Cass. civ. Sez. V, Sent., 28-02-2011, n. 4803 Imposta di registro

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A.L. stipulò con i coniugi C. un mutuo con contratto di costituzione di ipoteca convenzionale, regolarmente registrato. Nel corso del giudizio, instaurato dall’ A. per l’inadempimento dei mutuatari, il Tribunale civile di Napoli emise un’ordinanza ingiunzione ex art. 186 ter c.p.c. per il pagamento della somma di L. 1.350.000.000, oltre accessori, in relazione alla quale l’ex Ufficio del Registro emise l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro proporzionale di L. 40.500.000.

L’impugnazione proposta dall’ A. fu rigettata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, e la decisione fu confermata, con sentenza depositata il 20 giugno 2005, dalla Commissione Tributaria Regionale di Napoli, adita da A.R., erede del mutuante.

Ha proposto ricorso per cassazione la contribuente. Il Ministero dell’Economia e Finanze e l’Agenzia delle Entrate non hanno spiegato difese.
Motivi della decisione

Va, preliminarmente, affermata l’ammissibilità del ricorso.

Ancorchè nell’intestazione viene, formalmente, proposto nei confronti del Ministero delle Finanze, nella relata di notifica il ricorso risulta indirizzato al Ministero – Dipartimento delle Entrate – Ufficio del Registro "in persona del Direttore pro tempore domiciliato per la carica in via Diaz 11 presso Agenzia delle Entrate Ufficio Locale Napoli (OMISSIS)", ed in quella sede recapitato a mani dell’addetto alla ricezione. L’Avvocatura dello Stato ha depositato un "atto di costituzione" per il Ministero e l’Agenzia delle Entrate, finalizzato alla partecipazione all’udienza di discussione.

Comparando la relata di notifica con tale atto, si deduce la piena identificazione della parte – l’Agenzia delle Entrate – contro cui l’impugnazione è diretta, e la regolarità della costituzione del contraddittorio.

Col primo motivo, deducendo vizio di motivazione, A.R. lamenta che la sentenza impugnata omette, del tutto, la disamina delle censure svolte con l’atto d’appello e si limita a ribadire, acriticamente, la decisione del giudice di primo grado.

Il motivo è infondato. La giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente affermato che la motivazione "per relationem" della sentenza pronunciata in sede di gravame, è legittima purchè il giudice d’appello, facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, in modo che il percorso argomentativo desumibile attraverso la parte motiva delle due sentenze risulti appagante e corretto.

(Cass. n. 3636/2007; n. 15483/2008; n. 18625/2010). E, nella specie, il giudice di secondo grado dimostra di aver valutato i motivi di appello, avendo affermato, sia pur brevemente, che non sussisteva la lamentata duplicazione dell’imposta, perchè il titolo dell’imposizione – scaturente dallo stesso atto di costituzione del mutuo- costituiva applicazione del disposto di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37, comma 1, e che la legittimazione del mutuante discendeva dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 57, che prevede la solidarietà di tutte le parti in causa al pagamento dell’imposta.

Col secondo motivo, la contribuente denuncia la violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37, comma 1, evidenziando che l’imposizione tributaria in esame presuppone l’emanazione di un provvedimento dell’Autorità giudiziaria dotato del carattere della definitività o idoneo a passare in cosa giudicata, e che tali requisiti non possono riconoscersi all’ordinanza ingiunzione ex art. 186 ter c.p.c., che è resa all’interno di un procedimento ed è revocabile o modificabile dal giudice che l’ha emessa.

Il motivo è infondato. Il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37, comma 1, dispone che "gli atti dell’autorità giudiziaria in materia di controversie civili che definiscono anche parzialmente il giudizio, i decreti ingiuntivi esecutivi, i provvedimenti che dichiarano esecutivi i lodi arbitrali e le sentenze che dichiarano efficaci nello Stato sentenze straniere sono soggetti all’imposta…". Accanto agli atti a contenuto decisorio, anche parziale, su cui la ricorrente incentra la propria attenzione, la norma assoggetta, espressamente, all’imposta i decreti ingiuntivi esecutivi, categoria nella quale va, senz’altro, sussunto il provvedimento di cui all’art. 186 ter c.p.c., dato che tale norma consente, nell’ambito di un processo già iniziato nelle forme della cognizione piena, l’emissione di un ingiunzione di pagamento, analoga, nei presupposti – ricorrenza degli elementi prescritti all’art. 633 c.p.c., comma 1, n. 1 e comma 2, e art. 634 c.p.c. – e nel contenuto, al provvedimento monitorio, che è dichiarata provvisoriamente esecutiva, ove ricorrano i requisiti di cui all’art. 642 c.p.c..

La circostanza che il provvedimento ex art. 186 ter c.p.c. soggiaccia alla disciplina delle ordinanze revocabili e modificabili dal giudice che le ha emesse, di cui all’art. 177 c.p.c. e art. 178 c.p.c., comma 1, è a torto enfatizzata dalla ricorrente, dato che l’art. 8, comma 1, lett. b), della prima parte della tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986 assoggetta ad imposta proporzionale i provvedimenti dell’autorità giudiziaria recanti condanna al pagamento di somme o valori, di per sè stessi e non in quanto determinino il trasferimento di beni o l’attribuzione di diritti; laddove l’inidoneità dell’ordinanza ingiunzione ad incidere con autorità del giudicato su posizioni di diritto sostanziale è ininfluente ai fini, qui in rilievo, dell’assoggettamento a tributo, in quanto il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37 specifica, appunto, che se al momento della registrazione i provvedimenti dell’autorità giudiziaria non siano definitivi, potrà aversi "conguaglio o rimborso in base a successiva sentenza passata in giudicato….".

Col terzo motivo, la ricorrente deduce la violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 57, comma 1, affermando che la solidarietà tra le parti in causa prevista da detta disposizione, deve ritenersi riferita alle parti in senso sostanziale, e non in senso processuale.

Il motivo è inammissibile, per difetto d’interesse: la ricorrente non riesce a far comprendere come il principio da lei invocato, secondo cui la solidarietà dovrebbe gravare sulle parti della causa in senso sostanziale, e non in senso processuale, possa riguardarla, tenuto conto che, secondo quanto si desume dalla sentenza impugnata, l’ordinanza ingiunzione, assoggettata a tassazione, fu emessa in favore del creditore A.L., suo dante causa, nell’ambito di un giudizio in cui non vi erano altre parti oltre allo stesso ed ai mutuatari.

Nulla per le spese, dato il mancato svolgimento di difese da parte dell’intimata.
P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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