T.A.R. Campania Salerno Sez. II, Sent., 26-01-2011, n. 112 Piano regolatore generale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso spedito per la notifica in data 3 ottobre 2009 e ritualmente depositato il 13 ottobre successivo, i sigg.ri L.N. e A.S. hanno impugnato gli atti di cui in epigrafe, invocandone l’annullamento.

Hanno premesso che, essendo proprietari di un’area sita in agro del Comune di Sarno ed inclusa nella zona B1 del vigente P.d.F., hanno presentato istanza di permesso di costruire che, con il provvedimento di cui in epigrafe sub a) prot. n. 3364 del 17.06.2009, è stata denegata assumendo l’Amministrazione che l’area, per effetto della intervenuta scadenza del vincolo preordinato all’esproprio introdotto in sede di approvazione regionale del P.d.F., sarebbe da qualificare "bianca" e pertanto edificabile nei limiti di cui all’art. 9 del T.U. Edilizia d.P.R. n. 380/2001. I ricorrenti hanno quindi sollevato, avverso tale diniego, le censure, sotto distinti e concorrenti profili, della violazione di legge e dell’eccesso di potere, lamentando: la violazione dell’art. 10 bis l.n. 241/90; la erroneità della determinazione denegante, in quanto l’area non sarebbe da qualificare "bianca" siccome attratta alla disciplina pianificatoria (zona "B" residenziale) applicabile ai terreni circostanti; disparità di trattamento rispetto a precedenti analoghe istanze. I ricorrenti hanno concluso per l’accoglimento del gravame.

Il Comune di Sarno, ancorché ritualmente intimato, non si è costituito in giudizio.

Alla camera di consiglio del 29 ottobre 2009 la domanda di sospensiva è stata accolta ordinando il riesame del provvedimento impugnato.

Con ricorso per motivi aggiunti, spedito per la notifica in data 20 febbraio 2010 e ritualmente depositato il successivo1° marzo, i ricorrenti hanno impugnato il sopravvenuto provvedimento di conferma del della domanda edificatoria, atto meglio distinto in epigrafe sub e) del 22.12.2009, lamentando, oltre ai vizi già articolati in sede introduttiva, la violazione di giudicato di cui all’ordinanza cautelare di questa sezione n. 974/2009. I ricorrenti hanno concluso per l’annullamento degli atti impugnati.

Alla pubblica udienza del 21 dicembre 2010 il ricorso, sulle conclusioni delle parti costituite, è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

I. Preliminarmente, occorre dichiarare l’improcedibilità del ricorso introduttivo siccome proposto avverso l’originario diniego alla domanda edificatoria avanzata dai ricorrenti, provvedimento ormai definitivamente superato dalle successive negative determinazioni assunte dall’Amministrazione a seguito di riesame della vicenda. Difatti, qualora l’amministrazione, sulla scorta di una rinnovata istruttoria e sulla base di una nuova motivazione, dimostri di voler confermare la volizione espressa in un precedente provvedimento, il successivo provvedimento ha valore di atto di conferma, e non di atto meramente confermativo, con la conseguenza che deve essere dichiarato improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse, il ricorso diretto avverso il provvedimento che, in pendenza del giudizio, sia stato sostituito dal provvedimento di conferma. Infatti il provvedimento di conferma, anche se frutto di un riesame non spontaneo, ma indotto – come nel caso di specie – da un’ordinanza cautelare del g.a., riflette nuove valutazioni dell’amministrazione e implica il definitivo superamento di quelle poste a base del provvedimento confermato, sicché il ricorrente non ha più interesse alla coltivazione del gravame proposto avverso tale provvedimento, non potendo conseguire alcuna utilità da un eventuale esito favorevole dello stesso (T.A.R Campania Napoli, sez. VII, 12 marzo 2007, n. 1785).

Il ricorso va conclusivamente dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

II. Il ricorso per motivi aggiunti è infondato.

III. Innanzitutto non coglie nel segno la censura articolata col primo motivo di ricorso, relativa alla violazione del giudicato cautelare formatosi in ordine all’ordinanza della Sezione n. 974/2009, in quanto l’Amministrazione, nell’articolare la motivazione posta a corredo del diniego a seguito del riesame disposto dal Tribunale, ha mostrato di soffermarsi quantomeno sulla censura, avente rilievo centrale nell’economia del ricorso, della inapplicabilità della disciplina in materia di zone bianche ai sensi dell’art. 9 TUEd ( d.P.R. n. 380/2001). La censura è quindi da respingere.

IV. Nemmeno assume carica persuasiva la doglianza con la quale si lamenta il difetto di contraddittorio procedimentale per omissione del cd. preavviso di diniego, in quanto "le norme che impongono l’osservanza degli adempimenti procedimentali di cui agli artt. 7, 8 e 10 bis, l. 7 agosto 1990 n. 241 vanno interpretate alla luce del successivo art. 21 octies, comma 2, che richiede al giudice di valutare il contenuto sostanziale del provvedimento, e quindi di non annullare l’atto nel caso in cui le violazioni formali non abbiano inciso sulla sua legittimità sostanziale" (T.A.R Basilicata Potenza, sez. I, 10 settembre 2010, n. 588). Il vizio articolato deve quindi reputarsi recessivo rispetto alla fondamentale questione agitata in ricorso in ordine alla individuazione della disciplina urbanistica localmente vigente e di cui si dirà in sede di disamina dei successivi motivi di gravame. Anche tale censura è quindi da respingere.

V. Occorre premettere alla disamina delle ulteriori doglianze articolate in ricorso che il provvedimento oggetto di gravame, segnatamente il parere sfavorevole del Responsabile del Servizio in data 16 dicembre 2009, pone a base della determinazione assunta un duplice rilievo ostativo. Per il primo dei due profili motivazionali si valorizza, come nel precedente diniego, la natura vincolistica della destinazione a zona "per attrezzature" imposta dalla Regione Campania in sede di approvazione del nuovo strumento urbanistico del Comune di Sarno (D.P.G.R.C. n. 1248 del 23/10/1973) cosicchè si afferma testualmente che "il lotto in esame pur recando GRAFICAMENTE la dizione B1 (Zona residenziale di completamento) non ha mai avuto GIURIDICAMENTE tale destinazione". Da ciò deriverebbe, a parere dell’Amministrazione, che l’area debba considerarsi "zona bianca", cioè priva di pianificazione territoriale, e quindi sottoposta ai rigorosi limiti imposti alla suscettibilità edificatoria dall’art. 9 TUEd ( d.P.R. n. 380/2001). Per il secondo profilo, l’Ufficio pone in rilievo che il progetto sarebbe "in ogni caso non rispondente alle norme del Regolamento Edilizio vigente per inosservanza delle distanze da confini, fabbricati ed attigua linea ferroviaria, in rapporto all’altezza proposta". Trattasi pertanto, come è facile constatare dalla semplice lettura degli stralci della motivazione su riportati, di due versanti argomentativi che evidenziano due autonomi profili della vicenda, in quanto il primo accede alla ricostruzione della disciplina urbanistica localmente vigente, il secondo invece impinge nelle caratteristiche progettuali dell’intervento, ravvisando la violazione della normativa edilizia in materia di distanze. La riflessione non è di poco momento, atteso che la conseguente natura plurimotivata del provvedimento oggetto di gravame, in virtù della quale ciascuno dei motivi posti a suo fondamento costituisce autonoma causa giustificatrice dell’atto in grado di sorreggerlo anche nel caso in cui gli altri fossero travolti dalle deduzioni di parte ricorrente, fa sì che l’esito dell’invocato scrutinio sulle censure intese a contestare il primo dei due corni motivazionali rende il ricorso complessivamente meritevole di reiezione.

Ordunque, le doglianze di parte ricorrente relative al primo versante motivazionale valorizzano, in sostanza, la origine procedimentale della destinazione vincolistica "ad attrezzature" a suo tempo introdotta dalla Regione Campania, assumendo che la sua scadenza, secondo il termine quinquennale stabilito dall’art. 2 l.n. 1187/1968, comporterebbe la riemersione della disciplina pianificatoria ("zona residenziale di tipo B1") relativa alla più vasta area nella quale si inserisce il lotto in considerazione, con conseguente astratta assentibilità dell’intervento.

La censura non coglie nel segno

Secondo orientamento univoco della giurisprudenza amministrativa la intervenuta scadenza dei vincoli preordinati all’espropriazione, o comunque sostanzialmente ablativi, del decorso del termine di efficacia quinquennale comporta che l’area rimane priva di disciplina urbanistica ed è soggetta alle previsioni di cui all’art. 4 ultimo comma della legge n. 10/1977 (ora art. 9 del T.U. n. 380/2001), sino all’adozione, da parte del Comune, di nuove, specifiche prescrizioni (ex multis, T.A.R Toscana Firenze, sez. I, 10 dicembre 2009, n. 3267). Tale fenomeno di azzeramento della disciplina urbanistica territoriale non si produce invece in caso di scadenza di disposizioni vincolistiche contenute in piani di rango attuativo, perché in tal caso "il decorso del termine decennale di efficacia del piano fa venire meno solo i vincoli finalizzati all’espropriazione e le altre limitazioni della proprietà privata imposti dallo strumento attuativo, ma non anche la disciplina urbanistico- edilizia da esso dettata, che continua a trovare applicazione fino all’approvazione di un nuovo piano attuativo o di un nuovo Piano Regolatore Generale" (cfr. T.A.R Marche Ancona, sez. I, 03 giugno 2009, n. 457). Ora, calato nella fattispecie all’esame del Collegio il predetto insegnamento giurisprudenziale, avuto riguardo alla pacifica natura espropriativa della destinazione di zona introdotta in sede regionale, comunque configurabile secondo la griglia di criteri stabiliti dal Consiglio di Stato (sez. IV, 25 maggio 2005, n. 2718), non può condividersi l’assunto sul quale si regge l’intera impalcatura concettuale che ispira il ricorso e cioè che alla scadenza del vincolo "ad attrezzature" consegua la riespansione della disciplina urbanistica originariamente contemplata dal piano prima delle correzioni apportate dal Presidente della Regione Campania in sede di approvazione dello strumento urbanistico. Il Consiglio di Stato (sez. IV, 21 aprile 2010, n. 2262) ha già avuto modo di precisare che "l’obbligo di provvedere alla rideterminazione urbanistica di un’area, in relazione alla quale sono decaduti i vincoli espropriativi precedentemente in vigore, non comporta che essa riceva una destinazione urbanistica edificatoria o nel senso voluto dal privato, essendo in ogni caso rimessa al potere discrezionale dell’Amministrazione comunale la verifica e la scelta della destinazione che, in coerenza con la più generale disciplina urbanistica del territorio, risulti più idonea e più adeguata in relazione all’interesse pubblico al corretto e armonico utilizzo del territorio, potendo anche ammettersi la reiterazione degli stessi vincoli scaduti, sebbene nei limiti di una congrua e specifica motivazione sulla perdurante attualità della previsione, comparata con gli interessi privati". Non vi è dubbio che indulgere alla tesi di parte ricorrente comporterebbe il deprecabile effetto di consentire l’edificazione generalizzata di interesse privato su di un’area che andava invece riservata all’edificazione pubblica, di talché sarebbero tradita l’esigenza di assicurare un equilibrato e corretto uso del territorio. Non conduce a diverse conclusioni innanzitutto la circostanza, valorizzata in ricorso, dell’introduzione del vincolo su iniziativa della Regione e non del Comune, sia perché il programma di fabbricazione costituisce un atto complesso dal punto di vista soggettivo, siccome promanante dalla volontà di entrambi i citati Enti territoriali, sia perché il più volte richiamato art. 2 l. 19 novembre 1968 n. 1187 sul limite quinquennale di durata dei vincoli di piano regolatore generale preordinati all’ espropriazione o che comportino l’inedificabilità non contiene distingui di sorta facenti leva sulla esatta paternità del vincolo urbanistico nel complesso iter che connota il suo procedimento formativo. Parimenti priva di rilievo è quanto documentato dal ricorrente in ordine all’orientamento di segno contrario assunto dall’Amministrazione comunale rispetto ad istanze edificatorie riguardanti l’area interessata dal vincolo, in quanto il vizio di disparità di trattamento e travisamento non ha alcun modo di configurarsi laddove l’Amministrazione sia deputata, come nel caso di specie, non ad effettuare apprezzamenti discrezionali ma all’applicazione rigorosa della normativa di riferimento (T.A.R Lazio Roma, sez. I, 07 settembre 2010, n. 32113). Dalle considerazioni appena formulate deriva che l’area d’interesse deve intendersi soggetta alle prescrizioni dell’art. 9 TUEd siccome qualificabile zona bianca per effetto dell’intervenuta scadenza della previsione vincolistica di PdF.

In conclusione, la censura in esame va respinta siccome infondata.

Tanto è sufficiente per la complessiva reiezione del ricorso, attesa l’idoneità del segmento motivazionale relativo alla qualificazione dell’area interessata dall’intervento come zona bianca.

VI. Nessuna determinazione va assunta sulle spese di giudizio stante la mancata costituzione dell’Amministrazione intimata.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso n. 1662/09, come in epigrafe proposto, così decide:

– dichiara il ricorso introduttivo improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse;

– respinge i motivi aggiunti, come da motivazione.

Nulla spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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