T.A.R. Lombardia Milano Sez. I, Sent., 25-01-2011, n. 203

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente, all’epoca dei fatti per cui è causa, era presidente del Comitato regionale della Croce Rossa Italiana per la Lombardia.

Con ordinanza commissariale n. 153 del 13.5.2009 il Commissario straordinario determinava "di avviare un procedimento amministrativo di verifica della sussistenza delle condizioni affinché la Prof.ssa M.R.P. possa continuare a svolgere il proprio incarico", e di comunicare alla stessa l’avvio del procedimento, richiedendo eventuali controdeduzioni. Il procedimento scaturiva da un incontro pubblico, avvenuto in data 8.5.2009, presso i locali della Croce Rossa, tra un candidato alle elezioni provinciali e l’attuale ricorrente, che avrebbe rilasciato ai giornalisti presenti dichiarazioni di sostegno al predetto candidato.

Con nota datata 25.5.2009, l’interessata faceva pervenire all’Amministrazione resistente le proprie controdeduzioni.

Con ordinanza commissariale n. 216 del 16.7.2009, il Commissario straordinario determinava una seconda volta "di avviare un procedimento amministrativo di verifica della sussistenza delle condizioni affinché la Prof.ssa M.R.P. possa continuare a svolgere il proprio incarico", e di comunicare alla stessa l’avvio del procedimento, richiedendo eventuali controdeduzioni. Questo ulteriore procedimento, come precisato nelle articolate premesse dell’ordinanza n. 216/09, era stato avviato in considerazione delle seguenti circostanze:

– con ordinanza n. 22 del 30.4.2008, l’attuale ricorrente, aveva concesso alla Ditta P.E. l’utilizzo del logo della Croce Rossa Italiana;

– in data 9.5.2008, a seguito della predetta ordinanza, la stessa Ditta, aveva prospettato la possibilità "di editare un’agenda sanitaria ad elevata tiratura, da distribuire e vendere attraverso vari circuiti", comprese anche le strutture della Croce Rossa, con l’utilizzo del logo C.R.I., e proponendo una sponsorizzazione consistente in un versamento, a titolo di liberalità, dalla P.E. alla C.R.I. Sezione Lombardia, di un Euro sulla vendita di ogni copia di agenda;

– con nota prot. n. 84062 del 10.12.2008, il Comitato centrale aveva invitato l’attuale ricorrente a trasmettere copia dei contratti e dei documenti relativi all’individuazione della Ditta P.E. quale contraente C.R.I. per il contratto di sponsorizzazione, che erano pervenivutipervenuti solo in data 20.5.2009;

– con nota prot. n. 2144 del 28.4.2009, inviata a tutti i Comitati, locali, provinciali e regionali della Croce Rossa, l’attuale ricorrente aveva espresso, tra l’altro "la necessità di definire compiutamente il rapporto con il soggetto che ha sostenuto le spese di stampa e di distribuzione, permettendogli di rientrare nei costi sostenuti";

– l’art. 9 del contratto stipulato tra la C.R.I. e la P.E., prevedeva che "le somme incassate all’atto della vendita di ciascuna copia dell’Agenda sono integralmente di esclusiva pertinenza di P.E. e verranno versate alla P.E. mediante bonifico bancario. I comitati locali, provinciali e/o regionali dovranno rimettere a P.E. l’importo di Euro 5 (cinque) per ogni copia venduta. Si considerano ad ogni effetto vendute le copie non rese alla P.E. entro 60 giorni dalla loro consegna. La Croce Rossa non potrà sollevare eccezione di sorta al fine di non rimettere le somme di cui sopra a P.E.";

– quanto precede aveva indotto ad escludere che il contratto di che trattasi fosse ascrivibile alla sponsorizzazione, rispetto alla quale sarebbe comunque stata necessaria una procedura di scelta del contraente, ex art. 26 D.Lgs. n. 163/06, che nella fattispecie concreta era mancata;

– la C.R.I. aveva ricevuto successivamente una nota da parte di uno Studio Legale, nella quale si sollecitava il versamento, a favore della P.E., di Euro 1.851.755,25, a titolo di corrispettivo per le agende non vendute e non restituite.

Con nota prot. n. 50233 del 22.7.2009, si inviava all’attuale ricorrente, a mezzo di lettera raccomandata a.rA.R., avviso di avvio del procedimento con richiesta di eventuali deduzioni. La predetta raccomandata portava il n. 131582311214, ed era stata spedita in data 27.7.2009. L’Ufficio postale provvedeva tuttavia, in data 16.9.2009, a rinviare la predetta raccomandata al mittente, per compiuta giacenza.

Con ordinanza commissariale n. 301 del 28.09.2009, richiamate le controdeduzioni formulate dalla ricorrente nell’ambito del procedimento avviato con ordinanza n. 153/2009, nonché l’assenza di controdeduzioni in quello avviato con ordinanza n. 216/2009, si disponeva:

a) l’archiviazione del procedimento amministrativo avviato con ordinanza n. 153/2009;

b) la conclusione di quello avviato con ordinanza n. 216/2009, previa conferma dei rilievi mossi all’interessata nella citata ordinanza, con la sua rimozione dell’attuale incarico.

La predetta ordinanza veniva trasmessa alla ricorrente con nota prot. n. CRI/CC/CO67718/2CO9 del 30.9.2009.

Con il ricorso principale è stata impugnata l’ordinanza n. 301 del 28.9.2009, deducendo con un unico articolato motivo in diritto il difetto di motivazione e la mancata partecipazione al procedimento da parte della ricorrente. In proposito è stata denunciata la mancata ricezione, per cause non dipendenti dalla volontà dell’istante, della nota prot. n. 50233 del 22.7.2009, inviata a mezzo di lettera raccomandata a.rA.R., nonché il difetto di motivazione, per aver l’Amministrazione motivato il provvedimento impugnato, unicamente con riferimento all’assenza di controdeduzioni.

Con atto di motivi aggiunti, notificati in data 22.1.2010, la ricorrente ha impugnato l’ordinanza commissariale n. 216 del 16.7.2009, allegando di aver appreso di essere stata sottoposta al procedimento disciplinare avviato con la predetta ordinanza solo in occasione della comunicazione dell’ordinanza n. 301/2009, e di aver potuto conoscere la motivazione ivi addotta, solo in occasione del deposito in giudizio della ridetta ordinanza da parte dell’Amministrazione, avvenuto in data 17.12.2009. A tal fine la ricorrente richiama l’orientamentpl’orientamento del Consiglio di Stato, secondo il quale "l’interessato ha l’onere di impugnare l’atto endoprocedimentale con motivi aggiunti, ove dallo stesso dipendano le illegittimità del provvedimento finale impugnato, nel caso di una sua conoscenza successiva alla proposizione del ricorso" (C.S. Sez. IV 7.3.2005, n. 917, C.S. Sez. IV 15.9.2006, n. 5385).

Con i motivi aggiunti, si lamenta nel merito l’infondatezza degli addebiti mossi alla ricorrente a causa del travisamento dei fatti posti a loro fondamento, da cui l’erroneità della valutazione che ha condotto l’Amministrazione a dare avvio al procedimento.
Motivi della decisione

Il ricorso principale è infondato.

Nelle premesse del provvedimento impugnato, è stata richiamata l’ordinanza commissariale n. 216 del 16.7.2009, il cui contenuto è stato espressamente confermato. Conseguentemente non può essere accolta la censura della ricorrente, secondo cui l’Amministrazione avrebbe motivato il provvedimento impugnato, unicamente con riferimento all’assenza di controdeduzioni. Il provvedimento in questione contiene, infatti, una motivazione per relationem, individuata nella predetta ordinanza n. 216, il cui vaglio nel merito è stato poi oggetto del ricorso per motivi aggiunti.

Secondo un indirizzo ormai costante della giurisprudenza il provvedimento amministrativo preceduto da atti istruttori o da pareri deve ritenersi congruamente motivato con il richiamo ad atti diversi da quello definitivo, venendone a costituire il logico presupposto (T.A.R. Lazio, Sez. I 7.7.2010, n. 23192): tale richiamo esprime, infatti, la volontà dell’Autorità emanante di farli propri, assumendoli a causa giustificativa della determinazione adottata (C.S. Sez. IV 3.8.2010, n. 5150). Nel caso di motivazione per relationem è sufficiente che siano stati espressamente indicati gli estremi o la tipologia dell’atto richiamato, mentre non è necessario che lo stesso sia allegato o riprodotto, potendo essere messo a disposizione ed esibito ad istanza di parte (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I 12.8.2010 n. 17235).

La Croce Rossa ha, inoltre, correttamente adempiuto agli obblighi procedimentali in materia di partecipazione al procedimento, avendo inviato con nota prot. n. 50233 del 22.07.2009 all’attuale ricorrente, a mezzo di lettera raccomandata a.rA.R., avviso di avvio del procedimento, nonché richiesta di eventuali deduzioni. La predetta raccomandata (n. 131582311214), spedita in data 27.7.2009, è stata, tuttavia, restituita al mittente, in data 16.9.2009, per compiuta giacenza. L’Amministrazione ha dunque regolarmente assolto l’oblbigol’obbligo che le incombeva nelle forme previste dalla legge, inviando il prescritto avviso all’indirizzo di residenza della ricorrente, che aveva regolarmente ricevuto la corrispondenza relativa al procedimento avviato poche settimane prima. L’interessata, del resto, si limita ad affermare di non aver potuto ricevere le comunicazioni per cause non dipendenti dalla propria volontà, senza a tal fine allegarne alcuna circostanza a sostegno, il che accredita l’ipotesi che ella non abbia intenzionalmente voluto ricevere la suddetta comunicazione, valendo in ogni caso contro di lei l’attestata giacenza.

Passando ora all’esame del ricorso per motivi aggiunti va premesso che esso è ricevibile, essendo stato notificato in data 22.1.2010 e appuntandosi contocontro l’ordinanza commissariale n. 216 del 16.7.2009, formalmente conosciuta solo in occasione del suo deposito in giudizio da parte della resistente, avvenuto in data 17.12.2009. Solo a decorrere da tale data va dunque computato il termine di decadenza, per cui, essendo i motivi aggiunti stati notificati in data 19.1.2010, e depositati il successivo giorno 22, essi sono stati tempestivamente proposti.

Nel merito, il ricorso con motivi aggiunti è, tuttavia, infondato, non sussistendo il denunciato travisamento dei fatti in cui sarebbe incorsa l’Amministrazione: il provvedimento trova, invero, base e ragione in una serie di fatti oggettivamente verificabili, e non suscettibili di discrezionale apprezzamento quanto alla loro individuazione, per cui il dedotto vizio sintomatico resta del tutto capace di eliderne l’evidenza.

Sotto un primo aspetto dalla lettura dell’impugnata statuizione emergono significativamenesignificativamente la mancata collaborazione e il grave ritardo, protrattosi per oltre cinque mesi, da parte degli uffici diretti dalla ricorrente nella trasmissione di copia dei contratti e dei documenti relativi ai rapporti intercorsi con la Ditta P.E., quale contraente C.R.I. per il preteso contratto di sponsorizzazione. Quanto, poi, all’origine di detti rapporti è stata puntualmente sottolineata la mancanza di qualsivoglia attività preliminare per l’individuazione del soggetto privato con cui stipulare il contratto che, a prescindere dalla sua qualificazione civilistica, sarebbe stata necessaria, quanto meno sotto il profilo dell’obbligo di imparzialità, alla stregua del rilevante vantaggio economico tratto in sede di vendita delle agende da parte della stessa Croce Rossa.

A fronte dei puntuali addebiti mossi alla ricorrente essa contesta la loro fondatezza con plurime asserzioni, peraltro del generiche, essendo prive di ogni riscontro documentale.

La ricorrente denuncia, infatti, a suo danno l’esistenza di "un disegno persecutorio, come si evince dall’esame delle circostanze che vanno a comporre il contesto fattuale nel quale è collocata la controversia oggetto del presente giudizio", il che si rivela, tuttavia, come verbosa espressione, peraltro meramente autoreferenziale, non essendo stata indicata alcuna puntuale e concreta circostanza volta ad asseverare l’assunta esposizione.

La ricorrente allega, inoltre, che "l’Amministrazione centrale della Croce Rossa era stata perfettamente informata dell’iniziativa e l’aveva approvata"; che non sarebbero stati considerati i "sopravvenuti motivi di pubblico interesse", il "mutamento della situazione di fatto" e che non sarebbe stata effettuata una " nuova valutazione dell’interesse pubblico".

Quanto all’affermazione della conoscenza e dell’approvazione del progetto da parte della Croce Rossa fa egualmente difetto ogni principio di prova che ne avvalori l’esistenza, fermo restando che, relativamente ai fatti rilevanti per l’adozione dell’impugnata determinazione, essi sono stati puntualmente indicati in oltre sei pagine di premessa. Le censure rivolte a contestare la mancata evidenziazione dei "sopravvenuti motivi di pubblico interesse" e delle ragioni che hanno portato ad una "nuova valutazione dell’interesse pubblico" sono parimenti infondate, dal momento che l’art. 21 quinquies comma 1 L. n. 241/90, non espressamente invocato dal ricorrente, ma implicitamente sotteso, prevede in via alternativa, e non cumulativa, la sussistenza dei presupposti invocati ("per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario"): nel caso di specie, come già detto, è stato ampiamente dimostrato tramite congrua motivazione l’enunciato mutamento della situazione di fatto, per cui le censure prospettate sono palesemente destituite di fondamento.

Né possono essere condivise le numerose censure con cui è stata contestata la qualificazione civilistica del contratto attribuita dall’Amministrazione resistente (v. punti nn. 4 e 5).

Osserva il Collegio che il contratto stipulato tra la Croce Rossa e la Ditta P.E. presenta profili obiettivamente non riconducibili alla pretesa sponsorizzazione, in considerazione dell’mpegnodell’impegno posto a carico della stessa Croce Rossa per porre in vendita le agende (v. punto n. 3, pag. 11, dei motivi aggiunti). Deve inoltre respingersi l’affermazione secondo cui "l’accordo contrattuale non ha contenuto patrimoniale e a carico dell’Amministrazione non sorgono prestazioni di natura patrimoniale": tale rilievo è, infatti, documentalmente smentito dall’art. 9 del contratto, che stabilisce che "i comitati locali, provinciali e/o regionali dovranno rimettere a P.E. l’importo di Euro 5 (cinque) per ogni copia venduta"; che "si considerano ad ogni effetto vendute le copie non rese alla P.E. entro 60 giorni dalla loro consegna" e che "la Croce Rossa non potrà sollevare eccezione di sorta al fine di non rimettere le somme di cui sopra a P.E.", il che connota una clausola obiettivamente vessatoria nei confronti della dante causa. Il tenore letterale del contratto è, infatti, inequivoco nel prescrivere che la Croce Rossa doveva rimettere a P.E. le previste somme sia per il caso in cui le agende fossero state vendute, sia per il caso contrario della loro giacenza oltre il termine convenuto, non essendopotendo attribuire alcun diverso significato all’espressione "si considerano ad ogni effetto vendute le copie non rese".

In conclusione, anche se si potesse convenire che nella vicenda de quo sia stato concluso un contratto di sponsorizzazione, la sua stipulazione non è stata preceduta da alcuna attività preliminare, per quanto semplificata, di scelta del contraente: a fronte del rilevanterilevante vantaggio economico, oltre che di immagine, conseguito dal privato con l’affidamento di che trattasi, quale manifestato dalla richiesta di pagamento pervenuta successivamente alla Croce Rossa per l’assia il rilevante importo di Euro 1.851.755,25, risulta essere stato violato il principio costituzionale di imparzialità dell’azione amministrativa, in totale assenza di attività istruttoria, o di motivazione, in ordine alla scelta diretta del soggetto privato.

Per quanto sopra esposto il provvedimento è stato rettamente motivato con riferimento a fatti che non sono stati né travisati, né arbitrariamente valutati. Conseguentemente non hanno rilievo e possono essere assorbite le ulteriori censure sollevate dal ricorrente, relative a contestare la relazione ispettiva o il presunto rilievo attribuito dall’Amministrazione alle richieste di pagamento inoltrate dalla Ditta P.E..

Il ricorso principale e quello presentato con motivi aggiunti vanno dunque respinti.

Le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione I)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge congiuntamente ai proposti motivi aggiunti.

Condanna la ricorrente al pagamento delle competenze e degli onorari di giudizio che liquida in Euro 3.000,00, oltre al 12,5% delle spese fortetariamenteforfetariamente calcolate, all’I.V.A. e al C.P.A.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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