Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 16-11-2010) 26-01-2011, n. 2769

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 17-11-2009 il Giudice monocratico del Tribunale di Milano, nel procedimento di appello instaurato sull’impugnazione di parte civile – nei confronti di F.G.A.C., imputato del reato di lesioni ex art. 582 c.p. in danno di C. C. – (per il quale il Giudice di Pace in data 9-4-09 aveva assolto l’imputato per non aver commesso il fatto, ed aveva altresì assolto per il delitto di minaccia sub B) lo stesso imputato perchè il fatto non sussiste) – in accoglimento del gravame di parte civile, in riforma della sentenza innanzi citata condannava il F. al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile, C.C., liquidati in complessivi Euro 5.000,00=, con clausola di immediata esecutività ai sensi dell’art. 605 c.p.p., comma 2, e condannava inoltre l’imputato al rimborso delle spese sostenute in giudizio dalla predetta parte lesa, come da dispositivo.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo la inammissibilità dell’impugnazione proposta dalla parte civile avverso la sentenza di assoluzione pronunziata dal Giudice di Pace, e la mancata applicazione, da parte del Giudice di Appello, dell’art. 591 c.p.p., comma 2.

A riguardo evidenziava che nell’atto di impugnazione la parte civile non aveva fatto riferimento in alcun punto alla domanda risarcitoria, e non aveva menzionato richieste in base a motivi riferiti al nesso di causalità tra l’azione e l’evento lesivo, atteso che l’appello avrebbe dovuto essere circoscritto ai soli effetti civili della decisione di primo grado.

Pertanto evidenziava che era carente uno dei requisiti di ammissibilità dell’appello, formulato dalla Parte civile ai sensi dell’art. 576 c.p.p., e che a tal fine non aveva valore la mera riserva espressa nell’atto di impugnazione, di riproporre richieste risarcitorie in sede di giudizio, atteso che, per il principio di unicità dell’atto di impugnazione, i requisiti formali dello stesso, ai sensi dell’art. 581 c.p.p., devono coesistere.

In tal senso il ricorrente rilevava che si era pronunziata la giurisprudenza di legittimità(citando massima a fl. 8 dei motivi di ricorso: – Cass. Sez. 2, 31-01-2006, n. 5072).

Con il secondo motivo la difesa di parte civile deduceva la mancata applicazione, in riferimento alla deposizione della persona offesa, C., dell’art. 197 c.p.p., lett. B), art. 210 c.p.p., comma 6 e art. 192 c.p.p., comma 4 e la mancanza di motivazione della sentenza di appello. (v. fl. 9 del ricorso).

A riguardo, richiamando sentenza della Corte costituzionale, n. 294 del 2000, il ricorrente evidenziava la suddetta violazione dei criteri di valutazione delle dichiarazioni rese dalla C., essendo stata la predetta denunziata per calunnia dal F., fatto rilevato dalla difesa, che avrebbe determinato l’incompatibilità della C. a rendere la deposizione, e d’altra parte tale situazione era stata rappresentata al Tribunale, all’udienza del 17-11-2009 (v. fl. 9 del ricorso).

Si riteneva dunque erronea la sentenza per avere escluso la necessità di verificare l’attendibilità intrinseca ed i riscontri alle dichiarazioni della C.. (il ricorrente richiamava sul punto la motivazione a fl. 3 della sentenza).

In tale situazione il ricorrente riteneva pertanto disattesa la norma enunciata dall’art. 210 c.p.p., comma 6, nonchè l’art. 192 c.p.p. (v. fl. 11 dei motivi di ricorso) – non essendo stata accertata l’attendibilità intrinseca della persona offesa – (essendo necessario verificare i tre presupposti: 1) l’attendibilità del dichiarante valutata in relazione alla persona stessa; 2) l’attendibilità intrinseca delle dichiarazioni, desunta da elementi quali la spontaneità, la verosimiglianza e la precisione; 3) l’esistenza dei riscontri esterni).

Diversamente, ad avviso del ricorrente, il Tribunale aveva omesso di applicare il combinato disposto di cui all’art. 197 c.p.p., lett. B), art. 210 c.p.p., comma 6 e art. 192 c.p.p., comma 4, omettendo di procedere alla verifica della attendibilità della dichiarante C., in tal modo incorrendo nella violazione dell’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4, onde il ricorrente riteneva sussistente il richiamato vizio di motivazione della impugnata sentenza, non avendo il Tribunale fatto riferimento al percorso logico seguito per ritenere attendibile la predetta parte civile.

In conclusione chiedeva – in via principale – dichiararsi l’inammissibilità dell’appello proposto dalla Parte civile avverso la sentenza del Giudice di Pace di Milano in data 9-4-09, e l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato. In subordine, chiedeva, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, l’annullamento della impugnata sentenza, con rinvio ad altro Giudice di appello.
Motivi della decisione

La Corte rileva che i motivi di ricorso devono ritenersi privi di fondamento.

In ordine al primo motivo, si rileva che l’appello della parte civile risulta formulato nel rispetto dei requisiti richiesti dagli artt. 576 e 581 c.p.p..

A riguardo va evidenziato – ai fini dell’art. 581 c.p.p. che secondo giurisprudenza di questa Corte (v. Sez. 6, 14-12-1993, n. 11417, Asilo, la "mancanza della richiesta" comporta la declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione.

Tale mancanza non si ravvisa nell’atto di impugnazione avanzato dalla parte civile, per il riferimento alle richieste risarcitorie, che si sarebbero addotte in dibattimento, e d’altra parte essendo i motivi di impugnazione articolati con plurimi riferimenti alle certificazioni mediche attestanti i danni fisici subiti dalla parte lesa, oltre che ad elementi che il giudice di primo grado avrebbe potuto desumere da deposizioni testimoniali.

Pertanto non può condividersi la censura del ricorrente riferibile alla assoluta mancanza di richieste risarcitorie, nè di inadeguatezza delle richieste avanzate dalla partenti presenza di esplicito riferimento articolato nell’atto di appello, essendo facoltà dell’appellante quella di perfezionare il petitum chiaramente desumibile dal riferimento alle lesioni documentalmente certificate, subite secondo l’appellante dalla parte lesa in occasione dell’episodio oggetto di imputazione.

Innanzi al Tribunale, legittimamente risultano poi formulate le richieste della Parte civile, che concluse chiedendo il risarcimento dei danni morali e materiali con concessione di una provvisionale immediatamente esecutiva.

2 – Quanto al secondo motivo di gravame si deve ugualmente ritenere priva di fondamento la censura del ricorrente attinente alla pretesa incompatibilità della persona offesa, C.C., rendere la deposizione.

Orbene la difesa dell’imputato assumeva di aver eccepito l’incompatibilità della sig. C. all’udienza del 17-11-2009, innanzi al Tribunale, ed evidenziava che resta ancora pendente il procedimento per calunnia in attesa di fissazione dell’udienza ex art. 409 c.p.p..

Per tali elementi il ricorrente riteneva che il Giudice avrebbe dovuto esaminare la parte civile secondo l’art. 210 c.p.p., comma 6, e che il giudice di appello avrebbe dovuto valutare la deposizione della persona offesa ai sensi dell’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4, unitamente ad altri elementi che ne confermassero l’attendibilità.

In tal senso la sentenza si riteneva fondata su erronea valutazione delle predette dichiarazioni che si erano ritenute attendibili pure si prive di riscontri, in violazione del citato disposto normativo, avendo il Tribunale erroneamente ritenuto non applicabile il combinato disposto dell’art. 197 c.p.p., lett. b) e art. 210 c.p.p., comma 6, nonchè art. 192 c.p.p., comma 4.

In ogni caso, a prescindere da tale violazione di leggera sentenza doveva secondo il ricorrente ritenersi carente nella motivazione circa l’attendibilità della persona offesa.

Orbene tali deduzioni si rivelano destituite di fondamento, atteso che dai verbali di udienza menzionati nel ricorso (ud. 26-9-2008 e 17- 11-2009) non emerge che innanzi al Giudice di Pace sia stata rilevata l’incompatibilità della persona offesa a rendere la deposizione sui fatti di causa. Infatti in tale sede la difesa dell’imputato si era limitata ad opporsi ad una domanda rivolta alla p.o. C. affinchè riferisse dell’aggressione subita dal figlio ad opera del F.;- inoltre la stessa difesa si era semplicemente opposta all’acquisizione di una sentenza di condanna del F., perchè non definitiva.

Restano in tal senso prive di fondamento le censure del ricorrente inerenti alla mancata applicazione e violazione dell’art. 197 c.p.p., lett. B) oltre che dell’art. 192 c.p.p. come richiamato innanzi, non essendo individuata nella specie, in sede di merito, l’esistenza di alcuna eccezione formulata innanzi al giudice procedente per esistenza di procedimento a carico della parte lesa collegato a quello in corso. Nè può definirsi del tutto carente la motivazione circa l’attendibilità della parte lesa, avendo il giudice di appello sottolineato che la versione resa dalla parte offesa era dotata di riscontri oggettivi che confermavano la rispondenza alla realtà dei fatti. Per tali motivi restano del tutto superate le censure articolate nel secondo motivo di ricorso, e questa Corte deve rigettare l’impugnazione, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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