T.A.R. Lombardia Milano Sez. I, Sent., 25-01-2011, n. 197 Studenti Università

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il presente ricorso la ricorrente ha impugnato la graduatoria stilata in esito alle prove di ammissione al primo anno del corso di laurea magistrale in medicina e chirurgia e il D.M. 11.6.2010, con cui il Ministero ha definito modalità e contenuti delle procedure di ammissione.

Al primo motivo la ricorrente premette che l’art. 4 della L. 2.8.1999, n. 264 stabilisce che l’ammissione ai concorsi sia disposta dagli atenei, previo superamento di apposite prove di cultura generale, sulla base dei programmi della scuola secondaria superiore, e di accertamento dell’idoneità delle discipline oggetto dei corsi medesimi; che il Ministro dell’Università e della Ricerca Scientifica e tecnologica determina con proprio decreto modalità e contenuti delle prove di ammissione; che con D.M. 11.6.2010 è stato adottato il provvedimento relativo all’anno 2010/2011 e che il test consisteva in 80 quesiti, che erano di cultura generale e ragionamento logico (40 quesiti), biologia (18), chimica (11), fisica e matematica(11).

Sostiene, poi, la ricorrente che il D.M. 11.6.2010 avrebbe arbitrariamente privilegiato l’accertamento della cultura scientifica eventualmente già posseduta dai candidati rispetto alla cultura generale, che invece avrebbe dovuto costituire l’oggetto specifico della prova: il test sarebbe quindi illegittimo.

Il mezzo è infondato.

Come sopra evidenziato la L. n. 264/1999 prevede due ordini di materie nelle quali devono ripartirsi i quesiti, la "cultura generale", sulla base dei programmi della scuola secondaria superiore, e "le discipline oggetto dei corsi". Il D.M. citato e il conseguente bando appaiono conformi alle indicazioni di legge, avendo perfettamente ripartito il numero dei quiz tra entrambe le materie indicate, attribuendo 40 domande a ciascuna di esse.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta come sia il D.M. sia il bando di indizione prevedevano 1 punto per ogni risposta esatta e una penalità di 0,25 punti per ogni risposta sbagliata e 0 punti per ogni risposta non data. Tale sistema, considerando più grave e più penalizzante la risposta sbagliata rispetto a una dichiarazione di ignoranza, costituita dall’omessa risposta, sarebbe illogico e parziale.

Anche tale motivo non merita accoglimento. Ogni concorrente è stato messo in condizione di non rispondere ad una domanda di cui non era certo della relativa risposta, conoscendo ex ante la relativa penalizzazione. Il criterio non è irragionevole, essendo invece preordinato ad evitare che, a fronte del numero esiguo di risposte, alcuni concorrenti, pur ignorando la risposta esatta, affidandosi alla sorte, risultino indebitamente premiati rispetto ad altri. La previsione citata ha dunque come finalità quella di scoraggiare che i concorrenti rispondano per tentativi, nella speranza di prescegliere la risposta esatta, e non può conseguentemente dirsi irragionevole.

Il ricorso va conclusivamente respinto.

Le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione I), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la ricorrente al pagamento delle competenze e degli onorari di giudizio che liquida in Euro 1.500,00, oltre al rimborso del 12,5% delle spese fortetariamente calcolate.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *