Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 17-11-2010) 26-01-2011, n. 2687 Detenzione abusiva e omessa denuncia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 3 giugno 2010 il Tribunale di Milano, costituito ex art. 309 c.p.p., ha rigettato la richiesta di riesame presentata da V.R., indagato in ordine al reato di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 23, (detenzione di una Colt calibro 38 con matricola abrasa, comprensiva di sei proiettili) e all’art. 648 c.p., (per avere ricevuto detta arma di provenienza furtiva), avverso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa il 16 maggio 2010 dal G.i.p. dello stesso Tribunale, contestualmente alla convalida dell’arresto in flagranza, eseguito il (OMISSIS) alle ore 14,00. 2. Il fatto cui si riferiva l’ordinanza custodiale era stato accertato a (OMISSIS).

In particolare, il 12 maggio 2010 erano state perquisite, con esito negativo, la casa di abitazione e la sede della società EdilSave di pertinenza di V.R., in (OMISSIS), alla ricerca di armi.

La perquisizione era stata poi estesa a (OMISSIS), dove l’indagato possedeva una casa in costruzione in una zona – cantiere completamente recintata e chiusa, già presidiata dagli operanti, mentre era in corso la perquisizione nei locali di (OMISSIS), che avevano rilevato che V.A., nipote di V. R., entrato nella stessa zona – cantiere, utilizzando le chiavi del cancello, si era fermato per alcuni minuti presso la casa in costruzione e presso una roulotte. La perquisizione subito svolta consentiva, tuttavia, di rinvenire solo una dose di cocaina che V.A. segnalava di avere occultato.

Durante la perquisizione più completa svolta nella zona – cantiere, il 13 maggio 2010, anche con la rimozione di blocchi di pietra, V.R., intervenuto con la volontà di consegnare ciò che si stava cercando, dopo essersi diretto in modo sicuro verso alcuni blocchi di pietra, aveva forato la plastica di copertura e aveva estratto da un incavo tra le pietre un sacchetto di plastica contenente l’arma, che poi aveva detto essere del nipote A., che l’aveva lì collocata il giorno precedente.

V.A., presente, non aveva dato alcuna indicazione nella fase della ricerca e del reperimento dell’arma, ma, poi, aveva spontaneamente dichiarato di avere trovato l’arma alcuni giorni prima nei boschi e di averla lì nascosta da una settimana all’insaputa dello zio.

3. Il Tribunale riteneva sussistenti i gravi indizi di colpevolezza, richiesti dall’art. 273 c.p.p., nei confronti di V.R., desumibili:

– dal recupero "con estrema sicurezza" da parte dello stesso dell’arma dal luogo particolare in cui era stata occultata;

– dalla mancanza di collaborazione e di suggerimenti durante la fase di ricerca e di rinvenimento dell’arma da parte di V.A., rimasto in disparte senza proferire parole;

– dalla mancanza in atto di riscontro alle circostanze indicate dal ricorrente in occasione dell’interrogatorio di garanzia e dell’udienza camerale, in merito alla conoscenza da parte sua della presenza dell’arma e del luogo dove la stessa si trovava per averlo appreso dal nipote durante la perquisizione, e in merito alla fattiva collaborazione del nipote per il rinvenimento dell’arma;

– dalla impossibilità di ravvisare una conferma alle dichiarazioni dell’indagato nelle ammissioni del nipote A., sia per l’inattendibilità nel complesso della sua narrazione sia per la possibilità, avuto riguardo alla complessiva dinamica delle operazioni di perquisizione, della predisposizione di una versione di comodo.

In merito alle esigenze cautelari, il provvedimento impugnato riteneva condivisibili le valutazioni del G.i.p. con riferimento al pericolo di reiterazione e di commissione di reati caratterizzati da violenza, avuto riguardo ai precedenti penali e alla disponibilità di arma clandestina, e all’adeguatezza della misura cautelare.

4. Avverso il citato provvedimento ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, V.R., il quale lamenta inadeguatezza e illogicità del testo dell’ordinanza impugnata, rispetto alla valutazione della gravità indiziaria richiesta dall’art. 273 c.p.p., sotto diversi profili.

Il Tribunale, si deduce, non ha offerto alcuna motivazione idonea a spiegare "con argomentazioni logiche e razionali" l’inferenza indiziaria del comportamento collaborativo che l’indagato avrebbe tenuto, procurando spontaneamente il reperimento dell’arma, e l’assenza di una sua volontà auto – accusatoria.

Nè il Tribunale ha considerato logicamente l’inferenza indiziaria del comportamento collaborativo dell’indagato e la sua ipotetica e inverosimile causa pregressa (iniziativa personale o previo concerto con il nipote per l’occultamento e la rimozione dell’arma).

Ulteriore carenza e illogicità della motivazione dell’ordinanza riguarda la parte in si è ritenuto inattendibile il coindagato quanto alla genuinità delle sue dichiarazioni auto-accusatorie e alla esclusione di responsabilità per il ricorrente, avuto anche riguardo alla necessaria rivalutazione degli elementi a favore di questi a pena di nullità ex art. 292 c.p.p., comma 2 – ter.

L’ordinanza, infine, è carente di motivazione quanto alla valutazione dell’adeguatezza della misura cautelare ed è illogica quanto alla valutazione del pericolo di reiterazione dei reati in assenza di elementi di contiguità criminale, al di là di episodi criminosi disomogenei o risalenti nel tempo.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato.

2. In materia di misure cautelari personali, secondo giurisprudenza consolidata, questa Corte non ha alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso il peso probatorio degli indizi, nè di verificare la rispondenza delle argomentazioni poste a fondamento della decisione impugnata alle acquisizioni processuali, nè di rivalutare le condizioni soggettive dell’indagato in relazione alle esigenze cautelari e all’adeguatezza della misura, trattandosi di apprezzamenti di merito rientranti nel compito esclusivo del giudice che ha applicato la misura e del tribunale del riesame.

Il controllo di legittimità è, quindi, limitato all’esame del contenuto dell’atto impugnato e alla verifica delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato e dell’assenza d’illogicità evidente, ossia dell’adeguatezza e della congruenza del tessuto argomentativo riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (tra le tante, Sez. 4^, n. 22500 del 03/05/2007, dep. 08/06/2007, Terranova, Rv. 237012; Sez. 2^, n. 9532 del 22/01/2002, dep. 08/03/2002, Borragine e altri, Rv. 221001; Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, dep. 02/05/2000, Audino, Rv. 215828; Sez. 6^, n. 3529 del 12/11/1998, dep. 01/02/1999, Sabatini G., Rv. 212565; Sez. 4^, n. 2050 del 17/08/1996, dep. 24/10/1996, Marseglia, Rv. 206104), senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa e, per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze delle indagini (tra le tante, Sez. 1^, n. 6972 del 07/12/1999, dep. 08/02/2000, Alberti, Rv. 215331; Sez. 1^, n. 1496 del 11/03/1998, dep. 04/07/1998, Marrazzo, Rv. 211027; Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, dep. 12/12/1994, De Lorenzo, Rv. 199391).

Il detto limite del sindacato di legittimità in ordine alla gravità degli indizi riguarda anche il quadro delle esigenze cautelari, essendo compito primario ed esclusivo del giudice della cautela valutare "in concreto" la sussistenza delle stesse e rendere un’adeguata e logica motivazione (Sez. 1^, n. 1083 del 20/02/1998, dep. 14/03/1998, Martorana, Rv. 210019).

3. Nel caso di specie la ricostruzione dei fatti operata dal Tribunale è congrua e coerente con le acquisizioni processuali richiamate nella decisione, e, pertanto, nessuna censura, e tanto meno nessuna diversa ricostruzione, può essere in questa sede prospettata.

4. Immune da vizi logici e giuridici è anche il convincimento manifestato dal giudice di merito circa la sussistenza a carico del ricorrente di gravi indizi di colpevolezza, e cioè di una qualificata probabilità della sua responsabilità riguardo al reato ascrittogli, perchè espressione di un percorso argomentativo coerente e logicamente plausibile, che si sottrae a qualsiasi censura.

Sono stati, infatti, valorizzati gli elementi indizianti, specificatamente descritti in ordinanza e desunti dal contenuto della comunicazione della notizia di reato del 14 maggio 2010, in merito allo svolgimento delle operazioni di perquisizione, alle modalità di rinvenimento dell’arma, al comportamento tenuto dall’indagato e dal nipote durante le fasi di ricerca e di rinvenimento dell’arma, dandosi anche conto delle circostanze difensive indicate dal ricorrente nel corso dell’interrogatorio di garanzia e dell’udienza camerale, della mancanza di un loro riscontro e delle ragioni d’inattendibilità e di possibile concertazione del racconto del nipote.

A fronte di detta motivazione del giudice della cautela, che appare logica e congrua, il ricorrente ha espresso rilievi, che, pur prospettati come deduzioni dimostrative dell’inadeguatezza e illogicità della motivazione, sono censure di merito, volte a prospettare una diversa interpretazione delle risultanze delle indagini e della specifica consistenza dei fatti indizianti, una diversa valutazione della loro concludenza e una diversa scelta di quelli determinanti, e, quindi, non proponibili in questa sede di legittimità. 5. Anche sotto il profilo delle esigenze cautelari, il ricorso censura un vizio di motivazione del giudice del riesame quanto alla valutazione del pericolo di reiterazione dei reati e all’adeguatezza della misura cautelare adottata.

Il ricorrente, infatti, oppone la risalenza nel tempo o la disomogeneità degli episodi criminali, l’assenza di altri indizi di contiguità criminale e l’assenza di giustificazione dell’imposizione della misura cautelare detentiva alle affermazioni, contenute nell’ordinanza impugnata, sulla gravità del reato, sui precedenti penali (peraltro riscontrati dallo stesso certificato penale dell’indagato che lo ha allegato ai fini dell’autosufficienza del ricorso), e sulla disponibilità dell’arma clandestina, adeguatamente valutate dal Tribunale come legittimamente fondanti una prognosi, più che concreta, di un attuale pericolo di reiterazione criminale e di commissione dei reati caratterizzati da violenza e integranti un rischio cautelare tale da rendere adeguata la misura adottata.

Tali affermazioni, sorrette da motivazione congrua e logica, sono sicuramente contenute entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (Sez. 4^, n. 4842 del 02/12/2003, dep. 06/02/2004, Elia ed altri, Rv. 229369), e, pertanto, sottratta a sindacato di legittimità. 4. Il ricorso essendo infondato deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

La Cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento del Direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 – ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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