Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 06-10-2010) 28-01-2011, n. 3121

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 29 gennaio 2010 il Tribunale del riesame di Napoli, confermando il provvedimento emesso dal locale giudice per le indagini preliminari, ha disposto che M.C. rimanesse sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere, quale indagato per i delitti di partecipazione ad associazione di tipo mafioso ed estorsione pluriaggravata.

Nella motivazione il Tribunale, dopo aver esposto gli elementi indiziari (appostamenti, riprese video, dichiarazioni delle persone offese) dimostrativi dell’estorsione consumata ai danni dell’impresa di onoranze funebri (OMISSIS) e della avvenuta ricostituzione, sotto la guida di D.L.T., del gruppo camorristico facente capo alla famiglia D.L.B., si è soffermato sulla posizione del M. per individuare i segni del suo coinvolgimento in una intercettazione ambientale del 24 dicembre 2009: nel corso di quella conversazione egli aveva affermato la necessità di tornare presso l’impresa di onoranze funebri, nella consapevolezza che la somma di 3.000 Euro già estorta a cura dei sodali A. e R. era andata persa a motivo dell’arresto di costoro. Dalla stessa conversazione era emersa, secondo il Tribunale, la posizione di rilievo rivestita dal M. in seno all’organizzazione criminale, dimostrata dalla sua conoscenza dei fatti pregressi e dal potere di sollecitare una nuova azione estorsiva.

Ha proposto ricorso per cassazione il M., per il tramite del difensore, deducendo censure riconducigli a un solo motivo. Con esso denuncia carenza di motivazione in ordine alla valutazione delle risultanze indiziarie, per omessa considerazione di talune circostanze significative, quali: l’avere l’ A. e il R., in occasione del loro arresto, indicato come propria mandante soltanto la D.L. e non anche il M.; l’insufficienza della conversazione captata il 24 dicembre 2009 a supportare un quadro indiziario grave a carico del ricorrente per il reato di estorsione; la carenza di elementi utili a dimostrare che il M., in passato intraneo ad un’associazione criminale, abbia aderito al piano di riorganizzazione attribuito alla di lui suocera D.L.T..
Motivi della decisione

Il ricorso è privo di fondamento e va disatteso.

Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa nell’illustrazione del gravame, l’apparato argomentativo dell’ordinanza impugnata ha una solidità logica inoppugnabile. Il Tribunale ha infatti osservato, in base al tenore della conversazione intercettata il 24 dicembre 2009, che nel corso di essa il M. aveva dimostrato di rivestire, all’interno del sodalizio criminoso, un’autorità tale da consentirgli non soltanto di essere a conoscenza dell’intervento col quale i carabinieri avevano arrestato in flagranza gli esecutori dell’estorsione ai danni dell’agenzia di onoranze funebri (OMISSIS), ma altresì di sollecitare l’inoltro di una nuova richiesta estorsi va allo scopo di "recuperare" il denaro non percepito a seguito di quell’episodio: denaro che egli dimostrava di considerare ormai parte del patrimonio economico del gruppo, facendo uso dell’espressione "questi sono i miei". Su tale premessa fattuale ha ritenuto quel collegio che fosse dimostrata, quanto meno a livello gravemente indiziario, l’appartenenza del M. – in posizione di rilievo – al sodalizio criminoso, a perpetuare il legame con l’ambiente camorristico già accertato a suo carico in virtù di precedenti giudicati di condanna; e che ne emergesse al contempo l’apporto di un contributo causale – sia morale che materiale – da parte sua allo specifico illecito estorsivo ai danni dell’impresa (OMISSIS).

Nell’iter motivazionale così sviluppato non si riscontra alcuna caduta di consequenzialità, tale da giustificare la censura di illogicità mossa dal ricorrente; nè vale a scardinare l’impianto argomentativo, già di per sè dotato di autonoma concludenza, la mancanza delle ulteriori conferme che sarebbero potute derivare da un’eventuale chiamata in correità – invece mancata – da parte dei soggetti arrestati nella flagranza dell’estorsione.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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