Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 06-10-2010) 28-01-2011, n. 3104 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 23 giugno 2009 la Corte d’Appello di Perugia, in ciò confermando la decisione assunta dal Tribunale di Terni, ha riconosciuto B.G. e A.L. responsabili, in concorso fra loro, del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale in relazione al fallimento della società New Box s.r.l., della quale il primo era stato in via di fatto amministratore e liquidatore, mentre la seconda era stata amministratore di diritto.

Secondo l’ipotesi accusatoria, recepita dal giudice di merito, gli imputati avevano distratto dai fondi sociali una somma di denaro liquido non inferiore a L. 163 milioni, non rivenuta nelle casse sociali dal curatore; inoltre avevano tenuto la contabilità in modo tale da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari.

Hanno proposto separati, ma identici, ricorsi i due imputati, per il tramite del comune difensore, affidandoli a tre motivi.

Col primo motivo i ricorrenti deducono inosservanza della legge penale, per essersi affermata la loro corresponsabilità in un reato proprio, senza che fosse stata contestata l’ipotesi di cui all’art. 117 c.p..

Col secondo motivo denunciano carenza di motivazione in ordine alle condizioni per l’applicabilità dell’art. 110 c.p., sotto il duplice profilo della consapevolezza, da parte di ciascuno, della condotta dell’altro e del proprio contributo alla realizzazione dell’illecito.

Col terzo motivo rinnovano l’eccezione di prescrizione del reato, già disattesa dal giudice di merito.

I ricorsi sono privi di fondamento e vanno, perciò, disattesi.

L’infondatezza del primo motivo deriva dal concorso di due autonome ragioni.

Sotto un primo profilo va ricordato che l’amministratore di fatto della società, al pari di quello formalmente investito della carica, è diretto destinatario dei precetti penali impartiti dalle norme incriminatrici di cui alle ipotesi 1) e 2) del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 216, comma 1, ( legge fallimentare); onde è chiamato a rispondere dei corrispondenti reati anche se non gli sia stata estesa la dichiarazione di fallimento, senza che sia necessario il concorso con altri soggetti qualificati (v. da ultimo Cass. 13 ottobre 2009 n. 43036).

Sotto un secondo profilo, ove pure si entrasse nell’ottica del concorso esterno nel reato proprio, verrebbe in considerazione il principio a tenore del quale l’art. 117 c.p., che disciplina il mutamento del titolo del reato per taluno dei concorrenti, opera soltanto qualora il fatto commesso dall’extraneus costituisca comunque reato anche in mancanza della qualifica rivestita dall’autore principale; mentre, nel caso contrario, trova applicazione la norma generale sul concorso di persone dettata dall’art. 110 c.p. (Cass. 23 settembre 2008 n. 39292).

Che poi sussistano, nel caso di specie, i presupposti fattuali per l’applicabilità di quest’ultima norma è stato accertato dalla Corte d’Appello in esito a un’argomentata valutazione del materiale probatorio acquisito. Ha infatti osservato quel collegio che le relazioni del curatore fallimentare e del consulente del pubblico ministero, unitamente alla documentazione in atti e alle stesse dichiarazioni del B., dimostravano come costui avesse gestito, in via di fatto, la società dapprima come amministratore e in seguito anche durante la fase di liquidazione, sotto la copertura della formale carica di liquidatore attribuita alla di lui madre M.E.. La A. a sua volta – è sempre la Corte territoriale a rimarcarlo – non si era limitata a svolgere il ruolo di amministratore di diritto per tre mesi, ma si era di fatto ingerita nella gestione societaria prima ancora dell’assunzione di tale carica, sottoscrivendo un contratto preliminare avente ad oggetto la cessione di tutti i beni aziendali, la partecipazione al ricavato della società acquirente per i due anni a venire, il riconoscimento di provvigioni al B. e l’impegno alla messa in liquidazione della New Box s.r.l..

Le irregolarità contabili, consistite in una lacunosa tenuta delle scritture convertitasi poi in un totale abbandono della contabilità, erano dimostrate per tabulasi quanto all’elemento soggettivo, il giudice di merito non ha mancato di considerare che la sistematicità e l’ampiezza della condotta inerente alle carenze della contabilità erano rivelatrici della consapevolezza, in capo ad entrambi i gestori di fatto della società, di rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari. In ordine alla bancarotta per distrazione ha osservato che il prelievo di somme dalle casse sociali era provato dal mancato rinvenimento della corrispondente liquidità da parte del curatore, nonchè dalla mancanza di qualsiasi elemento dimostrativo dell’utilizzo di tali somme per scopi sociali;

e che la sussistenza del dolo – richiesto nella sua forma generica dalla norma incriminatrice – era comprovata dalla chiara consapevolezza degli imputati di destinare al soddisfacimento di interessi estranei all’impresa le somme, i beni e i valori ad essa relativi, con conseguente riduzione delle garanzie patrimoniali. La motivazione così addotta dalla Corte di merito, immune da vizi logici e giuridici, non presta il fianco a critica in sede di legittimità e rende ragione dell’infondatezza del secondo motivo di ricorso. Nè giova ai ricorrenti dolersi della mancata esplicitazione degli elementi dimostrativi della reciproca consapevolezza di contribuire all’illecito altrui, atteso che le condotte delittuose sono state accertate come risultato di una comune concertazione, e non di autonome iniziative individuali.

Quanto al terzo motivo, con cui si deduce l’intervenuta prescrizione, corre l’obbligo di osservare che la collocazione temporale della sentenza di primo grado rende applicabile alla fattispecie la disciplina previgente rispetto alla novella introdotta con la L. 5 dicembre 2005, n. 251, il cui art. 10 dispone infatti rultrattività del regime anteriore per i processi già pendenti in grado di appello. Conseguentemente il termine prescrizionale applicabile ai reati di cui si tratta, in presenza di attenuanti generiche prevalenti sull’aggravante – contestata e ritenuta, con conseguente unificazione degli illeciti – di cui alla L. Fall., art. 219, viene ad essere determinato in dieci anni, suscettibili di estendersi fino a 15 anni per effetto degli atti interruttivi: con la conseguenza per cui l’estinzione dei reati, da collocarsi al 26 novembre 2011, è ancora lungi dal compiersi alla data odierna.

Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna di ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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