Cassazione Sezione 1 Civile, Sentenza del 22 maggio 2009, n. 11913 ( CIVILE – Scioglimento del matrimonio: obblighi verso l’altro coniuge e mutamento della situazione economica del beneficiario )

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il Sig. La.Co. , con ricorso 12 dicembre 2002 al tribunale di Roma, notificato alla ex moglie sig.ra Ca. An. Ma. , chiedeva che fosse revocato l’assegno stabilito in favore della convenuta con la sentenza di divorzio, liquidato nella misura di lire 260.000, pari ad euro 135,27, e rideterminato nel (OMESSO) in lire 200.000, essendo mutate le condizioni economiche della Ca. a seguito dell’eredita’ ricevuta dalla madre. Chiedeva che la revoca fosse pronunciata con effetto dal mutamento delle su dette condizioni economiche. La convenuta si costituiva spiegando domanda riconvenzionale e chiedendo l’aumento dell’assegno. Il tribunale revocava l’assegno a far data dalla domanda giudiziale. Il La. proponeva impugnazione dinanzi alla Corte di appello in relazione alla decorrenza della revoca dell’assegno, insistendo perche’ fosse pronunciata, come richiesto, con effetto retroattivo, tenuto conto che, diversamente, la ex moglie avrebbe avuto diritto a una quota del T.F.R. – da lui percepita in data (OMESSO) – pur in assenza dei presupposti assistenziali che sono alla base della su detta attribuzione. La Ca. si costituiva eccependo la carenza d’interesse del La. all’impugnazione, stante l’irripetibilita’ degli assegni gia’ percepiti. La Corte di appello di Roma, con sentenza depositata il 29 settembre 2005, notificata al La. il 18 novembre 2005, respingeva l’impugnazione. Il La. ha proposto ricorso a questa Corte con atto notificato il 17 gennaio 2006, formulando un unico motivo. La Ca. non ha depositato difese.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso si denunciano la violazione della Legge n. 898 del 1970, articolo 9 e vizi motivazionali. Si deduce al riguardo che la Corte di appello avrebbe errato nell’affermare che la revoca dell’assegno di divorzio non potesse essere pronunciata dal tempo in cui erano mutate le condizioni economiche dell’avente diritto, bensi’ solo dal momento della domanda. Sarebbe erroneo, infatti, il richiamo all’articolo 445 cod. civ., contenuto nella sentenza con riferimento alla disciplina della somministrazione degli alimenti, in quanto la revoca dell’assegno non inciderebbe solo sulla sua misura, ma sulla sua stessa spettanza e sui diritti connessi (quale quello al T.F.R.). Pertanto, mentre nel caso positivo di persistenza del diritto all’assegno vi potrebbe essere qualche analogia che potrebbe giustificare la stessa regolamentazione rispetto all’assegno alimentare, l’analogia non sussisterebbe in relazione alla revoca dell’assegno di divorzio, stante il collegamento di esso con altri diritti (pensione di reversibilita’ e T.F.R.), cosicche’ non vi sarebbe ragione perche’ la decorrenza della revoca sia regolata allo stesso modo. Si mette in evidenza al riguardo che, nel caso di specie, essendosi verificato il mutamento della situazione economica della controparte nel (OMESSO) ed essendo stato il ricorso per la revoca dell’assegno depositato nel (OMESSO), il decorso della revoca dalla domanda implicherebbe la possibilita’ per la convenuta di chiedere una quota del trattamento di fine rapporto percepito dal ricorrente nel luglio 2002, in contrasto con la atio della norma attributiva di tale diritto, avente carattere assistenziale strettamente collegato con l’assegno di divorzio e senza che alcuna norma vieti la retroattivita’ della revoca dell’assegno. Parimenti erroneo sarebbe il richiamo all’articolo 4 della legge sul divorzio, non essendo l’attribuzione dell’assegno, connessa allo status di coniuge divorziato, assimilabile alla sua revoca.

2. Il ricorso e’ infondato, ancorche’ la motivazione del decreto impugnato vada corretta nei sensi appresso indicati.

Il decreto impugnato ha affermato che la revoca dell’assegno di divorzio non puo’ retroagire a un momento anteriore a quello della domanda in quanto il principio generale in tema di alimenti, applicabile anche alla revoca dell’assegno di divorzio, attesa la natura eminentemente assistenziale del medesimo, e’ quello della decorrenza dalla domanda e non dal (precedente) verificarsi delle condizioni negative del diritto, ai sensi dell’articolo 445 cod. civ., che si riferisce espressamente alla speculare ipotesi della decorrenza dei (dovuti) alimenti. Ha inoltre affermato che, poiche’ ai sensi dall’articolo 4 della legge sul divorzio il termine estremo di decorrenza dell’assegno di divorzio e’ quello della domanda, specularmente tale termine deve essere ritenuto quello massimo di retroattivita’ anche per la revoca dell’assegno.

In effetti la non retroagibilita’ della revoca dell’assegno di divorzio a un momento anteriore a quello della domanda non va ricollegata alle norme indicate nel decreto, bensi’ al meccanismo di modifica delle statuizioni stabilite defila sentenza di divorzio previsto dall’articolo 9, comma 1, della legge sul divorzio – a norma del quale qualora sopravvengano giustificati motivi, dopo la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, in Camera di consiglio e, per i provvedimenti riguardo ai figli, con la partecipazione del pubblico ministero, puo’, su istanza di parte, disporre la revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli e di quelle relative alla misura e alle modalita’ dei contributi da corrispondere ai sensi degli articoli 5 e 6 – nonche’ ai principi generali sulla decorrenza dei provvedimenti giurisdizionali e sul giudicato.

Questa Corte (Cass. 7 gennaio 2008, n. 28), a proposito dell’assegno di mantenimento dei figli in regime di separazione, ha enunciato il principio secondo il quale il diritto a percepirlo di un coniuge e il corrispondente obbligo a versarlo dell’altro, nella misura e nei modi stabiliti dalla sentenza di separazione, conservano la loro efficacia sino a quando non intervenga la modifica di tali provvedimenti, secondo il meccanismo previsto dall’articolo 710 c.p.c., rimanendo del tutto ininfluente il momento in cui di fatto siano maturati i presupposti per la modificazione o soppressione dell’assegno. Con la conseguenza che, in mancanza di specifiche disposizioni, in base ai principi generali relativi all’autorita’, intangibilita’ e stabilita’, per quanto temporalmente limitata ( ebus sic stantibus), del precedente giudicato impositivo del contributo di mantenimento, la decisione giurisdizionale di revisione non puo’ avere decorrenza anticipata al momento in cui si e’ verificato il fatto innovativo rispetto alla data della domanda di modificazione.

Analogo principio va affermato, oltre che per l’assegno di separazione, anche per l’assegno di divorzio, la cui modifica e’ onere della parte richiedere tempestivamente, ove se ne verifichino i presupposti.

Le sentenze di divorzio, infatti, cosi’ come quelle di separazione, una volta passate in giudicato, producono i loro effetti sin quando non intervenga un provvedimento giurisdizionale di modifica, rispettivamente ai sensi dell’articolo 155 ter cod. civ. e articolo 156 cod. civ., u.c. e articolo 710 c.p.c., e articolo 9, comma 1, della legge sul divorzio. Infatti, in forza della disciplina particolare dettata da tali norme, caratteristica peculiare del giudicato relativo a dette sentenze e’ quello di produrre i suoi effetti, quanto ai provvedimenti relativi all’affidamento dei figli ed alle disposizioni di carattere economico, finche’ non intervenga un provvedimento giurisdizionale modificativo, il quale – secondo i principi generali – non puo’ produrre i suoi effetti con efficacia anteriore alla domanda (salva la facolta’ del giudice, in relazione alle circostanze, di statuirne l’efficacia, in tutto o in parte, da momenti posteriori).

Pertanto, sino al provvedimento giurisdizionale di modifica – e con effetto dal momento della domanda (ovvero dal momento o dai momenti posteriori eventualmente fissati dal giudice) – il giudicato produce tutti i suoi effetti, in positivo e in negativo, nel senso che, per quanto attiene all’assegno di divorzio, che e’ il tema in questione, se esso e’ stato attribuito sara’ dovuto sino a tale momento e, parimenti, sino a tale momento la sua attribuzione comportera’ anche, ove se ne verifichino i presupposti, l’attribuzione di ogni diritto che vi si riconnetta, come quello alla pensione di reversibilita’, in caso di morte dell’obbligato (articolo 9, commi 2 e 3), ed alla quota dell’indennita’ di fine rapporto del coniuge obbligato (articolo 12 bis). Viceversa, se l’assegno di divorzio non e’ stato attribuito, in nessun caso potra’ esserne dovuta la corresponsione – ancorche’ ne siano venuti a sussistenza i presupposti – senza l’emanazione di un provvedimento giurisdizionale di modifica ai sensi dell’articolo 9, il cui effetto non potra’ essere anteriore alla domanda, cosicche’ anche gli ulteriori diritti che vi si riconnettono spetteranno solo ove si maturino dopo tale data.

Corretta in tal senso la motivazione della sentenza ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., il ricorso deve, pertanto, essere rigettato. Nulla va statuito sulle spese non essendosi la parte intimata costituita.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso.

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