Corte Costituzionale, Sentenza n. 142/2012, in tema di addizionale erariale della tassa automobilistica da versare alle entrate del bilancio dello Stato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 24 del 13-6-2012

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimita’ costituzionale dell’art. 23, comma
21, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con
modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 (Disposizioni
urgenti per la stabilizzazione finanziaria), promosso dalla Provincia
autonoma di Trento con ricorso notificato il 14 settembre 2011,
depositato il successivo 21 settembre, iscritto al n. 97 del registro
ricorsi 2011 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 46, prima serie speciale, dell’anno 2011.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 17 aprile 2012 il Giudice
relatore Franco Gallo;
uditi l’avvocato Giandomenico Falcon per la Provincia autonoma di
Trento e l’avvocato dello Stato Angelo Venturini per il Presidente
del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.- La Giunta provinciale di Trento (previa deliberazione n. 1931
dell’8 settembre 2011, adottata d’urgenza ai sensi dell’art. 54,
numero 7, dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto
Adige/Sudtirol e ratificata dal Consiglio provinciale di Trento con
delibera n. 11 dell’8 novembre 2011) ha proposto in via principale,
con ricorso notificato il 14 settembre 2011 e depositato il
successivo 21 settembre – in riferimento agli art. 73, 75 e 79 del
d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle
leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige) ed agli artt. 3, 9, 10 e 10-bis del decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello Statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e
provinciale), nonche’ al principio di leale collaborazione -,
questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 23, comma 21, del
decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni,
dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 (Disposizioni urgenti per la
stabilizzazione finanziaria), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 64, serie generale, del 16 luglio 2011, nella
parte in cui prevede che, «A partire dall’anno 2011, per le
autovetture e per gli autoveicoli per il trasporto promiscuo di
persone e cose e’ dovuta una addizionale erariale della tassa
automobilistica, pari ad euro dieci per ogni chilowatt di potenza del
veicolo superiore a duecentoventicinque chilowatt, da versare alle
entrate del bilancio dello Stato».
1.1. – La Provincia ricorrente premette che: a) il secondo
periodo del comma 1 dell’art. 73 dello statuto del Trentino-Alto
Adige (periodo introdotto, con effetto dal 1° gennaio 2010, dal
numero 1 della lettera c del comma 107 della legge 23 dicembre 2009,
n. 191, recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale
e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010") qualifica le
tasse automobilistiche istituite con legge provinciale come tributi
propri della Provincia autonoma; b) in precedenza aveva istituito, a
decorrere dal 1° gennaio 1999, mediante l’art. 4 della legge della
Provincia autonoma di Trento 11 settembre 1998, n. 10 (Misure
collegate con l’assestamento del bilancio per l’anno 1998), una
propria tassa automobilistica provinciale, la cui disciplina (ai
sensi del comma 2 del medesimo articolo 4), «in attesa di una
disciplina organica della tassa automobilistica provinciale», e’
assoggettata – per cio’ che concerne «il presupposto d’imposta, la
misura della tassa, i soggetti passivi, le modalita’ di applicazione
del tributo» – alle «disposizioni previste per la tassa
automobilistica erariale e regionale vigenti nel restante territorio
nazionale». Secondo la ricorrente, «per effetto del rinvio operato
dall’art. 4» della suddetta legge provinciale alla normativa statale,
l’addizionale erariale introdotta con la disposizione impugnata «e’
destinata a trovare applicazione anche nella provincia di Trento». Da
questo quadro normativo, sempre secondo la ricorrente, risulterebbe
evidente l’illegittimita’ costituzionale dell’impugnato comma 21,
perche’ tale comma, nel prevedere che l’addizionale erariale «e’ da
versare alle entrate del bilancio dello Stato», attribuisce allo
Stato «il gettito di un tributo provinciale» e, pertanto, si pone in
contrasto con gli evocati parametri statutari. In particolare,
difetterebbero, nella specie, le condizioni poste dall’art. 9 del
d.lgs. n. 268 del 1992 per la riserva all’erario del gettito
derivante da maggiorazioni di aliquote o dall’istituzione di nuovi
tributi, e cioe’: a) la destinazione per legge alla copertura «di
nuove specifiche spese di carattere non continuativo che non
rientrano nelle materie di competenza della regione o delle
province»; b) la delimitazione temporale e la distinta
contabilizzazione del gettito nel bilancio statale e, quindi, la sua
precisa quantificazione.
In via subordinata – nell’ipotesi che la disposizione oggetto di
censura si interpreti nel senso che lo Stato ha con essa istituito
«una imposta nuova e propria» -, la Provincia di Trento lamenta la
violazione dell’art. 75, lettera g) [rectius: art. 75, comma 1,
alinea e lettera g)], dello statuto, che riserva alla Provincia
medesima «i nove decimi di tutte le altre entrate tributarie
erariali, dirette o indirette, comunque denominate, inclusa l’imposta
locale sui redditi, ad eccezione di quelle di spettanza regionale o
di altri enti pubblici». Anche in tal caso, infatti, l’addizionale
non potrebbe essere di spettanza statale, perche’ la disposizione
denunciata non rispetta le sopra indicate condizioni poste dal
menzionato art. 9 del d.lgs. n. 268 del 1992 per la riserva allo
Stato del gettito. In particolare, osserva la ricorrente: a)
l’addizionale e la corrispondente riserva del gettito non sono
limitati nel tempo, ma si applicano «a partire dall’anno 2011»; b) il
relativo gettito non e’ quantificato ne’ distintamente contabilizzato
e, quanto alla destinazione, l’art. 40, comma 2, del citato
decreto-legge n. 98 del 2011 prevede l’utilizzazione solo di una
«quota parte» delle maggiori entrate derivanti dall’articolo 23, che
concerne, oltre all’addizionale sulla tassa automobilistica di cui e’
questione, altre eterogenee misure fiscali.
La difesa della ricorrente, infine, ricorda «solo per scrupolo di
completezza» che il proprio concorso – quale Provincia autonoma – al
raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica
e’ specificamente disciplinato, a decorrere dal 2010, dall’art. 79
dello statuto d’autonomia, il quale prevede al riguardo (in
applicazione del principio di leale collaborazione), il ricorso a un
procedimento concordato fra Provincia e Ministro dell’economia e
delle finanze.
2.- Si e’ costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, concludendo per l’infondatezza del ricorso.
Il resistente premette, in via generale, che le disposizioni
impugnate costituiscono «forme finanziarie "eccezionali", finalizzate
a fronteggiare una situazione economica "emergenziale"» ed alle quali
sono chiamati a concorrere tutti i livelli di governo e, quindi,
anche le Regioni a statuto speciale e le Province autonome, «non
potendo la garanzia costituzionale dell’autonomia finanziaria alle
stesse riconosciuta fungere da giustificazione per esentarle da tale
partecipazione». In questo quadro di straordinaria emergenza
finanziaria, prosegue il resistente, lo Stato, nell’esercizio della
potesta’ legislativa esclusiva in materia di sistema tributario (art.
117, secondo comma, lettera e, Cost.) «ben puo’ disporre in merito
alla disciplina di tributi da esso istituiti, anche se il correlativo
gettito sia di spettanza regionale, a condizione che non sia alterato
il rapporto tra complessivi bisogni regionali e mezzi finanziari per
farvi fronte»; circostanza, questa, che non ricorrerebbe nella
specie.
Posta tale premessa, il Presidente del Consiglio dei ministri
afferma che sussistono tutti i presupposti richiesti dallo statuto
per la riserva allo Stato dell’intero gettito relativo
all’addizionale in contestazione. In primo luogo, l’addizionale –
espressamente definita "erariale" – «possiede il carattere della
novita’, in quanto derivante da un atto impositivo nuovo in mancanza
del quale l’entrata non si sarebbe verificata». In secondo luogo il
tributo in questione e’ stato introdotto per la copertura di oneri
che sono precisamente indicati nell’art. 40, comma 2, lettera a), del
decreto-legge n. 98 del 2011 e che sono destinati a coprire
«specifici importi di spesa ivi quantificati». Inoltre, le spese al
cui finanziamento e’ destinata l’addizionale presentano il carattere
di «nuove specifiche spese di carattere non continuativo», in quanto
«dirette a sostenere […] settori sociali fondamentali per l’intera
collettivita’ (quali la sanita’ o la giustizia)». Quanto alla
specificita’ della destinazione del gettito e alla sua delimitazione
temporale, la difesa dello Stato rileva che «tutte le entrate
derivanti dalla manovra di finanza pubblica hanno come specifico e
prioritario obiettivo quello di garantire il risanamento della
finanza pubblica mediante il conseguimento del pareggio di bilancio»
e che, proprio in ragione di questa finalita’, la destinazione allo
Stato del gettito deve considerarsi delimitata al «periodo necessario
per il conseguimento degli imprescindibili obiettivi concordati in
sede europea che, in linea di principio, consistono nell’impegno a
raggiungere il predetto pareggio di bilancio entro il 2013». La
medesima difesa sostiene, infine, che la tassa automobilistica
provinciale, pur dopo la modifica dell’art. 73 dello statuto speciale
del Trentino-Alto Adige, «conserva i connotati di un tributo di
derivazione statale», perche’ e’ stata introdotta, nel territorio
della Provincia ricorrente, in sostituzione della tassa
automobilistica erariale, e quindi «non e’ stata istituita ex novo
con legge provinciale, ma e’ derivata dalla corrispondente tassa
erariale che nei territori provinciali ha cessato di esistere». Anche
l’art. 8 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni
in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario
e delle province, nonche’ di determinazione dei costi e dei
fabbisogni standard nel settore sanitario) conferma, ad avviso del
resistente, che la tassa automobilistica provinciale, al pari di
quella regionale, presenta i caratteri di un tributo proprio derivato
«che, per quanto attribuito alle regioni, e’ pur sempre istituito e
regolato nei suoi aspetti sostanziali dalla legge dello Stato».
Con riguardo alla denunciata violazione dell’art. 79 dello
statuto e del principio di leale collaborazione, l’Avvocatura
generale dello Stato ne afferma l’infondatezza, osservando che, in
base alla citata disposizione statutaria, «l’accordo fra la Regione,
le Province e il Ministro dell’Economia e delle Finanze ha ad oggetto
specificamente (ed esclusivamente) gli obblighi relativi al patto di
stabilita’» e, pertanto, non e’ applicabile alla fattispecie.
3.- In prossimita’ dell’udienza pubblica, la Provincia autonoma
di Trento ha depositato una memoria, insistendo per l’accoglimento
della questione ed osservando che: a) l’eccezionalita’ della
«situazione economica "emergenziale"» non autorizza a violare le
norme statutarie sull’autonomia finanziaria della Provincia; b) il
modo in cui la Provincia concorre al raggiungimento degli obiettivi
della finanza pubblica e’ tassativamente definito nell’art. 79 dello
statuto, «per cui risulta del tutto illegittima l’introduzione con
legge ordinaria dello Stato di ulteriori oneri e ulteriori
modalita’», estranei a quelli specificamente concordati in attuazione
della predetta norma statutaria; c) la tassa automobilistica
provinciale costituisce, ai sensi dell’art. 73 dello statuto, un
«tributo proprio» della Provincia e non (come invece sostiene il
resistente) un tributo "derivato" sul quale lo Stato ha potesta’ di
disciplina; d) l’art. 8 del d.lgs. n. 68 del 2011 ha trasformato la
tassa automobilistica regionale in tributo proprio anche per le
regioni a statuto ordinario; e) il riferimento agli obiettivi di
riequilibrio della finanza pubblica «esclude di per se’ che sia
applicabile l’art. 9 d.lgs. 268/1992, che consente la riserva
all’erario per "finalita’ diverse da quelle di cui al comma 6
dell’articolo 10", le quali consistono proprio nel "raggiungimento
degli obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica"»; f) mancano
gli altri requisiti richiesti dallo stesso articolo 9 per la riserva
del gettito allo Stato e, in particolare, la delimitazione temporale
dell’addizionale e del relativo gettito, in quanto e’ «artificioso»
fissarla – come fa la difesa statale – nella data del 2013, cioe’ nel
termine entro il quale lo Stato italiano si e’ impegnato in sede
europea a conseguire il pareggio di bilancio.
4.- Nel corso della discussione in pubblica udienza, la difesa
dello Stato – traendo spunto da quanto riferito dal giudice relatore
e, in particolare, dalla questione di ammissibilita’ da esso indicata
– ha chiesto che il ricorso venisse dichiarato inammissibile, perche’
la ratifica consiliare della delibera della Giunta provinciale di
proporre ricorso (delibera adottata in via d’urgenza e soggetta a
ratifica consiliare, ai sensi dell’art. 54, numero 7, dello statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige) non e’ stata depositata in
giudizio entro il termine previsto per la costituzione della parte
ricorrente.
La difesa della ricorrente ha osservato al riguardo che la Corte
ha spesso deciso nel merito ricorsi proposti dalle Province autonome
di Trento e di Bolzano senza rilevare la tardivita’ del deposito
della ratifica consiliare. La medesima difesa ha comunque chiesto un
rinvio dell’udienza, per poter piu’ diffusamente argomentare sul
punto.

Considerato in diritto

1.- La Giunta della Provincia autonoma di Trento – con
deliberazione dell’8 settembre 2011, n. 1931, adottata d’urgenza ai
sensi dell’art. 54, numero 7), del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670
(Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti
lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) e ratificata dal
Consiglio della medesima Provincia con deliberazione n. 11 dell’8
novembre 2011 – ha proposto in via principale, con ricorso notificato
il 14 settembre 2011 e depositato il successivo 21 settembre,
questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 23, comma 21, del
decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni,
dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 (Disposizioni urgenti per la
stabilizzazione finanziaria), nella parte in cui prevede che, «A
partire dall’anno 2011, per le autovetture e per gli autoveicoli per
il trasporto promiscuo di persone e cose e’ dovuta una addizionale
erariale della tassa automobilistica, pari ad euro dieci per ogni
chilowatt di potenza del veicolo superiore a duecentoventicinque
chilowatt, da versare alle entrate del bilancio dello Stato». La
disposizione e’ impugnata per violazione degli artt. 73, 75 e 79 del
citato d.P.R. n. 670 del 1972 e degli artt. 3, 9, 10 e 10-bis del
decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello
statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza
regionale e provinciale), nonche’ del principio di leale
collaborazione.
La ricorrente premette che la tassa automobilistica provinciale
e’ stata istituita con l’art. 4 della legge della Provincia autonoma
di Trento 11 settembre 1998, n. 10 (Misure collegate con
l’assestamento del bilancio per l’anno 1998), e che «Le tasse
automobilistiche istituite con legge provinciale costituiscono
tributi propri», in base al secondo periodo del comma 1 dell’art. 73
dello statuto del Trentino-Alto Adige (periodo introdotto, con
effetto dal 1° gennaio 2010, dal numero 1 della lettera c del comma
107 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante "Disposizioni per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge
finanziaria 2010"). Su tale premessa, la Provincia autonoma deduce
che lo Stato, con la disposizione impugnata, nel prevedere che
l’addizionale erariale «e’ da versare alle entrate del bilancio dello
Stato», si appropria illegittimamente del gettito di un tributo
proprio provinciale. In via subordinata – per l’ipotesi in cui la
disposizione oggetto di censura si interpreti nel senso che lo Stato
ha con essa istituito «una imposta nuova e propria» – la Provincia
autonoma di Trento deduce la violazione dell’art. 75, lettera g),
dello statuto, che riserva alla Provincia medesima «i nove decimi di
tutte le altre entrate tributarie erariali, dirette o indirette,
comunque denominate, inclusa l’imposta locale sui redditi, ad
eccezione di quelle di spettanza regionale o di altri enti pubblici».
Ad avviso della ricorrente, in entrambi i casi considerati – si
tratti, cioe’, della maggiorazione di una tassa provinciale ovvero di
una nuova imposta statale – difetterebbero le condizioni poste
dall’art. 9 del d.lgs. n. 268 del 1992 per la riserva del gettito
all’erario e, pertanto, sarebbero violati gli articoli 73 e 75,
lettera g) [rectius: art. 75, comma 1, alinea e lettera g)], dello
statuto speciale di autonomia. Inoltre la norma impugnata, imponendo
alla Provincia autonoma una forma di concorso al raggiungimento degli
obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica senza osservare lo
specifico procedimento concordato previsto dall’art. 79 dello
statuto, violerebbe tale disposizione statutaria ed il principio di
leale collaborazione.
2.- Nel corso della discussione in pubblica udienza, la difesa
del Presidente del Consiglio dei ministri ha eccepito
l’inammissibilita’ del ricorso sotto il profilo della tardivita’ del
deposito in giudizio della ratifica, da parte del Consiglio
provinciale, della deliberazione della Giunta provinciale di proporre
il ricorso stesso. L’atto di ratifica, infatti, non e’ stato
depositato in giudizio entro il termine previsto per la costituzione
della parte ricorrente.
L’eccezione e’ fondata per le ragioni esposte nel punto 2.1., ma,
nel caso di specie, non puo’ essere dichiarata l’inammissibilita’ del
ricorso, in considerazione dell’affidamento ingenerato dalla prassi
di questa Corte circa la non perentorieta’ del termine di deposito
della ratifica consiliare, come si dira’ nel punto 2.2.
2.1.- In punto di fatto va rilevato che la Giunta provinciale ha
deliberato in data 8 settembre 2011 la proposizione del ricorso
avverso la sopra indicata normativa. Il ricorso e’ stato notificato
il successivo 14 settembre, giorno in cui scadeva il termine di
sessanta giorni dalla pubblicazione della legge statale nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica in data 16 luglio 2011; termine
previsto dall’art. 127 Cost. per promuovere questione di legittimita’
costituzionale in via principale ed applicabile anche per
l’impugnazione delle leggi statali o regionali da parte delle
Province autonome, a norma del secondo comma dell’art. 32 della legge
11 marzo 1953 n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento
della Corte costituzionale), richiamato dall’art. 36 della medesima
legge, in riferimento agli artt. 97 e 98 dello statuto d’autonomia.
Dalla data del 14 settembre, in cui era stata effettuata la
notificazione al Presidente del Consiglio dei ministri, cominciava a
decorrere, ai sensi dell’art. 31, comma 4, richiamato dall’art. 32,
terzo comma, della citata legge n. 87 del 1953, il termine di dieci
giorni per il deposito del ricorso (termine avente scadenza, percio’,
il 24 settembre). Il ricorso e’ stato depositato, senza che ad esso
fosse allegato l’atto di ratifica, il 21 settembre 2011. La ratifica
dell’impugnazione e’ stata successivamente deliberata dal Consiglio
provinciale l’8 novembre ed e’ pervenuta nella cancelleria di questa
Corte solo il 19 dicembre 2011 e, quindi, ben oltre il gia’
menzionato termine del 24 settembre fissato per il deposito del
ricorso.
2.1.1.- Cio’ premesso, si deve rilevare che questa Corte – in
tema di giudizi di legittimita’ costituzionale in via principale e
per conflitto di attribuzione tra enti, promossi dal Presidente del
Consiglio dei ministri o dal Presidente della Giunta regionale – ha
costantemente affermato che la «previa deliberazione» della
proposizione del ricorso introduttivo da parte dell’organo collegiale
competente e’ «esigenza non soltanto formale, ma sostanziale […]
per l’importanza dell’atto e per gli effetti costituzionali ed
amministrativi che l’atto stesso puo’ produrre» (sentenza n. 33 del
1962; analogamente le sentenze n. 8 del 1967; n. 119 del 1966; n. 36
del 1962). Essa ha piu’ volte precisato, altresi’, che non sussiste
un principio generale «secondo il quale ogni organo di presidenza
potrebbe, in caso di urgenza e salvo ratifica, adottare i
provvedimenti spettanti al collegio» (sentenza n. 119 del 1966), non
valendo a sanare l’originario difetto di potere dell’organo
ricorrente una delibera di ratifica del competente organo collegiale
adottata dopo la scadenza del termine per l’impugnazione (sentenze n.
54 del 1990, n. 147 del 1972, n. 8 del 1967, n. 76 del 1963).
Tale tassativa esigenza di una preventiva deliberazione
autorizzatoria da parte dell’organo collegiale competente a proporre
il ricorso non ha tuttavia impedito a questa Corte, con riferimento
all’ipotesi di impugnazioni di leggi regionali o provinciali da parte
dello Stato, di riconoscere in via di principio che, in «circostanze
straordinarie (da valutare caso per caso), il Presidente del
Consiglio dei ministri – accertata l’oggettiva impossibilita’ di
procedere alla convocazione del Consiglio dei ministri e l’esigenza
di garantire la continuita’ e l’indefettibilita’ della funzione di
governo – possa provvedere, sotto la propria responsabilita’, alla
proposizione dell’impugnativa avverso la legge regionale, salva, in
ogni caso, la successiva ratifica consiliare» (sentenza n. 54 del
1990). Allorche’ ha accertato la sussistenza di una di tali
«circostanze straordinarie», questa Corte ha ritenuto sufficiente,
per la proposizione del ricorso da parte dello Stato, la volonta’
espressa in via d’urgenza dall’organo presidenziale privo della
legittimazione processuale attiva (il Presidente del Consiglio dei
ministri), con cio’ derogando all’art. 31 della legge n. 87 del 1953.
In quell’occasione ha tuttavia precisato che l’organo consiliare
competente (il Consiglio dei ministri) deve esprimere «con una
formale deliberazione la detta volonta’, in modo diretto o in modo
indiretto […] almeno prima del deposito del ricorso davanti alla
Corte» (sentenza n. 147 del 1972).
2.1.2.- Nel caso di specie, l’interinale legittimazione
processuale straordinaria non e’ frutto di una interpretazione
giurisprudenziale di questa Corte, ma e’ positivamente disciplinata,
per l’ipotesi di impugnazione di leggi statali, dal piu’ volte citato
combinato disposto degli artt. 54, numero 7) – gia’ art. 48, numero
7) -, e 98, primo comma, dello statuto del Trentino-Alto Adige, i
quali espressamente subordinano l’efficacia dell’impugnazione di un
atto legislativo statale, proposta in via d’urgenza dalla Giunta,
alla ratifica da parte del Consiglio nella sua prima seduta
successiva. Tale disposizione, data la sua generale formulazione, si
riferisce a tutti i provvedimenti di competenza del Consiglio
provinciale e, quindi, anche alle delibere di proposizione del
ricorso avverso una legge o un atto avente valore di legge della
Repubblica (sentenza n. 57 del 1957); delibere riservate
espressamente dall’indicato art. 98 dello statuto alla competenza del
Consiglio provinciale.
Il fatto, pero’, che in base al suddetto statuto d’autonomia sia
consentito alla Giunta provinciale di proporre ricorso salvo ratifica
non significa che questa sia irrilevante ai fini del giudizio davanti
a questa Corte e neppure che possa intervenire in qualunque momento
di esso, purche’ entro l’udienza di discussione.
2.1.3.- Al contrario, con riferimento al caso di specie, deve
ritenersi che l’eccezionale e temporanea legittimazione processuale
della Giunta (sostitutiva di quella ordinaria attribuita al Consiglio
provinciale dagli artt. 54, numero 7, e 98, primo comma, dello
statuto) vada necessariamente consolidata e resa definitiva, in
quanto prevista solo a titolo provvisorio, mediante ratifica entro un
termine predeterminato. Nel processo costituzionale, in mancanza di
una normativa specifica, tale termine va individuato in base alla
disciplina ed ai relativi principi che attualmente regolano i giudizi
davanti a questa Corte. In particolare, al fine di garantire
l’economia, la celerita’ e la certezza del giudizio costituzionale,
e’ necessario che la volonta’ del Consiglio provinciale di promuovere
ricorso avverso una legge dello Stato sia accertata, mediante
acquisizione della deliberazione agli atti del processo, al piu’
tardi, al momento in cui il ricorso va depositato nella cancelleria
della Corte; e cioe’ entro il termine perentorio di dieci giorni
dall’ultima notificazione, stabilito dal combinato disposto del terzo
comma dell’art. 32 e del comma 4 dell’art. 31 della legge n. 87 del
1953 (citate sentenze n. 54 del 1990 e n. 147 del 1972).
Il deposito del ricorso notificato, da effettuarsi entro il
termine perentorio suddetto, costituisce, infatti, un momento
essenziale del processo costituzionale, perche’ comporta la
costituzione in giudizio della parte ricorrente, fissa
definitivamente il thema decidendum (impedendone ogni successivo
ampliamento), instaura il rapporto processuale con questa Corte e
segna l’inizio del termine ordinatorio di novanta giorni per la
fissazione dell’udienza di discussione del ricorso (art. 35 della
legge n. 87 del 1953). Inoltre, dalla scadenza del termine stabilito
per il deposito del ricorso decorre il termine perentorio entro il
quale le altre parti possono costituirsi in giudizio (nella specie,
per la parte convenuta nei ricorsi di impugnazione di leggi, trenta
giorni, ai sensi del comma 3 dell’art. 19 delle citate norme
integrative).
Questa non casuale scansione di termini processuali mostra in
modo evidente che il processo costituzionale – in coerenza con la sua
essenziale funzione di assicurare un preordinato e razionale sistema
di giustizia legale, nel rispetto del principio del contraddittorio –
e’ diretto a garantire alla parte resistente la possibilita’ di
manifestare la propria volonta’ di opporsi al ricorso (costituendosi
in giudizio) dopo che l’atto di impugnazione deliberato dall’organo
solo provvisoriamente competente si sia definitivamente consolidato
con la ratifica e dopo che questa sia stata prodotta in giudizio
entro il termine perentorio fissato al ricorrente per il deposito in
cancelleria del ricorso. Diversamente, si imporrebbe
irragionevolmente alla parte resistente di costituirsi in giudizio
quando ancora non e’ stata perfezionata e definitivamente accertata
la volonta’ del ricorrente di proporre il ricorso. Ne segue che
l’atto di ratifica dell’impugnazione della legge statale deve essere
depositato nel termine del deposito del ricorso stesso.
2.1.4.- La legittimazione sostitutiva della Giunta provinciale al
Consiglio provinciale non e’ ne’ incondizionata ne’ a titolo
definitivo, ma sorge solo in situazioni d’urgenza ed ha efficacia
interinale e provvisoria, necessitando di un consolidamento mediante
ratifica da parte del Consiglio stesso. L’instabilita’ e
l’interinalita’ degli effetti di tale legittimazione sono analoghe,
sotto tale aspetto, a quelle della legittimazione sostitutiva
attribuita extra ordinem dalla giurisprudenza di questa Corte al
Presidente del Consiglio dei ministri per i ricorsi proposti in luogo
del Consiglio (sentenze ricordate al punto 2.1.1.). Poiche’ non ha
alcun rilievo la diversita’ della fonte immediata delle suddette
legittimazioni surrogatorie (statutaria nel caso della Giunta
provinciale; giurisprudenziale nel caso del Presidente del Consiglio
dei ministri), occorre concludere che anche l’atto di ratifica del
Consiglio provinciale deve intervenire ed essere prodotto in
giudizio, al piu’ tardi, al momento del deposito del ricorso davanti
alla Corte o, comunque, entro il termine per la costituzione in
giudizio (analogamente a quanto statuito da questa Corte con la
citata sentenza n. 147 del 1972 con riferimento alla ratifica del
Consiglio dei ministri).
La conclusione sopra raggiunta circa la perentorieta’ del termine
entro il quale la ratifica va depositata in giudizio non e’
contraddetta dalle ipotesi in cui l’organo ricorrente incompetente o
con competenza meramente provvisoria ha rinunciato al ricorso prima
dell’intervento della ratifica e la Corte abbia dichiarato estinto il
giudizio senza rilevare il difetto di capacita’ processuale del
rinunciante (come avvenuto, ad esempio, con la sentenza n. 461 del
1992). Infatti, la rinuncia del ricorrente (sia esso dotato o no di
una definitiva capacita’ processuale), nel caso di accettazione del
resistente costituito o nel caso in cui il resistente non sia
costituito, comporta di per se’ l’estinzione del giudizio ed
impedisce, al pari delle ipotesi di cessazione della materia del
contendere, la valutazione da parte della Corte della sussistenza del
presupposto della legitimatio ad processum.
2.2.- Come si e’ anticipato, l’inammissibilita’ del ricorso per
tardivita’ del deposito della ratifica consiliare rispetto al termine
per la costituzione in giudizio non puo’, tuttavia, essere
dichiarata. Si deve, infatti, tener conto nel caso di specie della
lunga prassi di questa Corte, la quale in numerose pronunce (ex
multis, sentenze n. 57 del 1957; n. 56 del 1964; n. 768 del 1988; n.
104 del 2008) non ha rilevato l’inammissibilita’ del ricorso sotto
questo profilo. Siffatta prassi ha determinato, anche per l’obiettiva
incertezza interpretativa delle norme processali in materia, un
errore scusabile tale da ingenerare nelle Province autonome
l’affidamento circa la non perentorieta’ del suddetto termine di
deposito.
Questa Corte ritiene, pertanto, di dover procedere all’esame nel
merito della questione e di non accogliere la richiesta dalla parte
ricorrente di fissare un’ulteriore udienza di discussione.
3.- Prima di esaminare nel merito la sollevata questione di
legittimita’ costituzionale, occorre prendere atto che,
successivamente alla proposizione del ricorso, l’art. 16, comma 1,
del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per
la crescita, l’equita’ e il consolidamento dei conti pubblici),
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214,
ha modificato il secondo periodo dell’impugnato comma 21 dell’art. 23
del decreto-legge n. 98 del 2011, variando, a partire dal 2012,
l’importo dell’addizionale da 10 euro per ogni chilowatt superiore ai
225 a 20 euro per ogni chilowatt eccedente i 185 («A partire
dall’anno 2012 l’addizionale erariale della tassa automobilistica di
cui al primo periodo e’ fissata in euro 20 per ogni chilowatt di
potenza del veicolo superiore a centottantacinque chilowatt.»).
Detto ius superveniens, tuttavia, non ha comportato la cessazione
della materia del contendere sia perche’ la disciplina relativa
all’anno 2011 (primo periodo del comma 21) e’ rimasta immutata sia
perche’ la censura della Provincia autonoma e’ rivolta alla prevista
riserva allo Stato del gettito dell’addizionale, indipendentemente
dall’entita’ dell’addizionale stessa e dall’importo del suo gettito.
Ne segue che la questione deve essere estesa alla nuova formulazione
dell’art. 23, comma 21, del decreto-legge n. 98 del 2011.
4.- Nel merito, la ricorrente prospetta, in via gradata, tre
diverse questioni di legittimita’ costituzionale. In via principale,
deduce che la normativa impugnata, nel disporre l’acquisizione
all’erario del gettito dell’addizionale sulla tassa automobilistica,
illegittimamente stabilisce l’appropriazione da parte dello Stato del
gettito di un tributo proprio della Provincia autonoma in violazione
dell’art. 73 dello statuto. In via subordinata, afferma che la
medesima normativa, nel prevedere l’attribuzione allo Stato
dell’intero gettito di detta addizionale, viola l’art. 75, lettera g)
[rectius: art. 75, comma 1, alinea e lettera g)], dello statuto, che
riserva alla Provincia medesima «i nove decimi di tutte le altre
entrate tributarie erariali, dirette o indirette, comunque
denominate, inclusa l’imposta locale sui redditi, ad eccezione di
quelle di spettanza regionale o di altri enti pubblici». Infine,
lamenta, in via ulteriormente gradata («solo per scrupolo di
completezza», come si esprime nel ricorso), che, mediante la
disposizione censurata, lo Stato persegue obiettivi di riequilibrio
della finanza pubblica senza la previa adozione delle specifiche
modalita’ previste – in applicazione del principio di leale
collaborazione – dall’art. 79 dello statuto, secondo cui, «Al fine di
assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione
e le province concordano con il Ministro dell’economia e delle
finanze gli obblighi relativi al patto di stabilita’ interno con
riferimento ai saldi di bilancio da conseguire in ciascun periodo».
4.1.- La prima di tali questioni, proposta in via principale, non
e’ fondata. La ricorrente afferma che l’addizionale erariale, in
quanto si innesta in un tributo proprio della Provincia – cioe’ nella
tassa automobilistica provinciale istituita dall’art. 4 della legge
prov. n. 10 del 1998, da qualificarsi «tributo proprio» in senso
stretto a decorrere dal 1° gennaio 2010, ai sensi del secondo periodo
del comma 1 dell’art. 73 dello statuto d’autonomia -, costituisce
maggiorazione di un tributo provinciale, con la conseguenza che anche
il gettito di tale addizionale andrebbe attribuito alla Provincia.
Per giungere a questa conclusione, la ricorrente presuppone che
tale addizionale abbia la stessa natura di tributo proprio
provinciale della tassa cui inerisce. Tale presupposto e’, tuttavia,
errato perche’ l’addizionale (sia essa qualificabile come una vera e
propria addizionale oppure come una sovrimposta), pur innestandosi in
un tributo proprio della Provincia, resta un prelievo erariale,
stabilito dallo Stato nell’esercizio della sua potesta’ legislativa
esclusiva in materia di «sistema tributario dello Stato» (art. 117,
secondo comma, lettera e, Cost.). Pertanto, anche il gettito di tale
addizionale spetta all’erario, nei limiti consentiti dalle norme
statutarie.
Ne’ puo’ accogliersi la tesi della ricorrente, la quale, per
sostenere l’attribuzione in suo favore dell’intero gettito
dell’addizionale, invoca il transitorio rinvio alla normativa statale
della tassa automobilistica effettuato dal comma 2 del citato art. 4
della legge prov. n. 10 del 1998 («In attesa di una disciplina
organica della tassa automobilistica provinciale il presupposto
d’imposta, la misura della tassa, i soggetti passivi, le modalita’ di
applicazione del tributo […] rimangono assoggettati alla disciplina
prevista dal decreto del Presidente della Repubblica n. 39 del 1953
[recante: «Testo unico delle leggi sulle tasse automobilistiche»],
nonche’ alle altre disposizioni previste per la tassa automobilistica
erariale e regionale vigenti nel restante territorio nazionale»).
Infatti, mediante tale comma 2, il legislatore provinciale ha solo
inteso mutuare dalla normativa statale la disciplina della propria
tassa automobilistica, attraverso un rinvio avente ad oggetto
esclusivamente le norme statali «vigenti» relative alla «tassa
automobilistica» e non anche all’«addizionale erariale» in esame, che
e’ stata introdotta dalla normativa censurata solo successivamente
alla citata legge provinciale e che, comunque, non puo’ costituire un
«tributo proprio della Provincia», in quanto non "istituita con legge
provinciale", ai sensi del comma 1 dell’art. 73 dello statuto.
Occorre, dunque, ritenere che la normativa impugnata e’ stata
legittimamente introdotta dallo Stato nell’esercizio della propria
potesta’ legislativa esclusiva nella materia «sistema tributario
dello Stato» e che il fatto che l’addizionale erariale si innesti su
un tributo proprio provinciale non implica che il relativo gettito
costituisca anch’esso gettito di un tributo proprio provinciale.
4.2.- Con la seconda questione, proposta in via subordinata, la
ricorrente afferma che l’attribuzione allo Stato dell’intero gettito
dell’addizionale erariale e non soltanto di un decimo di esso viola
gli articoli 73 e 75, comma 1, alinea e lettera g), dello statuto
speciale di autonomia, difettando le condizioni poste dall’art. 9 del
d.lgs. n. 268 del 1992, per la riserva del gettito all’erario. La
ricorrente lamenta, in particolare, che il gettito non puo’
attribuirsi allo Stato, ai sensi del citato art. 9, perche’: 1)
l’addizionale e’ stata introdotta senza limitazioni temporali, ma a
regime; 2) il gettito non e’ quantificato, ne’ distintamente
contabilizzato, in quanto alla copertura delle spese indicate
nell’art. 40, comma 2, del decreto-legge n. 98 del 2011 e’ destinata
solo una «quota parte» dell’addizionale stessa, oltre che una vasta
congerie di nuove entrate; 3) l’addizionale e’ destinata alla
copertura non di «nuove specifiche spese», ma dell’insieme indistinto
di spese indicato dal citato art. 40, comma 2.
La questione e’ fondata.
4.2.1.- L’evocato art. 75, comma 1, alinea e lettera g), dello
statuto riserva alle Province autonome «i nove decimi» delle «entrate
tributarie erariali, dirette o indirette, comunque denominate […],
ad eccezione di quelle di spettanza regionale o di altri enti
pubblici», che siano «percette nei rispettivi territori provinciali».
Il comma unico dell’art. 9 del d.lgs. n. 268 del 1992 (come
modificato dall’art. 4 del decreto legislativo 24 luglio 1996, n.
432, recante «Norme di attuazione dello statuto speciale per la
regione Trentino-Alto Adige recanti modifiche ed integrazioni al
decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268, concernente la finanza
regionale e provinciale»), nell’attuare lo statuto, stabilisce che:
«Il gettito derivante da maggiorazioni di aliquote o dall’istituzione
di nuovi tributi, se destinato per legge, per finalita’ diverse da
quelle di cui al comma 6 dell’art. 10 e al comma 1, lettera b),
dell’art. 10-bis, alla copertura, ai sensi dell’art. 81 della
Costituzione, di nuove specifiche spese di carattere non continuativo
che non rientrano nelle materie di competenza della regione o delle
province, ivi comprese quelle relative a calamita’ naturali, e’
riservato allo Stato, purche’ risulti temporalmente delimitato,
nonche’ contabilizzato distintamente nel bilancio statale e quindi
quantificabile. Fuori dei casi contemplati nel presente articolo si
applica quanto disposto dagli articoli 10 e 10-bis».
Per valutare se la riserva al bilancio statale dell’addizionale
erariale disposta dalla norma censurata sia legittima occorre
verificare se essa soddisfi tutte le condizioni previste dall’evocato
art. 9 del d.lgs. n. 268 del 1992. In particolare, questo articolo
richiede a tal fine che: 1) la suddetta riserva sia giustificata da
«finalita’ diverse da quelle di cui al comma 6 dell’art. 10 e al
comma 1, lettera b), dell’art. 10-bis» dello stesso d.lgs. n. 268 del
1992, e cioe’ da finalita’ diverse tanto dal «raggiungimento degli
obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica» (art. 10, comma 6)
quanto dalla copertura di «spese derivanti dall’esercizio delle
funzioni statali delegate alla regione» (art. 10-bis, comma 1,
lettera b); 2) il gettito derivi da maggiorazioni di aliquote o
dall’istituzione di nuovi tributi; sia temporalmente delimitato; sia
contabilizzato distintamente nel bilancio dello Stato e, quindi, sia
quantificabile; sia destinato per legge alla copertura (ai sensi
dell’art. 81 Cost.) di spese specifiche, nuove, di carattere non
continuativo, non riferibili a materie di competenza regionale o
provinciale (ivi comprese quelle relative a calamita’ naturali).
Nella specie, il denunciato art. 23, comma 21, del decreto-legge
n. 98 del 2011, sia nel testo originario che in quello modificato
dall’art. 16, comma 1, del decreto-legge n. 201 del 2011, non
soddisfa quantomeno la condizione della delimitazione temporale del
gettito, perche’ l’addizionale si applica senza limiti di tempo, «a
partire dal 2011» e, in misura diversa, dal 2012 per effetto del
citato ius superveniens. Ne’ per delimitare gli effetti della
normativa impugnata puo’ invocarsi – come fa la difesa della
resistente – il termine del 2013, entro il quale lo Stato italiano si
e’ impegnato in sede europea a conseguire il pareggio di bilancio.
Tale impegno, infatti, ha natura meramente politica e non si e’
tradotto in norme giuridiche vincolanti. Tanto e’ sufficiente per
escludere la riserva allo Stato del gettito dell’addizionale.
E cio’, senza tener conto che anche la condizione del carattere
non continuativo delle spese alla cui copertura il gettito stesso
deve essere destinato non e’ soddisfatta per molte delle spese che
l’addizionale e’ diretta a finanziare in base all’alinea del comma 2
dell’art. 40 del decreto-legge n. 98 del 2011. Tra tali spese (o
minori entrate), infatti, hanno carattere continuativo quelle
previste dai seguenti articoli del medesimo decreto-legge: a) 23,
comma 8 (riduzione dal 10 al 4 per cento della ritenuta di acconto
dell’imposta sul reddito); b) 23, comma 45 (istituzione della zona
franca di Lampedusa, a condizione della previa autorizzazione
comunitaria); c) 31 (esclusione da imposizione di alcuni proventi
derivanti dalla partecipazione ai «Fondi per il Venture Capital»); d)
23, commi da 12 a 15 (riallineamento di valori fiscali e civilistici
relativi all’avviamento ed alle altre attivita’ immateriali); e) art.
27 (agevolazioni di imposta per l’imprenditoria giovanile e i
lavoratori in mobilita’); f) art. 37, comma 20 (spese di
funzionamento, a decorrere dall’anno 2011, del Collegio dei revisori
dei conti, chiamato ad esercitare il controllo sulla regolarita’
della gestione finanziaria e patrimoniale del Consiglio di presidenza
della giustizia amministrativa, del Consiglio di presidenza della
giustizia tributaria e del Consiglio della magistratura militare).
4.3.- Da quanto precede risulta che il gettito dell’addizionale
erariale in esame, percetto nel territorio della Provincia autonoma,
non puo’ essere attribuito integralmente allo Stato, perche’ non e’
delimitato temporalmente. Tale gettito, pertanto, spetta alla
Provincia ricorrente nella misura dei nove decimi, ai sensi dell’art.
75, comma 1, alinea e lettera g), dello statuto. In tali limiti va
accolta la promossa questione di legittimita’ costituzionale. Restano
assorbiti gli altri profili di censura prospettati dalla ricorrente.
5.- Anche la terza questione – in quanto proposta dalla
ricorrente in via ulteriormente subordinata – resta assorbita
dall’accoglimento della seconda questione.
6.- Data l’identita’ della normativa statutaria e di attuazione
dello statuto riguardante la Provincia autonoma ricorrente e la
Provincia autonoma di Bolzano, la presente pronuncia – con
riferimento all’attribuzione del gettito dell’addizionale erariale
sulla tassa automobilistica provinciale – deve essere estesa a
quest’ultima Provincia.

per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 23, comma 21,
del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con
modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 (Disposizioni
urgenti per la stabilizzazione finanziaria), sia nel testo originario
sia in quello modificato dall’art. 16, comma 1, del decreto-legge 6
dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita,
l’equita’ e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con
modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, nella parte in
cui dispone che sia integralmente versato al bilancio dello Stato il
gettito dell’addizionale erariale sulla tassa automobilistica
provinciale percetto nei rispettivi territori delle Province autonome
di Trento e di Bolzano e non attribuisce a ciascuna di tali Province
autonome i nove decimi di detto gettito.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 maggio 2012.

F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Franco GALLO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 6 giugno 2012.

Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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