Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 26-11-2010) 31-01-2011, n. 3323 Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

T.R.G. ricorre avverso la sentenza, in data 10 giugno 2009 della Corte d’appello di Campobasso, con la quale, a conferma della sentenza di primo grado, è stato condannato per i reati di maltrattamenti in famiglia, violenza privata, violenza carnale ed estorsione alla pena di anni due di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa e, chiedendone l’annullamento, lamenta:

a) violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) in relazione all’art. 544 c.p.p. e art. 546 c.p.p., comma 1, lett. e). Carenza di esposizione dei motivi di diritto nella sentenza impugnata;

violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in relazione all’art. 133 c.p.; violazione del principio di uguaglianza;

Il ricorrente lamenta che nella motivazione non siano stati indicati i principi di diritto in base ai quali è stata ritenuta la propria responsabilità in ordine ai reati ascritti e individuati i criteri di dosimetria della pena;

b) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in relazione all’art. 572 c.p.p.; errata applicazione della norma penale.

Il ricorrente lamenta che non sia stata dimostrata la ricorrente abitualità nei comportamenti per ritenere sussistente la condotta vessatoria. c) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1), lett. e) in relazione agli artt. 572 e 610 c.p. e art. 609 bis c.p., comma 1, art. 609 septies c.p., comma 4, n. 4, artt. 582 e 56, 629 c.p.;

Il ricorrente censura la carenza di motivazione nel ritenere sussistente il presunto stato di incapacità della parte offesa rispetto agli atteggiamenti vessatori a lui addebitati. Sarebbe stata operata una violazione dell’art. 192 c.p.p. nella valutazione delle dichiarazioni della parte offesa e degli altri testi.

Osserva la Corte che il ricorso è, da un lato, privò della specificità prescritta dall’art. 581, lett. c) in relazione all’art. 591 c.p.p. e, dall’altro, manifestamente infondato: nella sentenza risultano affrontate tutte le questioni dedotte nel ricorso e che peraltro erano già state proposte in appello.

Peraltro, ritiene il collegio che nel ricorso per cassazione contro la sentenza di appello non può essere riproposta – ferma restando la sua deducibilità o rilevabilità "ex officio" in ogni stato e grado del procedimento – una questione che aveva formato oggetto di uno dei motivi di appello sui quali la Corte si è già pronunciata in maniera esaustiva, senza errori logico – giuridici. Ne deriva, in ipotesi di riproposizione di una delle dette questioni con ricorso per cassazione, che la impugnazione deve essere dichiarata inammissibile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 3, ultima parte".

(Cass. pen., sez. 6, 25.1.94, Paolicelli, 197748). Nel caso in esame viene nuovamente riproposta la questione relativa alla credibilità delle dichiarazioni della parte offesa nei confronti del ricorrente,l’attendibilità delle deposizioni testimoniali del figlio e dell’amica della moglie ed in ordine alle quali i giudici del merito hanno fornito una valutazione ed una analisi corretta, che non merita censure logico giuridiche (si veda il riferimento alla natura dettagliata e circostanziata attribuita alle dichiarazioni della p.o e il riscontro individuato nella deposizione complessiva del figlio A. e dell’amica della p.o. B., Te.; il riscontro oggettivo della documentazione medica ospedaliera, oltre che le dichiarazioni della teste Te. che raccolse le confidenze della B., collegate all’episodio in cui quest’ultima venne condotta a forza nella casa di campagna, costretta a denudarsi, ad essere fotografata, a subire la minaccia della divulgazione via internet delle immagini e poi a subire un rapporto sessuale).

Analogamente appare motivata in modo corretto la ritardata denuncia della violenza sessuale, peraltro confidata immediatamente alla Te. e portata a conoscenza del figlio A. dallo stesso T..

Alla luce delle suesposte considerazioni, va dichiarata inammissibile l’impugnazione.

Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1000 nonchè alla rifusione delle spese sostenute nel presente grado di giudizio dalla parte civile B.F., liquidate in complessivi Euro 3000,00 oltre I.V.A. e C.P.A. e spese generali.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende, nonchè alla rifusione delle spese sostenute nel presente grado di giudizio dalla parte civile B. F., liquidate in complessivi Euro 3000,00 oltre I.V.A. e C.P.A. e spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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