Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 17-11-2010) 26-01-2011, n. 2685 Esecuzione di pene detentive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 4 febbraio 2010 il Tribunale di sorveglianza di Bari, premesso che il 30 novembre 2009 la Procura della Repubblica di Bari aveva disposto che la pena inflitta a T.A. con sentenza del 3 dicembre 2008 del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Bari, pari ad anni tre e mesi dieci di reclusione, con decorrenza 11 giugno 2008 e scadenza 25 febbraio 2012, dovesse proseguire agli arresti domiciliari ai sensi dell’art. 656 c.p.p., comma 10.

– ha dichiarato inammissibile l’istanza di detenzione domiciliare, proposta da T., per essere superiore a due anni la pena residua da espiare;

– ha rigettato l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale, ritenuta non idonea ad un concreto recupero sociale per la "quantità, recentezza e gravità dei reati commessi", atteso che l’istante aveva un precedente per abuso di ufficio e una pendenza per truffa, aveva tenuto una condotta agli arresti domiciliari non del tutto regolare e il suo datore di lavoro aveva due denunce a carico;

– ha ammesso l’istante al beneficio della semilibertà, ritenuta misura idonea al graduale reinserimento sociale, indicando le prescrizioni per lo svolgimento dell’attività lavorativa e assegnando il condannato ad Istituto di pena più vicino al luogo di lavoro.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione Trerotoli, il quale, con unico articolato motivo, lamenta violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), in relazione all’omessa concessione della misura alternativa dell’affidamento in prova ai servizi sociali (erroneamente indicata in ricorso come prevista dall’art. 47 – ter Ord. Pen.), sotto un triplice profilo.

In particolare, il ricorrente, con riguardo alla non regolare condotta agli arresti domiciliari desunta dal Tribunale da due segnalazioni, rileva che le stesse fanno riferimento a fatti non solo non penalmente rilevanti ma non costituenti violazioni, essendovi stata per la prima sentenza assolutoria perchè il fatto non costituisce reato ed essendosi accertato per la seconda che l’allontanamento dal luogo degli arresti domiciliari era stato autorizzato per il raggiungimento del posto di lavoro; con riguardo alla inaffidabilità del datore di lavoro, denunciato in stato di libertà per due episodi, rileva l’assenza di nesso con gli addebiti mossigli; e alle recenti condotte criminose oppone il percorso di rivisitazione critica e il graduale reinserimento sociale già intrapreso.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta ed ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

Tale conclusione non discende dal rilievo che con il ricorso non sia denunciato il vizio della violazione di legge, ma solo un vizio di motivazione, bensì dal rilievo della manifesta infondatezza della censura svolta.

2. Deve, infatti, osservarsi in via preliminare che la disposizione normativa di cui all’art. 71 – ter Ord. Pen., a tenore della quale il ricorso per cassazione avverso le ordinanze del Tribunale di sorveglianza è limitato alla sola violazione di legge, è da ritenere non più operante per effetto del disposto dell’art. 236 disp. coord. c.p.p., comma 2, (secondo cui "nelle materie di competenza del Tribunale di sorveglianza continuano ad osservarsi le disposizioni della L. 26 luglio 1975, n. 354, diverse da quelle contenute nel capo 2-bis del titolo 2 della stessa legge", capo nel quale è compreso l’art. 71 – ter), e che non vi sono altre disposizioni che, nelle materie di competenza del Tribunale di sorveglianza, limitano il ricorso alla sola violazione di legge (Sez. U, n. 31461 del 27/06/2006, dep. 22/09/2006, Passamani, Rv. 234147;

Sez. 1, n. 44970, del 17/11/2009, dep. 24/11/2009, non massimata).

I vizi deducibili sono, pertanto, quelli previsti dall’art. 606 c.p.p., con le limitazioni connesse alla natura del sindacato di legittimità. 3. Secondo il costante orientamento di questa Corte, l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione, quando sia denunciato come nella specie un vizio di motivazione, ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verifica re l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, dep. 02/07/1997, Dessimone e altri, Rv. 207944).

L’illogicità della motivazione, come vizio denunciarle, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purchè siano spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, dep. 16/12/1999, Spina, Rv. 214794; Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, dep. 10/12/2003, Petrella, Rv. 226074).

4. Alla stregua di tali considerazioni, le doglianze svolte in ricorso sono manifestamente infondate.

4.1. Il Tribunale ha rigettato l’istanza di affidamento in prova ai servizi sociali fondando il suo convincimento su un giudizio prognostico che, in base ai dati acquisiti relativi al ricorrente, e in particolare al precedente per abuso di ufficio, alla pendenza per truffa, alla non corretta condotta agli arresti domiciliari e alla non assoluta affidabilità del datore di lavoro, non compatibili con l’eccessiva ampiezza delle prescrizioni che caratterizzano la misura richiesta, non consente di ritenere la stessa misura idonea ad un concreto recupero sociale.

Nel considerare incompatibile il chiesto beneficio, il Tribunale ha ritenuto idoneo e congruo a un graduale reinserimento sociale del condannato entro schemi di legalità il beneficio della semilibertà, pure richiesto, con specifiche prescrizioni, avuto riguardo allo svolgimento da parte dello stesso di un’attività lavorativa e al possibile esercizio di controlli più serrati imposti dal tipo di misura e dalla personalità del datore di lavoro.

4.2. Tali valutazioni espresse dal giudice di merito, adeguatamente giustificate sulla base dei dati fattuali acquisiti in ordine alla pericolosità del condannato, non contenibile con il più ampio beneficio richiesto, e correttamente improntate al principio della gradualità del trattamento e dell’osservazione nella concessione di benefici penitenziari, ripetutamente affermato da questa Corte (da ultimo, Sez. 1^, n. 39299 del 14/10/2010, dep. 05/11/2010, non massimata), resistono alle censure del ricorrente che propongono una rilettura nel merito, non consentita in questa sede.

5. Conseguono la declaratoria dell’inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè – valutato il contenuto del ricorso e in difetto dell’ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione dell’impugnazione – al versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma che si determina nella misura ritenuta congrua di Euro mille.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *