Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 21-10-2010) 26-01-2011, n. 2617 Revoca e sostituzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

V.M. ricorre in cassazione avverso l’ordinanza, in data 4.08.2010, del Tribunale di Roma – sezione per il riesame – con cui è stato rigettato l’appello proposto avverso le ordinanze di rigetto di istanze della sostituzione della misura della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari, emessa il 25.06.2010 dal GIP presso il Tribunale dello stesso capoluogo.

Si denuncia violazione di legge con riferimento all’art. 299 c.p.p., comma 4 ter e art. 275 c.p.p., comma 4 bis.

Si premette che il V. ha lamentato condizioni di salute gravi che necessitano di urgenti cure non praticabili all’interno del carcere ed ha, quindi, invocato la sostituzione della misura in atto con gli arresti domiciliari. In data 28.05.2010, stanti le condizioni di grave sofferenza e l’assenza di un adeguato intervento sanitario, il V. inizia uno sciopero della fame. Lo stesso giorno il sanitario incaricato dall’istituto carcerario richiede una RMN urgente per il detenuto affetto da probabile patologia erniaria, con conseguente impotenza funzionale e grave difficoltà alla deambulazione. Nonostante già dal 29 maggio successivo il GIP avesse autorizzato l’accompagnamento del detenuto in un centro diagnostico esterno per essere sottoposto ad una serie di accertamenti clinici, ciò non è mai stato attuato. In data 9 giugno il V. è stato visitato da un consulente di parte, prof. B.G., il quale ha diagnosticato "malattia acuta particolarmente grave per la quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con l’ulteriore protrazione dello stato di detenzione". Il 18 giugno il medico della Casa Circondariale rapporta al GIP che sono stati richiesti esami diagnostici e visita specialistica ortopedica e che il paziente è trattato farmacologicamente, peraltro in modo discontinuo stante altra patologia epatica che ne sconsiglia l’assunzione di frequente. Il 21 giugno il sanitario del carcere precisa che in attesa degli esami richiesti non si può esprimere parere circa la eventuale compatibilità del detenuto con il regime detentivo. Il 3 agosto si attesta che sono state effettuate due visite ortopediche ma non la RMN, richiesta il 28 maggio. Il paziente continua ad essere trattato con analgesici nonostante le visite ortopediche abbiano evidenziato un peggioramento della situazione accertata dal consulente di parte.

Tutto ciò premesso si rileva la erronea decisione, prima del GIP e poi del Tribunale del riesame, di non ritenere incompatibili le condizioni di salute del V. con il regime carcerario, o, quanto meno, si sarebbe dovuto disporre una perizia medico-legale di ufficio per meglio verificare le condizioni di salute del detenuto.

Il motivo esposto è manifestamente infondato e, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile.

L’impugnata ordinanza rileva che una prima istanza di sostituzione della misura cautelare si fondava sulla consulenza del prof. B. (i cui risultati sono stati riportati nella parte narrativa), ed il GIP, nel rigettarla con provvedimento del 25.06.2010, sulla base della relazione della Casa Circondariale di (OMISSIS), rilevava che "eseguiti plurimi accertamenti sanitari, espletati anche a seguito di periodi di osservazione, a cura del Presidio Sanitario del carcere, il quadro sanitario non è stato espresso in modo allarmante e necessita di approfondimenti, in corso di espletamento a cura dello stesso carcere, rimanendo del pari inalterate le esigenze cautelari".

Con una seconda istanza, parimenti rigettata dal GIP il 7.07.2010, ed anch’essa oggetto di gravame innanzi al Tribunale – sezione riesame – si ribadiva la incompatibilità delle condizioni di salute del V. con il regime carcerario.

Relativamente a tale punto il Tribunale ha evidenziato che il consulente della difesa non ha accertato alcuna patologia incompatibile con il regime carcerario, si è infatti limitato ad ipotizzare che la lombo sciatalgia di cui il V. risulta soffrire da tempo sia determinata da una "probabile patologia erniaria". Secondo quanto riferito dal consulente la problematica che renderebbe la custodia in carcere non è correlata tanto a patologie accertate quanto ai lunghi tempi per gli accertamenti clinici diretti all’accertamento delle eventuali patologie dal medesimo ipotizzate.

Il Tribunale conclude affermando che le patologie accertate, lombo sciatalgia ed epatite C, e quella ipotizzata, ernia del disco, non sono affatto incompatibili con il regime carcerario. Si sottolinea che dalla relazione del 18.06.2010 del sanitario incaricato dalla casa circondariale emerge che le patologie del V. sono adeguatamente seguite, anche farmacologicamente ed anche al fine di ottenere un chiarimento diagnostico in ordine alle patologie ipotizzate dalla difesa dell’imputato, tanto che questi risulta avere ottenuto un miglioramento della sintomatologia dolorosa e funzionale.

Dunque l’ampia motivazione resa dal Tribunale è più che congrua e immune da vizi logici.

In diritto si rileva che l’obbligo del giudice, imposto dall’art. 270, comma 4 ter, di disporre anche di ufficio e senza formalità accertamenti sulle condizioni di salute dell’imputato, ricorre quando non è in grado di decidere allo stato degli atti. E, comunque, nel caso di specie il GIP si è più volte attivato disponendo accertamenti senza formalità sulle condizioni di salute del V. non essendo tenuto a disporre accertamenti in forma di perizia. Questa Corte ha affermato costantemente (V. fra tutte Sez. 6, Sentenza n. 34433 del 15/07/2010 Cc. Rv. 248166) il principio secondo cui la valutazione della gravita delle condizioni di salute del detenuto e della conseguente incompatibilità col regime carcerario deve essere effettuata sia in astratto, con riferimento ai parametri stabiliti dalla legge, sia in concreto, con riferimento alla possibilità di effettiva somministrazione nel circuito penitenziario delle terapie di cui egli necessita. Ne consegue che, da un lato, la permanenza nel sistema penitenziario può essere deliberata se il giudice accerta che esistano istituti in relazione ai quali possa formularsi un giudizio di compatibilità, dall’altro, che tale accertamento deve rappresentare un "prius" rispetto alla decisione e non una mera modalità esecutiva della stessa, rimessa all’autorità amministrativa.

Nel caso di specie, come evidenziato dal Tribunale nell’impugnata ordinanza, il giudice ha proceduto ad accertare la possibilità di effettiva somministrazione nel circuito penitenziario delle terapie di cui necessita il V..

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e del pagamento della somma di Euro 300,00 in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 300,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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