T.A.R. Sicilia Palermo Sez. III, Sent., 21-01-2011, n. 115 Giurisdizione Espropriazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato l’8 giugno 2009 e depositato il giorno 18 seguente, i sig.ri F.D., F.G., G.F. e T.V., espongono di essere comproprietari dei 4/5 degli stacchi di terreno siti nel territorio del Comune di Gela, c.da Pozzillo, in catasto al foglio 141, p.lle 12, 13, 98, 580, 595, 608, 581, 596, 609, 630, 641, 631 e 642, estese complessivamente mq. 3.206, in forza di atto pubblico di compravendita del 31 dicembre 1973, in Notar Luigi Marino di Gela, e che il Comune di Gela, in forza della deliberazione della Giunta Comunale n. 145 del 18 luglio 2002, ha proceduto ai lavori di urbanizzazione primaria e secondaria del piano particolareggiato di recupero n. 3, 1° stralcio, occupando anche le predette particelle di loro proprietà e completandoli in data 14 marzo 2003.

Deducono i ricorrenti che, non essendo stato emesso dal Comune intimato alcun decreto di espropriazione, si sarebbe ormai verificata l’"occupazione acquisitiva" delle suddette aree; inoltre, poiché non sarebbe più possibile il ripristino nello stato quo ante per l’avvenuta realizzazione delle opere pubbliche, dichiarano di agire in giudizio optando per il risarcimento del danno subito sotto forma di equivalente monetario piuttosto che per la restituzione dei terreni irreversibilmente trasformati.

Precisano, inoltre, che si sarebbe interrotto il decorso del termine di prescrizione del diritto al risarcimento, per avere in precedenza azionato, con citazione notificata il 28 giugno 2006 innanzi al Tribunale civile di Gela, la odierna domanda risarcitoria, decisa con sentenza n. 75 del 20 marzo 2008, con declaratoria del difetto di giurisdizione del giudice ordinario adito.

Concludono, pertanto, chiedendo:

– l’accertamento dell’acquisto da parte del Comune di Gela della proprietà dei terreni di cui in epigrafe con decorrenza dal 14 marzo 2003;

– la condanna del Comune di Gela al risarcimento a proprio favore nella misura dei 4/5 della somma di Euro 368.690,00, (asseritamente) pari al valore venale dei terreni di loro proprietà alla data del 14 marzo 2003, aumentata degli interessi legali sulla predetta somma rivalutata anno per anno, fino all’effettivo soddisfo (indicando come parametro di determinazione del valore venale i dati contenuti nella perizia tecnica di parte depositata in atti);

– la condanna del Comune di Gela al pagamento della somma, da determinarsi relativamente ai 4/5 di Euro 368.690,00, a titolo di occupazione illegittima in funzione del tasso degli interessi legali per ogni anno di occupazione, con decorrenza sempre dal 14 marzo 2003, maggiorata dagli interessi legali sulla somma rivalutata anno per anno, fino all’effettivo soddisfo;

– la condanna del Comune di Gela al pagamento della somma, da determinarsi relativamente ai 4/5 di Euro 368.690,00, a titolo di occupazione legittima pari al tasso degli interessi legali per ogni anno di occupazione, con decorrenza sempre dal 14 marzo 2003, maggiorata dagli interessi legali sulla somma rivalutata anno per anno, fino all’effettivo soddisfo.

Formulano, in via istruttoria, la richiesta della nomina di un consulente tecnico d’ufficio, al fine dell’accertamento della consistenza degli stacchi di terreno illegittimamente occupati per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria di che trattasi e per la determinazione del valore venale delle stesse ai fini di cui all’azione risarcitoria esperita.

Il Comune di Gela, ritualmente intimato, non si è costituito in giudizio.

All’udienza pubblica del 14 gennaio 2011, su conforme richiesta di parte ricorrente, la causa è stata posta in decisione.
Motivi della decisione

1. Oggetto del ricorso è la domanda di risarcimento del danno per equivalente monetario, che sarebbe stato causato dall’occupazione illegittima del fondo di proprietà di parte ricorrente, irreversibilmente trasformato dalla realizzazione delle opere già dichiarate di pubblica utilità, a seguito della mancata conclusione del procedimento espropriativo con l’adozione del decreto di espropriazione, oltre quanto sarebbe dovuto a titolo di occupazione legittima, così come sembra potersi desumere, seppur in modo non del tutto chiaro, dal complesso delle domande formulate.

2. Va subito rilevato, in via preliminare, il difetto di giurisdizione di questo giudice riguardo all’accertamento del diritto al risarcimento (rectius: indennità) a titolo di occupazione temporanea legittima, perché rientrante nella giurisdizione del giudice ordinario, così come previsto dall’art. 34 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, sostituito dall’art. 7 della L. 21 luglio 2000, n. 205 (v. Cass., Sez. Unite Civili, ord. 6 maggio 2009, n. 10364) e ora dall’art. 133, lett. f), c.p.a., che nulla ha innovato in ordine alla giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità connesse all’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa, comprendenti sia le indennità di espropriazione, sia quelle dovute per l’occupazione temporanea d’urgenza ed espressamente attribuite dagli artt. 19 e 20 della L. n. 865 del 1971, alla speciale competenza in unico grado della Corte di Appello.

3.1. Passando all’esame, nel merito, degli altri capi di domanda, ritiene il Collegio, innanzitutto, che nel caso di specie non si ponga la questione della prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento del danno.

Nonostante l’eliminazione dal mondo giuridico dell’istituto della cd. acquisizione sanante di cui all’art. 43 del D.P.R.n. 327 del 2001, a seguito della dichiarazione di incostituzionalità di quest’ultima norma (Corte Cost., sent. sentenza 8 ottobre 2010, n. 293) non può, per ciò stesso, "riesumarsi" l’istituto di origine giurisprudenziale della "espropriazione sostanziale" – nelle due ipotesi alternative della occupazione acquisitiva o usurpativa – perché in contrasto con l’ordinamento comunitario (decisioni della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 30 maggio 2000, n. 24638/94, Carbonara e Ventura e n. 31524/96, Società Belvedere Alberghiera).

Resta, pertanto, condivisibile l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la condotta dell’ente pubblico che occupa sine titulo il suolo privato, continua a essere qualificabile come illecito permanente che non produce effetto acquisitivo della proprietà del bene a proprio favore ma, soltanto, quello di sottrarre illegittimamente il possesso del bene al proprietario; pertanto, in qualunque momento, il proprietario "spogliato" può agire nei confronti dell’ente pubblico, senza dover sottostare al termine prescrizionale quinquennale decorrente dalla trasformazione irreversibile del bene: l’unico limite temporale che in tale fattispecie può essere individuato è quello derivante dall’acquisto per usucapione ventennale del bene, eventualmente maturato dall’ente pubblico (in termini, T.A.R. Sicilia, Palermo, III, 2 settembre 2009, n. 1462).

3.2. Ciò posto, si ritiene sussistente il diritto al risarcimento del danno, sotto forma di equivalente monetario, come alternativa alla restituzione del suolo espressamente esclusa da parte ricorrente.

3.3. La questione che adesso va affrontata consiste nello stabilire se, ed eventualmente a quali condizioni, alla proposta domanda di risarcimento del danno per equivalente possa ricondursi l’effetto dell’abdicazione al diritto di proprietà sul bene irreversibilmente trasformato.

A tal proposito giova ricordare che, durante la vigenza dell’art. 43 d.p.r. 327/2001cit., si è ritenuto che la proposizione della domanda espressa di risarcimento del danno subito, in luogo di quella restitutoria, non portasse con sé l’implicita rinuncia al diritto di proprietà del bene illegittimamente occupato, neppure a fronte della sopravvenuta irreversibile trasformazione del suolo per effetto della realizzazione dell’opera pubblica: donde la necessità che l’amministrazione, in ogni caso, facesse ricorso all’apposito rimedio eccezionale di cui all’art. 43 predetto (in tal senso, Cons. Stato, Ad. plen., 29 aprile 2005, n. 2; Cons. Stato, IV, 21 maggio 2007, n. 2582; T.A.R. Calabria, Catanzaro, I, 1° luglio 2010; T.A.R. Sicilia, Palermo, III, 29 aprile 2010, n. 6065; T.A.R. Campania, Napoli, V, 1° settembre 2009, n. 4865; T.A.R. Campania, Napoli, V, 27 maggio 2008, n. 5083; T.A.R. Puglia, Bari, III, 14 luglio 2008, n. 1751 e 22 settembre 2008, n. 2176; T.A.R. Abruzzo, Pescara, 25 giugno 2008, n. 601; T.A.R. Calabria, Catanzaro, I, 28 maggio 2008, n. 583; T.A.R. Sicilia, Catania, II, 12 maggio 2008, n. 894 e 18 novembre 2008, n. 2098).

Secondo una diversa interpretazione, al momento della proposizione della domanda risarcitoria per equivalente si verificherebbe anche l’effetto abdicativo del diritto di proprietà in favore dell’amministrazione, alla cui data, pertanto, va determinato il valore venale del bene utile ai fini della quantificazione del danno (cfr. C.G.A., 10 novembre 2010, n. 1410; 18 febbraio 2009, nn. 49, 51 e 52; T.A.R. Sicilia, Catania, II, 23 febbraio 2010, n. 373).

Tale tesi, formatasi nel vigore dell’art. 43 cit., prevedeva, comunque, l’adozione dell’atto formale di trasferimento – ai sensi dell’art. 43 citato -, con trascrizione del decreto nei registri immobiliari.

Oggi, pur essendo venuto meno l’istituto della c.d. acquisizione sanante, ritiene il Collegio di mantenere fermo il proprio precedente orientamento secondo il quale il trasferimento del diritto di proprietà in capo alla P.A. non è effetto della rinuncia al diritto di proprietà esplicitamente o implicitamente connessa alla domanda di risarcimento del danno per equivalente, sospensivamente condizionata all’accoglimento dell’azione proposta dinanzi al giudice, bensì, dell’apposito accordo di cessione conseguente al riconoscimento giudiziale della sussistenza di un danno ingiusto risarcibile, ipotesi, peraltro, già applicabile in alternativa all’istituto dell’acquisizione sanante, prima della dichiarazione di incostituzionalità di quest’ultimo (in termini, v. T.A.R. Sicilia, Palermo, III, 2 dicembre 2010, n. 14232).

Si può, dunque, concludere affermando il necessario collegamento tra il diritto al risarcimento integrale del danno subito e la perdita del diritto di proprietà del bene stesso, non potendo certo il privato ottenere un ristoro per equivalente superiore al danno medesimo.

In altre parole, il conseguimento del risarcimento deve essere accompagnato dal formale trasferimento della titolarità della proprietà in capo all’Amministrazione, in applicazione del principio che vieta l’arricchimento senza causa, derivandone altrimenti l’illegittima locupletazione del privato, che rimarrebbe titolare della proprietà, pur dopo averne conseguito il valore.

3.4. Poste tali premesse ermeneutiche, si rileva che, nel caso di specie, il ristoro del danno per equivalente è stato chiesto da parte ricorrente stante l’irreversibile trasformazione del bene e la sua destinazione a fini di pubblica utilità.

Anche in mancanza dell’acquisto del bene da parte del Comune, – esclusa la possibilità giuridica della "occupazione acquisitiva" e la figura della rinuncia al diritto da parte del proprietario per effetto della proposizione della domanda restitutoria – il protrarsi dell’occupazione sine titulo del fondo e la suindicata perdita di disponibilità dello stesso per la parte ricorrente proprietaria – dati di fatto non contestati, data la mancata costituzione in giudizio del Comune di Gela – giustificano l’accoglimento della domanda di risarcimento: che, nel caso di perdita definitiva della proprietà, corrisponde al valore venale del bene, oltre al risarcimento del danno subito, da individuarsi nell’occupazione senza titolo dell’area con conseguente perdita della sua disponibilità.

Ritiene il Collegio che, tuttavia, al fine della determinazione del valore venale del bene, non siano adeguate le considerazioni estimative contenute nella relazione del consulente tecnico di parte ricorrente depositata in atti, il cui contenuto appare piuttosto generico per quel che concerne, sia il requisito dell’edificabilità legale e il carattere edificatorio effettivo dell’area di ubicazione delle particelle occupate, sia la stima del valore venale ivi indicato che risulta effettuata con riferimento alla data 7 novembre 2002, indicata come quella di immissione in possesso, senza specificazione se trattasi del momento di cessazione della occupazione temporanea d’urgenza sorretta da provvedimento ad hoc ovvero del momento iniziale della occupazione di fatto illegittima.

3.5. Da quanto sopra segue l’accoglimento, per questa parte, del ricorso, con conseguente condanna del Comune intimato, al pagamento, in favore di parte ricorrente, del risarcimento dei danni per l’occupazione illegittima, la cui misura dovrà essere però oggetto di accordo tra i ricorrenti e il Comune medesimo, nei termini che seguono.

Il Comune di Gela, pertanto, provvederà a stipulare con la parte ricorrente un atto di natura contrattualeprivatistica, idoneo a determinare il trasferimento della proprietà del bene de quo, che, altrimenti, continuerebbe a rimanere sine die nella sfera di proprietà della ricorrente, ancora intestataria, con tutte le conseguenze anche giuridiche e fiscali connesse, e con il quale dovrà essere quantificato il danno risarcibile secondo i criteri di seguito indicati, ai sensi dell’art. 34, comma 4, c.p.a.:

a) la stima del valore venale delle particelle individuate in epigrafe dovrà essere determinata dal Comune di Gela con riferimento alla data di scadenza del periodo di occupazione legittima – se effettivamente avvenuta – che segna il termine finale per l’emanazione del decreto di esproprio prima dell’insorgenza di una situazione illegittima di occupazione sine titulo ovvero al momento iniziale dell’occupazione di fatto illegittima ab origine, poiché sono tali circostanze, alternative, che, unite all’irreversibile trasformazione del bene, rendono concreto quel danno ingiusto, richiesto dall’art. 2043 c.c. per il riconoscimento della tutela per equivalente;

b) il danno da risarcire sarà determinato moltiplicando l’estensione dei terreni occupati per il valore venale – da stimarsi alla data di cessazione della occupazione legittima ovvero al momento iniziale dell’occupazione di fatto illegittima ab origine come indicato al lettera a) che precede -, secondo la loro destinazione urbanistica, elementi tutti che dovranno essere determinati dal Comune di Gela; su tale importo vanno calcolate le somme dovute a titolo di rivalutazione monetaria, dalla data dell’occupazione sine titulo fino al momento della stipulazione dell’accordo di cessione;

c) su tale somma, costituente la sorte capitale di un debito di valore, andranno, altresì, corrisposti, gli interessi moratori al tasso legale sulle somme anno per anno rivalutate secondo indice ISTAT dei prezzi al consumo, dal momento dell’occupazione illegittima, fino al momento della stipula dell’accordo di cessione;

d) sulla somma così determinata, andranno calcolati e corrisposti gli interessi legali dal momento della stipulazione dell’accordo di cessione fino a quella di effettivo soddisfo;

e) qualora il Comune di Gela e la parte ricorrente non concludano alcun accordo, quest’ultima potrà chiedere a questo Tribunale l’esecuzione della presente sentenza, per l’adozione delle misure consequenziali, salva la trasmissione degli atti alla Corte dei conti per la valutazione dei fatti che hanno condotto alla medesima fase del giudizio.

4. Conclusivamente:

– il ricorso va dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo adito con riguardo alla domanda di risarcimento del danno (rectius: indennità) per occupazione legittima.

In forza dell’art. 59 della legge 18 giugno 2009, n. 69, e dell’art. 11, comma 2, del c.p.a., è consentito alle parti di proseguire il giudizio presso il giudice munito di giurisdizione – nel caso di specie quello ordinario, tenendo conto della speciale competenza in unico grado della Corte di appello – entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente sentenza, con salvezza degli effetti già prodottisi all’atto della proposizione dell’azione avanti a questo giudice, secondo quanto stabilito dalla norma citata;

per il resto, va accolto, nei termini sopra esposti e, per l’effetto, va pronunciata la condanna del Comune di Gela a risarcire il danno cagionato ai ricorrenti a causa dell’occupazione (divenuta sine titulo o, eventualmente, di fatto e illegittima ab origine) dei terreni di loro proprietà, secondo le statuizioni più sopra enunciate.

5. Le spese di lite, secondo la regola della soccombenza, devono porsi in capo all’amministrazione intimata, nella misura indicata nel dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione terza, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, come sopra proposto:

a) lo dichiara in parte inammissibile, secondo quanto precisato in motivazione, per difetto di giurisdizione in favore del giudice ordinario;

b)per il resto, lo accoglie nei sensi e per gli effetti specificati in motivazione.

Condanna il Comune di Gela, in persona del Sindaco pro tempore, al pagamento in favore dei ricorrenti, in parti eguali, delle spese di giudizio che si liquidano in complessivi Euro 2.000,00 (euro duemila/00), oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge e alla rifusione del contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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