsione dell’indennità di buonuscita ai sensi e per gli effetti dell’art. 3, D.L. 28 marzo 1997 n. 79, convertito in L. 28 maggio 1997 n. 140, non è condivisibile la tesi della ricorrente secondo cui il blocco temporaneo del pagamento previsto dal suddetto art. 3 si applicherebbe solo ai dipendenti cessati dal servizio con diritto al trattamento pensionistico, che a lei è stato invece negato. E’ vero invece che l’art. 3, nella parte in cui sospende l’erogazione dell’indennità di buonuscita fino all’1 gennaio 1998, con obbligo di corrisponderla con l’aggiunta degli interessi legali nei tre mesi successivi, è applicabile (in difetto di una disposizione contraria) a tutti i pubblici dipendenti, indipendentemente dal fatto che abbiano diritto o non alla pensione. Il blocco dell’indennità non opera soltanto per i dipendenti pubblici che: a) siano stati collocati a riposo d’ufficio per raggiungimento del limite massimo di età; b) siano stati costretti a cessare dal servizio per inabilità o morte conseguenti a causa di servizio. La ricorrente non rientra fra le suddette eccezioni, essendosi volontariamente dimessa dal servizio.

4. Il ricorso deve pertanto essere respinto, ma il tempo decorso per la sua definizione giustifica l’integrale compensazione fra le parti in causa costituite delle spese e degli onorari del giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa integralmente fra le parti in causa le spese e gli onorari del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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