T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 21-01-2011, n. 145 Piano regolatore

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

R.G., proprietario di un terreno inedificato in Comune di Roé Volciano (fatto pacifico in causa), ha impugnato, con il ricorso rubricato al n°739/1999 una variante al P.R.G. di tale Comune, adottata e approvata con gli atti meglio indicati in epigrafe (doc. 1 ricorrente in ricorso n°739/1999, copia delibera di approvazione), sulla base di un’unica complessa doglianza, riconducibile secondo logica ai seguenti quattro motivi:

– con il primo di essi (corrispondente al Par. 1.1. del ricorso) deduce violazione dell’art. 2 comma secondo lettera f) della l. r. Lombardia 23 giugno 1997 n°23, in quanto la variante in parola sarebbe stata approvata con procedura semplificata in un caso non consentito dalla norma. Infatti, essa interessa un’area già classificata come C1, ma già edificata quasi per intero, sì che non si tratterebbe di modifica di ambito territoriale soggetto a piano attuativo;

– con il secondo di essi (corrispondente al Par. 1.2 del ricorso) deduce ulteriore violazione della norma citata, perché a suo dire l’adozione della variante a procedura semplificata non comprenderebbe la opportuna motivazione richiesta in tal senso;

– con il terzo motivo (corrispondente ai Par.Par. 2.1, 2.2 e 2.3 del ricorso) deduce violazione dell’art. 2 comma secondo lettera e) della stessa l. r. Lombardia 23/1997, in quanto a suo dire con la procedura semplificata non si potrebbe classificare un’area come SP, come fatto nel caso di specie per un terreno di sua proprietà, destinato a parco pubblico;

– con il quarto motivo (corrispondente ai Par.Par. residui del ricorso), deduce infine difetto di motivazione relativamente alla previsione dell’area SP suddetta, anche quanto all’articolo delle NTA che la riguarda.

Il Comune non si è costituito.

Nel distinto procedimento 383/2006, lo stesso R.G., unitamente ad altri comproprietari, ha impugnato gli atti con i quali, in sintesi, la destinazione a parco pubblico della sua area è stata concretata, precisando che l’area in questione è distinta al catasto di Roé Volciano al foglio 9, mappali 133, 871, 885, 966 e 2789 (v. ricorso principale in fascicolo 383/2006, p. 2; il dato è incontestato).

Più precisamente, con il ricorso principale, R.G., unitamente ai comproprietari V., N. e F.G., ha anzitutto impugnato la delibera, meglio indicata in epigrafe, di approvazione del progetto preliminare dell’opera (doc. 4 ricorrenti in ricorso 383/2006, copia di essa; tutte le successive citazioni di documenti si riferiscono a tale ricorso, se non diversamente indicato), nonché, quale atto presupposto, il piano dei servizi comunale, che l’aveva ulteriormente prevista in data successiva alla variante citata, sulla base di unica censura, riconducibile ai seguenti due motivi:

– con il primo di essi (prima parte della censura), deducono violazione degli artt. 8 lettera a), 9 e 10 del D.P.R. 8 giugno 2001 n°327, assumendo che l’opera pubblica per cui è causa sarebbe stata prevista senza che sussistesse un valido previo vincolo preordinato all’esproprio. Affermano infatti in proposito che, a loro dire, il vincolo già imposto con la variante al PRG approvata nel 1999, quella impugnata con il ricorso 739/1999, doveva considerarsi scaduto per il decorso del termine quinquennale, senza che il successivo piano dei servizi potesse valere a sostituirlo;

– con il secondo di essi (seconda parte della censura) deducono comunque eccesso di potere per asserita irragionevolezza della previsione dell’opera in parola.

Con successivi ricorsi per motivi aggiunti, notificati il 22 maggio e 6 luglio 2007, gli stessi ricorrenti, unitamente a certo A. B., hanno poi impugnato i successivi atti dell’iter di realizzazione dell’opera, in ispecie l’approvazione del progetto definitivo esecutivo (doc. 4 ricorrenti allegato al secondo ricorso per motivi aggiunti, copia di essa), sulla base dei seguenti otto motivi, che si enunciano proseguendo nell’ordine numerico di cui sopra:

– con il terzo motivo, corrispondente ai Par.Par. 1.1 e 1.2 del primo e del secondo ricorso per motivi aggiunti, reiterano i contenuti del motivo primo di cui sopra;

– con il quarto motivo, corrispondente al Par. 1.3 del primo e del secondo ricorso per motivi aggiunti, deducono che, quand’anche il vincolo si ritenesse reiterato dal piano dei servizi, si tratterebbe di reiterazione illegittima perché effettuata senza prevedere un indennizzo;

– con il quinto motivo, corrispondente al Par. 2 del primo e del secondo ricorso per motivi aggiunti e ai Par.Par. 4, 5, 6 e 7 di quest’ultimo, reiterano i contenuti del motivo secondo di cui sopra, meglio illustrando le ragioni per cui a loro avviso la previsione dell’opera sarebbe illogica;

– con il sesto motivo, corrispondente al Par. 3 del primo e del secondo ricorso per motivi aggiunti, ed unico riferibile a tale soggetto, deducono violazione dell’art. 11 del T.U. espropriazioni, per omissione dell’avviso di inizio del procedimento nei confronti di A. B., la cui qualità non è peraltro precisata;

– con il settimo motivo, corrispondente ai Par.Par. 8 e 11 del secondo ricorso per motivi aggiunti, deducono eccesso di potere per presunta difformità del progetto dalle previsioni di piano;

– con l’ottavo motivo, corrispondente al Par. 9 del secondo ricorso per motivi aggiunti, deducono violazione di legge perché la delibera di Giunta di approvazione del progetto farebbe menzione del parere della commissione edilizia senza indicarne gli estremi;

– con il nono motivo, corrispondente al Par. 10 del secondo ricorso per motivi aggiunti, deducono ulteriore violazione di legge per asserite irregolarità del decreto di vincolo ambientale e dell’autorizzazione idrogeologica;

– con il decimo motivo, corrispondente al Par. 12 del secondo ricorso per motivi aggiunti, censurano infine l’assenza di indicazioni sulla procedura da seguire per aggiudicare l’appalto dell’opera, anche quanto all’importo degli oneri di sicurezza.

Da ultimo, con il terzo ricorso per motivi aggiunti, notificato il 4 luglio 2008, i consorti G., formulando anche istanza cautelare, hanno impugnato gli atti esecutivi dell’esproprio (doc. ti 1 -5 ricorrenti allegati a tale atto, copie di essi), unitamente al citato A. B. e ad altra comproprietaria, A.G., sulla base dei seguenti ulteriori due motivi:

– con l’undecimo di essi, ripropongono come vizi di illegittimità derivata i motivi precedentemente dedotti;

– con il dodicesimo di essi, deducono asserita violazione dell’art. 23 T.U. espropriazioni, in quanto il decreto di esproprio non indica con precisione i confini del bene da acquisire.

Con memorie 29 luglio 2008 e 3 dicembre 2010, questa acquisita nella non opposizione della controparte, i ricorrenti hanno ribadito le loro asserite ragioni, sottolineando un presunto stato di abbandono in cui verserebbe l’opera, che nelle more del giudizio è stata realizzata.

Resiste il Comune di Roé Volciano, con memorie 8 luglio 2008 e 24 novembre 2010, nelle quali chiede che il ricorso sia respinto, sostenendo in particolare che il piano dei servizi, a suo tempo non impugnato dai ricorrenti, sarebbe stato idoneo strumento per reiterare il vincolo.

Respinta la suddetta istanza cautelare con ordinanza 1 agosto 2008 n°559, all’udienza del giorno 16 dicembre 2010 la Sezione tratteneva i ricorsi in decisione.
Motivi della decisione

1. In via preliminare, i ricorsi vanno riuniti, in quanto all’evidenza connessi per oggetto e titolo.

2. Va poi disattesa l’istanza istruttoria formulata nel ricorso principale del procedimento 383/2006, volta ad acquisire copia della deliberazione consiliare 15 settembre 2004 n°38, approvativa del piano dei servizi e degli allegati. La delibera stessa, infatti, è stata prodotta in copia come doc. 13 dalla difesa del Comune, né è stato ulteriormente spiegato a qual fine rileverebbe la richiesta acquisizione degli allegati, non meglio precisati, sì che la causa deve ritenersi documentalmente istruita.

3. Ciò premesso, il ricorso 739/1999 va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse. Come si evince in modo chiaro dalla narrativa, tale ricorso è rivolto contro le previsioni di piano, inserite in una variante, che contenevano la prima previsione dell’opera pubblica cui i ricorrenti si oppongono. La variante stessa però è stata sostituita da altra, quella costituita dal piano dei servizi approvato con la citata deliberazione 38/2004: di tale piano dei servizi, è controversa, come si vedrà, l’efficacia giuridica, non già il contenuto, che come è pacifico reitera sul punto la previsione della variante precedente.

4. Ciò posto, è applicabile il costante insegnamento del Consiglio di Stato, espresso da ultimo nella recente sez. IV 3 giugno 2010 n°3538: il ricorso avverso un piano urbanistico diviene improcedibile se nelle more del processo il piano stesso viene sostituito da altro, anche contenente prescrizioni identiche a quelle impugnate, in quanto non vi è più alcun interesse a discutere della legittimità di una disciplina non più vigente, nemmeno sotto il profilo risarcitorio, che anzi riguarderebbe una domanda non ancora presentata e si tradurrebbe quindi "in un inammissibile accertamento preventivo" valido oltretutto "nei confronti… di una generalità di parti indeterminate non costituite" nel processo di che trattasi.

5. Quanto al ricorso 383/2006, va anzitutto pronunciato il difetto di giurisdizione in ordine alla domanda di "annullamento" rivolta avverso gli atti di determinazione dell’indennità di esproprio e di deposito della stessa, ovvero dei provvedimenti 16 gennaio 2008 n°104 e 22 maggio 2008 n°280. Premesso che tale domanda non è stata sul punto specifico chiarita dai ricorrenti, va infatti ricordato che ai sensi dell’allora vigente art. 53 comma 2 del T.U. espropriazioni, peraltro riprodotto dall’art. 133 comma 1 lettera f) c.p.a., "resta ferma la giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa"; è a tale giudice quindi che vanno proposte le domande relative, nei termini di cui al dispositivo.

6. Va parimenti declinata la giurisdizione in favore del Giudice ordinario per la domanda di condanna alle spese proposta nei confronti del funzionario comunale autore di taluni degli atti impugnati, evocato in giudizio come persona fisica. E’ infatti noto che le domande proposte non già nei confronti dell’amministrazione, ma della persona fisica del funzionario autore degli atti impugnati spettano al G.O. secondo la regola generale, stante il chiaro disposto dell’art. 103 Cost., che preclude l’attribuzione al G.A. di controversie tra soggetti che vengano in considerazione come semplici privati e non come titolari di funzioni e compiti pubblici: espressamente in tal senso Cass. S.U. ord. 13 giugno 2006 n°13659.

7. Ciò posto, nelle residue domande di cui consta, il ricorso 383/2006 è in parte irricevibile, in parte infondato. L’assunto fondamentale da cui i ricorrenti muovono è la presunta mancanza, a monte di tutta la procedura di realizzazione dell’opera contestata, del vincolo preordinato all’esproprio, dato che quello contenuto nella variante del 1999 sarebbe scaduto di validità e il piano dei servizi successivamente approvato sarebbe stato inidoneo a reiterarlo.

8. L’assunto come tale non va condiviso. Il piano dei servizi in Lombardia è istituto all’epoca dei fatti di causa disciplinato dall’art. 22 della l.r. 15 aprile 1975 n°51, nel testo modificato dalla l.r. 15 gennaio 2001 n°1, secondo il quale "Al fine di assicurare una razionale distribuzione di attrezzature urbane nelle diverse parti del territorio comunale, il piano regolatore generale contiene…. uno specifico elaborato, denominato Piano dei servizi, che documenta lo stato dei servizi pubblici e di interesse pubblico o generale esistenti… e precisa… le scelte relative alla politica dei servizi di interesse pubblico o generale da realizzare nel periodo di operatività del piano regolatore generale". Era (ed è tuttora) quindi possibile che il Comune, nel redigere il piano dei servizi, non si limitasse a prendere atto dell’esistente, ma operasse anche delle "scelte… da realizzare", come è avvenuto con il parco pubblico di cui è causa.

9. L’art. 9 della stessa l.r. 1/2001 n°1 al comma 2 rende poi applicabile alla approvazione del piano dei servizi stesso la procedura semplificata di cui alla l. 23/1997, e ciò in via generale, non soltanto ove il piano stesso abbia in concreto contenuti riconducibili alla l. 23/1997: in tal senso anche la deliberazione di Giunta regionale 21 dicembre 2001 n°7586 citata anche dalla difesa del Comune. Ne segue quindi che il Comune ben poteva, come ha fatto, prevedere nel proprio piano di servizi l’opera in questione e approvare il piano siffatto con la procedura semplificata.

10. Da ciò, due conseguenze. In primo luogo, tale previsione di piano era del tutto idonea a reiterare il vincolo preordinato all’esproprio relativo all’area in parola, stante il chiaro disposto in tal senso dell’art. 9 comma 1 T.U. espropriazioni, per cui "Un bene è sottoposto al vincolo preordinato all’esproprio quando diventa efficace l’atto di approvazione del piano urbanistico generale, ovvero una sua variante, che prevede la realizzazione di un’opera pubblica o di pubblica utilità".

11. In secondo luogo, tale previsione di piano è ormai intangibile, dato che i ricorrenti non risultano avere impugnato nei termini la più volte ricordata delibera di sua approvazione. Secondo costante giurisprudenza, in particolare C.d.S. sez. IV 27 luglio 2007 n°4198, che si cita per tutte, infatti "in caso di reiterazione di vincoli a contenuto espropriativo posta in essere attraverso una variante del piano regolatore generale, il termine per l’impugnazione decorre dalla data di pubblicazione del piano, non essendo necessaria la notifica individuale dello strumento approvato". Si tratta infatti di "prescrizioni che in via immediata stabiliscono le potenzialità edificatorie della porzione di territorio interessata", che quindi sono immediatamente lesive e vanno immediatamente impugnate, come affermato da ultimo, proprio con riferimento alla localizzazione di opere pubbliche, da C.d.S. sez. VI 8 settembre 2009 n°5258.

12. Nella specie, quindi, il termine decorreva dalla pubblicazione all’albo pretorio della delibera, che ha avuto luogo per quindici giorni dal 22 settembre 2004 (v. doc. 13 Comune, cit.), ed è quindi spirato molto prima che il presente ricorso venisse proposto. Ne segue che i motivi dal primo al quinto, in quanto volti a denunciare presunti vizi della previsione del piano dei servizi, sono irricevibili perché tardivi.

13. Tali motivi peraltro, ove intesi come vizi degli atti di approvazione del progetto preliminare ovvero esecutivo dell’opera, sono comunque infondati nel merito. Ciò va detto per i motivi primo e terzo, perché come si è dimostrato il vincolo preordinato all’esproprio sussisteva.

14. Va però detto anche per i motivi secondo e quinto, perché come risulta da costante giurisprudenza, per tutte C.d.S. sez. IV 12 giugno 2009 n°3733, la localizzazione di un’opera pubblica è espressione di ampia discrezionalità dell’amministrazione, sindacabile in sede di legittimità nei soli casi di manifesta irragionevolezza, nella specie non ravvisabile. Infatti, le critiche rivolte dai consorti G. all’opera stessa, che a loro avviso sarebbe in sintesi scarsamente accessibile e fruibile da parte dei cittadini, esprimono non un giudizio di irrazionalità della scelta, quanto piuttosto un diverso apprezzamento della stessa, che non può essere valorizzato in questa sede, dato che appartiene al merito dell’azione amministrativa.

15. E’parimenti infondato anche il quarto motivo, in quanto, sempre per costante insegnamento di giurisprudenza, lo strumento urbanistico che reiteri un vincolo non deve a pena di illegittimità prevedere un indennizzo, spettando se mai al proprietario di attivarsi per ottenerlo: così per tutte C.d.S. a.p. 24 maggio 2007 n°7.

16. Il sesto motivo di ricorso è poi infondato in fatto, perché nulla dice, come rilevato anche nelle difese dell’amministrazione, sulle ragioni per cui A. B. avrebbe dovuto ricevere avviso di inizio del procedimento, dato che non si tratta di proprietario risultante al catasto (v. doc. 19 Comune, copia particellare di esproprio con visura).

17. Il settimo e il nono motivo di ricorso risultano invece inammissibili perché generici, poiché non spiegano in concreto in cosa le pretese difformità e irregolarità consisterebbero. In proposito, si nota che il secondo è formulato espressamente in via dubitativa (v. secondo ricorso per motivi aggiunti, p. 14 quartultimo rigo).

18. Il motivo ottavo, ancora, è infondato, perché il parere della commissione edilizia comunale è stato prodotto dall’amministrazione (doc. 25 Comune, copia di esso), né la sua espressa e precisa menzione è condizione di legittimità della procedura.

19. Il motivo decimo è invece inammissibile per carenza di interesse, dato che riguarda una fase futura della procedura, la gara di appalto per eseguire l’opera, del tutto estranea all’agire dei ricorrenti, che non risultano essere imprenditori del settore.

20. Da quanto precede, segue la reiezione del motivo undecimo, che prospetta una illegittimità derivata. Da ultimo, è infondato anche il dodicesimo motivo: ai sensi dell’art. 23 T.U. espropriazioni, l’individuazione precisa del bene oggetto di esproprio non è richiesta fra i requisiti del relativo decreto, e non a caso, in quanto a mente del successivo art. 24, tale individuazione avviene in contraddittorio con gli interessati, redigendo lo stato di consistenza del bene. E’ in tale fase che rilevano le eventuali inesattezze, comunque non senza limiti. Infatti, come affermato fra le molte da C.d.S. sez. IV 4 agosto 1986 n° 533, eventuali inesattezze riscontrabili in merito alla misurazione delle superfici espropriande possono essere considerate vizi dell’atto solo ed in quanto esse producano assoluta incertezza circa l’individuazione del bene oggetto dell’acquisto, incertezza che nella specie non consta verificatasi.

21. La particolarità e complessità della vicenda è giusto motivo per compensare per intero le spese fra le parti; peraltro, secondo legge, il contributo unificato rimane a carico dei ricorrenti, le cui domande non sono state accolte.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sui ricorsi di cui in epigrafe, li riunisce e così provvede:

a) dichiara improcedibile il ricorso n°739/1999 R.G.;

b) dichiara il difetto di giurisdizione in favore dell’Autorità giudiziaria ordinaria sul ricorso n°383/2006 quanto alle domande di annullamento dei provvedimenti 16 gennaio 2008 n°104 e 22 maggio 2008 n°280, concernenti la determinazione dell’indennità di esproprio e di condanna alle spese del Responsabile dell’area tecnica a titolo personale; assegna termine di mesi tre dalla comunicazione o notificazione della presente sentenza per riassumere la causa avanti il Giudice fornito di giurisdizione;

c) dichiara irricevibile il ricorso n°383/2006, quanto all’impugnativa della deliberazione 15 settembre 2004 n°38, con la quale il Consiglio comunale di Roé Volciano ha approvato il piano dei servizi;

d) respinge nel resto il ricorso n°383/2006, quanto alle residue domande proposte nei confronti del Comune di Roé Volciano;

e) compensa per intero le spese di lite fra le parti, ponendo il contributo unificato a carico definitivo dei ricorrenti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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