Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 17-11-2010) 26-01-2011, n. 2572 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Giudice di Pace di Reggio Emilia, con sentenza in data 12.11.2008, dichiarava B.M. colpevole per il reato di lesioni colpose lievi perpetrato a danno di R.C. a seguito di incidente stradale. Lo condannava, con la concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di Euro 800,00 di multa.

In fatto, era avvenuto che il giorno 21 febbraio 2006 il B., alla guida dell’autovettura Renault Megane, percorrendo la via (OMISSIS) con orientamento via (OMISSIS) e viale (OMISSIS), collideva per tamponamento con l’autovettura Mercedes 270 tgt (OMISSIS) condotta da R.C. che lo precedeva nella marcia, cagionando a costui lesioni personali guaribili in giorni 5.

Osservava il giudicante che la ricostruzione dell’occorso, nel senso dell’accertata responsabilità del conducente l’auto Renault Megane, trovava conferma in numerosi elementi probatori, tra cui le dichiarazioni della teste P.N. e della parte offesa.

Invero, l’imputato aveva violato l’art. 149 C.d.S., che impone agli automobilisti di tenere, rispetto al veicolo che precede, una distanza di sicurezza tale che sia garantito in ogni caso l’arresto tempestivo e siano evitate collisioni con i veicoli che precedono.

2. L’imputato proponeva ricorso per cassazione.

Eccepiva l’inosservanza del D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, art. 35, e art. 152 c.p.. Difatti, egli avrebbe dovuto essere prosciolto per estinzione del reato ai sensi della normativa sul Giudice di Pace per avere provveduto a risarcire integralmente i danni alla parte offesa;

altresì, il difensore della parte offesa aveva espressamente rinunciato alla costituzione di parte civile dichiarando che era intendimento della parte offesa di rimettere la querela.

Nel merito, osservava che la ricostruzione dei fatti si fondava sulle dichiarazioni rese dalla teste P. e dal soggetto passivo del reato R.C., che presentavano chiari indici di inattendibilità.

Aggiungeva che il quadro probatorio acquisito, comunque, non avrebbe consentito di pervenire ad una sicura decisione di colpevolezza nei suoi confronti, mentre nel dubbio avrebbe dovuto essere pronunciata sentenza di assoluzione ai sensi dell’art. 530 c.p.p., comma 2.

Al riguardo evidenziava che il Giudice senza motivo non aveva ammesso le prove testimoniali e documentali richieste da esso ricorrente, in violazione dell’art. 495 c.p.p..

Chiedeva l’annullamento della decisione.
Motivi della decisione

1. Il ricorso si palesa Inammissibile perchè manifestamente infondato. Invero, le eccezioni processuali sollevate non sono accoglibili. In particolare, risulta dagli atti che la parte civile costituita R.C. non ha presentato le conclusioni a norma dell’art. 523 c.p.p., dal che deve dedursi in effetti la revoca implicita della costituzione ai sensi dell’art. 82 c.p.p.. Peraltro, in una memoria depositata nel corso del giudizio di primo grado la parte interessata rappresentava di non avere ricevuto un congruo risarcimento dalla Società assicuratrice tenuta, per cui evidentemente non è configurabile l’ipotesi di estinzione del reato conseguente a condotte riparatone, prevista dal D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 35.

D’altro canto, nel merito, il giudice risulta avere ricomposto in fatto l’occorso sulla base di elementi probatori correttamente acquisiti ed apprezzati. Inoltre, è noto che la verifica che la Corte di Cassazione è abilitata a compiere sulla completezza e correttezza della motivazione non può essere confusa con una rinnovata valutazione delle risultanze acquisite da contrapporsi a quella fornita dal giudice di merito. Nè la Corte di legittimità può esprimere alcun giudizio sulla rilevanza ed attendibilità delle fonti di prova, poichè esso è in principio riservato al giudice di merito, con la conseguenza che le scelte da questo compiute, se aprenti sul piano logico con una esauriente analisi delle risultanze probatorie recepite, si sottraggono al sindacato di legittimità. 2. La declaratoria di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ragioni di esonero, anche al versamento della sanzione pecuniaria ex art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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