Cass. civ. Sez. III, Sent., 24-02-2011, n. 4499 Opposizione agli atti esecutivi Vendita

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. S.C. propone ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. avverso la sentenza della Corte di Appello di Torino n. 1513/05, pubbl. addì 11.10.05, con la quale è stato rigettato il suo unitario appello avverso le sentenze del Tribunale di Mondovì del 26.8.04 e del 4.4.00, rese nel corso di un giudizio di divisione immobiliare endoesecutivo, intentato da B.F. nei di lei confronti, vertente anche con la comproprietaria A.A. e nel quale è intervenuto lo Studio legale associato avv.ti Mario Prette, Fabrizio Bracco e Bruno Prette i.p.l.r.p.t.; in particolare:

1.1. con precedente ricorso ex artt. 615 e 617 c.p.c. la S. si è opposta all’ordinanza del 18.3.03 del g.i. del Tribunale di Mondovì, resa in detto giudizio di divisione, con cui è stata disposta la vendita dei beni immobili già oggetto di pignoramento:

1.1.1. invocando l’intervenuta estinzione del processo di divisione, per inerzia di oltre due anni dopo la precedente sentenza del 4.4.00, che aveva accertato l’indivisibilità dei beni in comunione tra la S. e la A., a seguito di rituale eccezione con comparsa del 25.2.03 dep. addì 11.3.03;

1.1.2. ricordando di avere formulato riserva di appello avverso la precedente sentenza del Tribunale del 4.4.00 o 29.5.00, con cui era stata dichiarata l’indivisibilità del compendio staggito;

1.1.3. contestando la ritualità dell’intervento dello Studio legale associato Prette e Bracco, inammissibile in un giudizio di divisione;

1.1.4. eccependo il decorso del termine per la prosecuzione nell’intervallo tra il deposito della sentenza del 29.5.00 e la sua registrazione (29.10.01);

1.1.5. chiedendo la declaratoria di estinzione del giudizio di divisione e l’inesistenza o nullità della costituzione dell’interventore, con revoca delle successive ordinanze;

1.2. l’interventore Studio legale associato ha replicato l’intervenuta tacita rinuncia ad eccepire l’estinzione (per tardività della sua formulazione) e comunque l’inammissibilità, in un giudizio di divisione, della relativa eccezione con un’opposizione ex art. 617 c.p.c.;

1.3. il Tribunale ha, con sentenza del 28.6.04, dichiarato inammissibile, in un giudizio di divisione, qualunque opposizione ex artt. 615 e 617 c.p.c.;

1.4. S.C. ha proposto appello – con il medesimo atto impugnando altresì la sentenza non definitiva sull’indivisibilità del bene resa dal Tribunale di Mondovì in data 4.4.00 (o, in altri passaggi del ricorso, 29.5.00) – e lo Studio legale associato ha resistito.

2. Il gravame così proposto è stato rigettato dalla Corte di Appello con la sentenza oggi impugnata:

2.1. per inammissibilità dell’opposizione ex artt. 615 e 617 c.p.c. dell’ordinanza resa dal g.i. di un giudizio di divisione ex art. 788 c.p.c., essendo possibile soltanto il ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost.;

2.2. per inammissibilità delle doglianze sull’intervento dello Studio legale associato (fondate sulla dedotta nullità per mancanza di verbale di costituzione avanti il cancelliere e per carenza di nota di iscrizione a ruolo, nonchè per carenza di valida prova sul credito), ritenendosi che l’appellante non avesse contestato la ratio decidendi dell’improponibilità con ricorso ex artt. 615 e 617 c.p.c. della questione; ma con rigetto delle doglianze stesse anche nel merito, rilevandosi: che l’intervento è avvenuto in un giudizio di divisione già in corso, che è tardiva l’eccezione di carenza di titolo e che comunque quest’ultimo non è necessario perchè si tratta di un intervento in un giudizio di divisione;

2.3. e, quanto all’appello proposto contro la sentenza 4.4.00 sull’indivisibilità del bene, sul rilievo della mancanza di prova sull’intervenuta approvazione della variante di piano regolatore (presupposto dell’aumento di valore del terreno, a sua volta in grado di rendere divisibile il compendio costituito da terreno e fabbricato; ma soprattutto sulla riscontrata sua tardività, non avendo la S. presentato tempestiva riserva di appello e comunque per la violazione del termine per appellare.

3. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la S., cui resiste con controricorso soltanto lo studio associato Prette – Bracco; e la causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 25.1.11, senza che nessuna delle parti abbia presentato memorie o sia comparsa.
Motivi della decisione

4. Avverso la sentenza della Corte di Appello la S. propone ricorso per cassazione, sviluppando tre motivi :

4.1. con un primo motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione all’art. 788 c.p.c., ella evidenzia che l’ordinanza ex art. 788 c.p.c. originariamente impugnata non era decisoria, nel caso in esame, perchè erano mancate contestazioni da risolvere;

4.2. con il secondo motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per vizio di motivazione sulla nullità dell’intervento di parte resistente, ella lamenta il mancato esame della questione e comunque la mancanza di argomenti, nella gravata sentenza, a sostegno delle enunciate conclusioni sul merito delle relative questioni;

4.3. con il terzo motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione agli artt. 307 e 340 c.p.c., sostenendo di avere formulato la riserva nella prima difesa utile effettivamente possibile;

4.4. e chiede la cassazione della gravata sentenza, con ogni consequenziale provvedimento, anche in ordine alle spese.

5. Resiste con controricorso esclusivamente lo Studio legale associato avv.ti Mario Prette, Fabrizio Bracco e Bruno Prette, il quale:

5.1. chiede la riunione – ex art. 274 c.p.c. – al ricorso per cassazione – n. 21582/05 r.g. – avverso la sentenza n. 220/04 del Tribunale di Mondovì, impugnata ex art. 617 ss. c.p.c. da A. A.;

5.2. quanto al primo motivo di ricorso, ribadisce che l’ordinanza del g.i. doveva essere impugnata solo con ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost. e che comunque a sua volta la relativa sentenza andava impugnata, ex art. 617 ss. c.p.c., solo con ricorso per cassazione;

5.3. quanto al secondo motivo, rileva che correttamente è stata riscontrata la mancata impugnazione di specifico argomento di inammissibilità – perchè doveva dispiegarsi impugnazione ex art. 111 Cost.. e che comunque correttamente è stata negata la fondatezza nel merito della doglianza di irritualità dell’intervento;

5.4. quanto al terzo motivo, evidenzia che trattavasi di sentenza definitiva e quindi insuscettibile di riserva di appello e comunque che essa è stata impugnata oltre quattro anni dopo il deposito;

6. Ciò posto, non può accogliersi l’istanza di riunione, visto che il ricorso n. 21582/05 r.g. risulta definito con ordinanza 4 marzo 2008 n. 5829 di questa Corte, che l’ha dichiarato inammissibile.

7. Quanto al ricorso principale:

7.1. in ordine al primo motivo, di cui sopra sub 3.1.:

7.1.1. a prescindere da ogni preliminare questione sull’ammissibilità di un appello avverso una pronuncia resa su ordinanza qualificata ex art. 617 c.p.c., va subito osservato che si pone la seguente alternativa: o l’ordinanza ex art. 788 c.p.c. decide controversie ed allora è decisoria e quindi impugnabile ex art. 111 Cost. (Cass. 12 febbraio 2000 n. 1572; o, a tutto concedere, secondo un più recente orientamento e ricorrendo determinati presupposti, con l’appello: Cass. 22 febbraio 2010 n. 4245), oppure non le decide;

7.1.2. in questo secondo caso occorre però valutare quale sia l’eventuale mezzo di impugnazione;

7.1.3. la ricorrente non illustra neppure i motivi per i quali una tale ordinanza possa assoggettarsi al rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi e quindi per quale ragione il suo motivo potrebbe poi condurre alla cassazione della sentenza che ha invece espressamente negato l’opponibilità;

7.1.4. può al contrario argomentarsi nel senso che si tratta semplicemente di un provvedimento ordinatorio, insuscettibile di qualunque rimedio immediato, tanto meno di quelli previsti per il procedimento esecutivo in senso stretto;

7.1.5. quanto a quest’ultimo punto, la circostanza del collegamento funzionale del giudizio divisorio cd. endoesecutivo (ex artt. 600 ss. c.p.c.) al procedimento esecutivo non rende affatto applicabile, se non altro nella fase anteriore alle operazioni di vendita vere e proprie come è nel caso di specie, i rimedi propri del secondo, ma invece sempre e solo quelli dell’ordinario giudizio di divisione: con la conseguenza che i provvedimenti resi dal giudice istruttore del giudizio di divisione cd. endoesecutivo anteriori alle operazioni di vendita vere e proprie sono soggetti al regime di impugnazione di quelli di un ordinario giudizio di cognizione e restano quindi, se di carattere meramente ordinatorio, solo revocabili o modificabili e rivedibili con la sentenza, ovvero, se di carattere impropriamente decisorio (in quanto risolutivi di controversie insorte nel frattempo), direttamente ed omisso medio appellabili, ma mai suscettibili di opposizione agli atti esecutivi;

7.1.6. di conseguenza, il motivo, con cui si sostiene l’opponibilità ai sensi dell’art. 617 c.p.c., è infondato;

7.2. in ordine al secondo motivo di ricorso, sempre a prescindere dai dubbi sull’ammissibilità stessa di un appello avverso una sentenza che ha definito – sia pure i in rito – un’opposizione agli atti esecutivi:

7.2.1. esso è inammissibile, perchè la Corte di Appello ha comunque affrontato, sia pure con motivazione molto stringata, nel merito le doglianze di inammissibilità o nullità dell’intervento, sicchè, oltre a dolersi della carenza di più ampia motivazione, la ricorrente avrebbe dovuto comunque sviluppare motivi di ricorso a sostegno del merito delle doglianze stesse;

7.2.2. le doglianze sono comunque infondate nel merito, perchè:

– o si intende l’intervento come dispiegato esclusivamente nel processo ordinario di cognizione in cui quello di divisione cd. endoesecutivo si risolve: ed allora le contestazioni sull’intervento – se inteso nel solo giudizio di divisione – vanno risolte in uno al merito e comunque con sentenza, non ammettendosi di norma una parentesi cognitiva specificamente destinata alla risoluzione della relativa questione (e salva la facoltà di pronunciare sentenza non definitiva ai sensi dell’art. 187 c.p.c., comma 2 e ss.);

– oppure si intende l’intervento come dispiegato in via principale nel processo esecutivo e solo in via dipendente o mediata in quello di cognizione ad esso funzionale: ed allora la prova del credito, se non altro nel regime anteriore alle riforme degli artt. 499 e 500 c.p.c. di cui, rispettivamente, al D.L. 14 marzo 2005, n. 35, art. 2, comma 3, nn. 7 e 7-bis della lett. e) conv. con mod. in L. 14 maggio 2005, n. 80, il primo come modificato dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 1, comma 3, lett. c) ed all’art. 1, comma 2, lett. d) di tale ultima Legge, può essere fornita fino al momento della distribuzione e davanti al g.e. e quindi in una fase ancora futura del processo esecutivo, allo stato sospeso proprio per la pendenza del giudizio di divisione endoesecutiva;

in entrambi i casi, pertanto, risulta inammissibile, nel giudizio di cognizione in cui si risolve quello di divisione endoesecutiva, l’opposizione ai sensi dell’art. 617 c.p.c.;

7.3. quanto al terzo motivo di ricorso, esso è infondato, in quanto la riserva di appello è intervenuta, a prescindere da ogni questione della qualificabilità o meno di prima udienza utile successiva alla sentenza di quella in cui è stata dispiegata, comunque ben oltre il termine annuale per impugnare ex art. 327 c.p.c., come pure si legge, sia pure con maggiore attenzione all’altro profilo, nella gravata sentenza: in quanto il termine della prima udienza successiva, per la sua natura acceleratoria, può valere soltanto quando venga a scadere prima dell’ordinario termine di impugnazione (Cass. 5 settembre 2006 n. 19036): infatti, la sentenza risulta resa il 4.4.00 (o, in altri passaggi degli atti direttamente scrutinabili da questa Corte, il 29.5.00), mentre la riserva di appello l’appello è stato formulato con l’atto di citazione dinanzi alla Corte di Appello di Torino notificato il 23 ottobre 2004. 8. Il ricorso va quindi rigettato e la ricorrente va condannata alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, in favore del controricorrente.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna S.C. al pagamento, in favore dello Studio Associato Avvocati Mario Prette, Fabrizio Bracco e Bruno Prette, in pers. del leg. rappr.nte p.t., delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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