Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 12-01-2011) 28-01-2011, n. 3127 Armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 12.01.2010 la Corte d’appello di Ancona integralmente confermava la pronuncia di primo grado che aveva dichiarato P.L. colpevole del reato di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 3, così condannandolo, in concorso di attenuanti generiche, alla pena, sospesa alle condizioni di legge, di mesi 8 di reclusione ed Euro 206 di multa. Entrambi i giudici del merito ritenevano così provato che l’anzidetto imputato avesse aumentato la potenzialità di una carabina da lui posseduta mediante un silenziatore rinvenuto in suo possesso, da installare in una carabina Marlin, già detenuta dal P. e da lui separatamente venduta a terza persona (tale F.J.), carabina sulla quale era stata realizzata un’apposita filettatura al vivo di volata per l’applicazione del ridetto silenziatore. In particolare i giudici territoriali escludevano la tesi difensiva secondo cui la carabina era stata acquistata già alterata con la filettatura, ed il silenziatore era relativo alla marmitta di una mini – moto, tesi smentita dall’armiere C. di (OMISSIS) appositamente escusso, e rilevato che detto silenziatore non presentava tracce di olio o miscela, ma residui di polvere da sparo.

2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l’anzidetto imputato che motivava il gravame deducendo: a) era nel vero esso imputato quando aveva dichiarato di avere acquistato la carabina in questione, usata, presso l’armeria C. di (OMISSIS), anche se nel frattempo la gestione di tale armeria era passata al genero di costui; b) era veritiera la sua deduzione relativa al silenziatore.
Motivi della decisione

3. Il ricorso, manifestamente infondato, deve essere dichiarato inammissibile con ogni dovuta conseguenza di legge.- Va doverosamente premesso che il solo possesso di un silenziatore, ancorchè artigianale, idoneo all’applicazione su arma comune da sparo, integra già il più grave reato (peraltro non contestato) di detenzione illegale di arma, dovendo esso essere considerato "parte di arma" agli effetti della specifica normativa (cfr., ex pluribus, Cass. Pen. Sez. 1^, n. 42291 in data 08.11.2007, Rv. 238116, Spezia; ecc.). E’ del resto pacifico che l’alterazione di un arma al fine di applicare alla stessa un silenziatore integra il reato di cui all’art. 3 L. 110/75 (cfr. Cass. Pen. Sez. 1^, n. 5381 in data 18.04.1997, Rv.

207819, Parolari). Orbene, l’imputato P., odierno ricorrente, era -secondo l’accertamento in fatto dei giudici del merito- in possesso di un oggetto qualificabile silenziatore per arma e di una carabina alterata per l’applicazione dello stesso, condotta che ha dunque realizzato il contestato reato. In ordine, dunque, al reato ascritto, è sì nel vero il ricorrente quando rileva come sia punita, L. n. 110 del 1975, ex art. 3, la condotta di chi altera le caratteristiche un’arma per renderne più agevole l’uso, ma ciò è proprio quanto entrambi i giudici territoriali hanno accertato a carico dell’imputato, con motivazioni logiche e coerenti che ben resistono alle infondate censure. Ed invero l’accertamento in fatto è stato proprio nel senso che non altri che il P. ha prodotto l’alterazione del fucile Marlin, sullo stesso realizzando la filettatura necessaria per l’inserimento del silenziatore trovato in suo possesso (che invero aderiva perfettamente). L’accertamento oggettivo della presenza, nel silenziatore, di tracce di polvere da sparo (e la mancanza in esso di tracce di olio o miscela) smentisce l’ipotesi difensiva di una destinazione – e quindi giustificazione – alternativa del silenziatore stesso. E’ stato altresì smentito l’imputato, per la testimonianza dell’armiere, nella sua già implausibile versione di avere acquistato l’arma già alterata con la filettatura, posto comunque il divieto di vendita di armi alterate.

E’ dunque consequenziale che l’alterazione è stata realizzata proprio -e non da altri che- da esso imputato, unico ad avere avuto la contemporanea detenzione sia dell’arma che del silenziatore, imputato che ha poi venduto l’arma al F. (avendone coperto la filettatura). Tale essendo la corretta ricostruzione in fatto, coerente alle risultanze di causa, il ricorso, che ripropone – peraltro in termini del tutto e meramente possibilistici – le stesse tesi già correttamente disattese, e volto a diversa ricostruzione in fatto non consentita in questa sede, deve essere dichiarato inammissibile ex art. 591 c.p.p., e art. 606 c.p.p., comma 3. – Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione segue per legge, in forza del disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale ritenuta congrua, di Euro 1.000,00 (mille) in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente P. L. al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) in favore della cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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