T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 24-01-2011, n. 159

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

contrariamente all’assunto del ricorrente, la condanna per arresto obbligatorio in flagranza ex art. 14, co.5 ter, del D.Lgs 286/98, ancorchè disciplinata da norma speciale, rientra negli artt. 380 e 381 c.p.p. E ciò in quanto si tratta di reato per il quale è prevista una pena edittale che comunque rientrerebbe nei limiti entro i quali l’art.381 c.p.p. consente l’arresto in flagranza e quindi di un reato che, se non vi fosse la norma speciale che impone l’arresto, sarebbe comunque ostativo alla sanatoria. Il fatto che il legislatore abbia ritenuto di disciplinare con maggiore severità il comportamento dell’extracomunitario che si sia trattenuto illegittimamente in Italia, in violazione di un precedente provvedimento di espulsione, non avvalora la tesi del ricorrente della non riconducibilità della fattispecie al novero delle condanne ostative alla emersione del lavoro irregolare; se mai ad avviso, ormai consolidato di questa Sezione, e del Consiglio di Stato (cfr. le sentenze Sez. V, n.5890 del 18.8.2010 e n.7209 del 29.9.2010) il detto reato, a maggior ragione, è da annoverare tra i reati ostativi all’ammissione alla procedura di emersione. Infatti ciò che rileva non è tanto la circostanza dell’arresto obbligatorio in flagrante, che comunque attesta ad avviso del legislatore la gravità del reato, quanto il fatto che la pena edittale del reato è superiore nel massimo a tre anni, come previsto dall’art.381 c.p.p.

La seconda obiezione del ricorrente alla disposizione oggetto di esame è che la stessa, pur formalmente applicabile, sarebbe viziata da incostituzionalità per irrazionalità della norma che tratta in modo differente situazioni uguali (il comportamento di chi si è trattenuto in Italia, chi ha avuto la sfortuna di essere sorpreso, arrestato e processato, e il comportamento di chi si è trattenuto in Italia, ma non è stato ancora sorpreso); in realtà il Tribunale non condivide questo orientamento perché la situazione di chi è stato condannato con sentenza passata in giudicato non è uguale a quella di chi non ha riportato alcuna condanna, con presunzione di innocenza; le due situazioni, pertanto, non sono in alcun modo paragonabili, perché solo nella prima c’è un accertamento giurisdizionale sulla commissione del reato da parte del regolarizzando, mentre nel secondo caso manca del tutto.

In conclusione il ricorso deve essere respinto.

Le spese di lite seguono la soccombenza
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente al pagamento in favore dell’amministrazione resistente delle spese di giudizio che liquida nella somma di euro 500,00 oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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