Cons. Stato Sez. VI, Sent., 24-01-2011, n. 463 Rapporto di pubblico impiego

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, C.M., genitore degli odierni eredi appellati C.F. e C.M., aveva impugnato l’atto del Direttore centrale dell’amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni del 19 maggio 1993, n. 0049514, con cui era stata respinta la sua istanza di inquadramento nella nona qualifica funzionale ai sensi dell’art. 3 l. 7 luglio 1988, n. 254.

L’originario ricorrente aveva riferito di essere dipendente del Ministero delle Poste e Telecomunicazioni dall’1 marzo 1950, di aver ricoperto, a decorrere dall’1 gennaio 1981, la funzione di vice dirigente amministrativo e di essere stato collocato in quiescenza il 1 agosto 1988.

Aveva fatto presente altresì di aver presentato in data 6 agosto 1991 alla Direzione delle Poste istanza di inquadramento nella nona qualifica funzionale in applicazioni delle disposizioni di cui all’art. 3 l. n. 254 del 1988.

A seguito del silenzio della amministrazione, egli aveva inoltrato l’atto di diffida del 13 aprile 1993, riscontrato negativamente da parte dell’Amministrazione mercè l’atto che poi ha impugnato, il quale recava la seguente motivazione: "alla data del 31.12.1986 il diffidante non era in possesso del prescritto quinquennio di effettivo esercizio delle funzioni di vice dirigente amministrativo (comma III art. 3 legge 7 luglio 1988, n. 254)".

Il Carrata ha presentato ricorso giurisdizionale lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 3, commi 1 e 3, l. n. 254 del 1988; eccesso di potere per erroneità dei presupposti di fatto e diritto, difetto di istruttoria, illogicità ed ingiustizia manifesta, atteso tra l’altro che non era dato comprendere quale valenza giuridica avesse la data riferita dall’amministrazione del 31 dicembre 1986 quale dies ad quem. Egli osservava che solo alla data di entrata in vigore della l. n. 254 del 1988 doveva farsi riferimento per l’accertamento dei requisiti. Egli domandava, oltre all’annullamento dell’atto impugnato, anche l’accertamento del diritto ad essere inquadrato nella nona qualifica funzionale, con ogni conseguenza di ordine giuridico ed economico, incluso il computo della rivalutazione monetaria e degli interessi sulle maggiori somme eventualmente spettanti per l’effetto dell’inquadramento.

Interrottosi il giudizio, poi riassunto dagli eredi del Carrata, il Tribunale amministrativo ha dichiarato inammissibile l’impugnazione quanto alla svolta richiesta di inquadramento nella superiore nona qualifica ed effetti economici consequenziali. Ha invece accolto il ricorso, quanto alla domanda impugnatoria, annullando il provvedimento di diniego sulla scorta della considerazione per cui in riferimento all’art. 3, comma 3, l. 7 luglio 1988, n. 254 ("Inoltre sono inquadrati nella nona qualifica i direttori ed i vice dirigenti di ottava qualifica o categoria appartenenti all’ex carriera direttiva, preposti ad uffici, istituti, stabilimenti non riservati a qualifiche dirigenziali o addetti a servizi di particolare rilevanza con almeno cinque anni di effettivo esercizio delle funzioni") l’individuazione del dies ad quem indicato dalla Amministrazione – il possesso del quinquennio al 31 dicembre 1986 – risultava immotivato e non trovava riscontro in alcun atto normativo. L’art. 8 l. n. 254 del 1988 disponeva che entrava in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione nella G.U (G.U. n. 161 del 11 luglio 1988): i prescritti cinque anni dovevano essere posseduti alla data di entrata in vigore della legge e non, come immotivatamente affermato dalla amministrazione, al 31 dicembre 1986.

La sentenza è stata appellata dall’Amministrazione in quanto, tra l’altro, non aveva tenuto conto che l’ art. 1 l. 7 luglio 1988, n. 254 prescriveva che l’inquadramento nella nona categoria per i direttori di divisione decorresse dall’1 gennaio 1987, ed era riservato ai soggetti di cui all’art. 3. L’assunto del primo giudice era illogico in quanto consentiva che il requisito legittimante "seguisse" quanto a data di possesso, il riferimento temporale, pur nella stessa legge prescritto, di decorrenza dell’inquadramento.

Gli eredi, qui sopra indicati, del ricorrente originario hanno chiesto il rigetto dell’appello: la tesi dell’appellante Amministrazione collideva con l’orientamento della giurisprudenza, secondo il quale i cinque anni dovevano essere posseduti alla data di entrata in vigore della legge e non al 31 dicembre 1986, in quanto nessuna disposizione di legge legittimava tale assunto.
Motivi della decisione

L’appello di P.I. s.p.a. è infondato e va respinto, nei termini di cui alla motivazione che segue.

La tesi dell’appello collide infatti con quanto più volte affermato dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, dalla quale non si ravvisano motivi per discostarsi, secondo la quale, rispetto agli artt. 1 e 3 l. 7 luglio 1988, n. 254 (recante norme in tema di primo inquadramento alla nona qualifica funzionale), i cinque anni di servizio effettivo per l’inquadramento nella nona qualifica funzionale dei direttori e dei vice direttori di ottava qualifica dell’amministrazione delle poste preposti ad uffici, istituti e stabilimenti non riservati a qualifiche dirigenziali o addetti a servizi di particolare rilevanza, debbono essere stati maturati entro il 12 luglio 1988, data di entrata in vigore della legge(es. Cons. Stato, IV, 25 maggio 2005, n. 2696; VI, 4 gennaio 1996, n. 29). Trattandosi di disposizione eccezionale e derogatoria, infatti, è corretto che -sebbene l’attribuzione si riferisca ad una decorrenza antecedente, fissata dal comma 1 all’1 gennaio 1987 – il requisito legittimante sia essere posseduto alla data della entrata in vigore della norma generale che lo prevede (vale a dire il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U n. 161 del 11 luglio 1988, ai sensi dell’art. 8 della legge n. 254 predetta). Ciò perché si tratta di un inquadramento a carattere automatico (Cons. Stato, IV, 25 maggio 2005, n. 2696).

Ne consegue il rigetto del ricorso in appello e la conferma dell’appellata decisione.

Sussistono nondimeno le condizioni di legge per compensare le spese processuali sostenute dalle parti a cagione della natura della controversia e della non esplicita chiarezza delle disposizioni.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e per l’effetto conferma la sentenza appellata.

Spese processuali compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *