T.A.R. Lombardia Milano Sez. I, Sent., 26-01-2011, n. 225 Cassa integrazione guadagni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La società ricorrente, azienda che opera nel settore edile, previa procedura di consultazione sindacale, ha inoltrato 4 richieste di ammissione alla Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria, ai sensi della L. 164/75, protocollate nelle date 9 settembre 2009, 27 ottobre 2009, 7 dicembre 2009 e 17 marzo 2010, relative, rispettivamente, la prima al periodo 7 settembre – 23 ottobre 2009, la seconda al periodo 26 ottobre – 4 dicembre 2009, la terza al periodo 7 dicembre 2009 – 26 febbraio 2010, la quarta al periodo 8 marzo – 30 aprile 2010.

Le dette richieste sono state respinte dall’INPS con quattro provvedimenti – dei quali due riferiti ad una sola domanda in cui sono scissi i periodi di riferimento – adottati contestualmente in data 20 luglio 2010 e comunicati una settimana dopo, motivati tutti sull’asserita tardività dell’invio ad eccezione di uno dei due in cui è scissa la domanda del 7 dicembre 2009, motivato con l’asserita mancanza del requisito della temporaneità.

Ritenendo illegittimi, errati e lesivi i predetti provvedimenti, la ricorrente li ha impugnati, deducendo la violazione dell’art. 7, comma 1, della L. 164/75 che fissa i termini entri i quali la domanda di ammissione alla C.I.G. deve essere presentata, nonché l’eccesso di potere per erroneità e per inesattezza delle motivazioni e, comunque, per erroneità delle conseguenze derivanti dalla tardiva presentazione.

L’Istituto si è costituito in giudizio, contestando le avverse deduzioni e sostenendo la legittimità del suo operato.

Con ordinanza n. 1099 del 14 ottobre 2010 la causa è stata rinviata al merito ai sensi dell’art. 55, comma 10, c.p.a. e, all’udienza pubblica del 12 gennaio 2011, è passata in decisione.

2. Il ricorso è fondato nei termini che seguono.

La ricorrente ha prodotto in giudizio 4 verbali di consultazione tra Co.ris.ma s.r.l. e FILCA CISL nonché FILLEA CGIL di Bergamo, in cui si è concordato sul ricorso alla Cassa Integrazione Ordinaria, con indicazione dei relativi periodi e dichiarazione della temporaneità del beneficio e della prevedibile ripresa dell’attività. In particolare:

– il verbale del 7 settembre 2009 prevede 7 settimane di sospensione per il periodo 7 settembre – 23 dicembre 2009, con prevedibile ripresa il 26 dicembre; a tale verbale segue la ricevuta INPS.1200.09/09/2009.0132367 del 9 settembre 2009;

– il verbale del 21 ottobre 2009 prevede 6 settimane di sospensione per il periodo 26 ottobre – 4 dicembre 2009, con prevedibile ripresa il 9 dicembre 2009; a tale verbale segue la ricevuta INPS.1200.27./10/2009.0163963;

– il verbale del 7 dicembre 2009 prevede 13 settimane di sospensione per il periodo 7 dicembre 2009 – 26 febbraio 2010, con prevedibile ripresa (espressa in altri termini) entro il mese di febbraio 2010; a tale verbale segue la ricevuta INPS.1200.07/12/2009.0197961 del 7 dicembre 2009;

– il verbale del 10 marzo 2010 prevede 8 settimane di sospensione per il periodo 8 marzo – 30 aprile 2010, con prevedibile ripresa entro il mese di aprile 2010; a tale verbale segue la ricevuta INPS.1200.17/03/2010.0056401 del 17 marzo 2010 (cfr. docc. 2 – 9 del fascicolo di parte ricorrente).

L’Istituto, nella propria memoria di costituzione, ha affermato che la ricostruzione della ricorrente sarebbe errata in quanto C. s.r.l. avrebbe, a suo dire, inviato solo tre domande (la n. 0197961 relativa al periodo 7 settembre – 4 dicembre 2009, protocollata in data 7 dicembre 2009; la n. 0056401 relativa al periodo 7 dicembre 2009 – 26 febbraio 2010, protocollata il 17 marzo 2010; la domanda relativa al periodo 8 marzo – 30 aprile 2010, non protocollata, ma inviata via fax dal consulente della società il 10 maggio 2010.

A dire dell’INPS "tutte e tre le domande sono state respinte dalla apposita Commissione Provinciale in quanto presentate oltre il termine di 25 giorni dalla fine del periodo di paga in corso alla fine della settimana in cui aveva avuto inizio la sospensione o la riduzione dell’orario di lavoro" (cfr. pag. 3 della memoria difensiva del 1 ottobre 2010).

Sempre nella stessa memoria e nella stessa pagina aggiunge: "quanto alla settimana di sospensione dal 30 novembre al 5 dicembre 2009, riguardo alla quale la domanda di integrazione salariale protocollata il 7 dicembre 2009 al n. 0197961 poteva ritenersi tempestiva, la Commissione Provinciale per la C.i.g. riteneva che essa fosse comunque non integrabile, per non avere la società istante indicato né la presumibile durata della sospensione né prospettato nella domanda stessa una situazione aziendale tale da far ritenere ragionevole la previsione di una sollecita ripresa dell’attività produttiva" (cfr. id. pagg. 3 e 4).

In altri termini, secondo la difesa, la Commissione avrebbe adottato 4 provvedimenti di diniego per rispondere a 3 domande; ciò, evidentemente e per dare un senso a tale operato, sull’implicito presupposto che ogni domanda, per essere tempestiva, dovrebbe essere frazionata per ciascuna settimana: a titolo esemplificativo la domanda riguardante il periodo di 13 settimane dal 7 dicembre 2009 al 26 febbraio 2010 sarebbe dovuta essere scomposta in 13 domande da inviarsi alla fine di ciascuna settimana a partire da quella in cui ricadeva il 7 dicembre 2009.

Tale ricostruzione, tuttavia, è in contrasto con la lettera della legge 20 maggio 1975, n. 164,ove, all’art. 7, comma 1, prescrive: "Per l’ammissione al trattamento d’integrazione salariale l’imprenditore presenta alla sede provinciale dell’Istituto nazionale della previdenza sociale apposita domanda nella quale dovranno essere indicati la causa della sospensione o riduzione dell’orario di lavoro e la loro presumibile durata, il numero dei lavoratori interessati e delle ore di effettivo lavoro. La domanda deve essere presentata entro il termine di 25 giorni dalla fine del periodo di paga in corso al termine della settimana in cui ha avuto inizio la sospensione o la riduzione dell’orario di lavoro".

E’ indubitabile che, parlando di periodo di paga in corso al termine della settimana in cui ha avuto inizio la sospensione o la riduzione dell’orario di lavoro il Legislatore abbia inteso precisare che, se il dies ad quem per la tempestività della domanda è 25 giorni dalla fine del periodo di paga in corso al termine della settimana in cui ha avuto inizio la sospensione o la riduzione dell’orario di lavoro, il riferimento è dato dalla "settimana in cui ha avuto inizio" la sospensione o riduzione, con ciò lasciando intendere chiaramente che, se il periodo, come nel caso di specie, è più lungo di una settimana, sarà sufficiente una sola domanda.

Invero, i periodi di integrazione salariale, ove non interrotti da ripresa dell’attività, costituiscono un unicum continuativo, ai fini del computo del termine finale per la presentazione della relativa domanda, come emerge non solo dall’interpretazione letterale e logica dell’art. 7 della L. n. 164 del 1975, ma anche dall’interpretazione sistematica, posto che la continuità di ciascun periodo è a presupposto anche dell’art. 6 della stessa legge, in materia di durata massima dell’indennità. Ne consegue che il termine per la domanda d’integrazione salariale inizia a decorrere, in relazione all’intero periodo continuativo di volta in volta richiesto, dalla fine del periodo di paga in corso all’atto dell’inizio della sospensione (Cons. Stato, sez. VI, 5 settembre 2002, n. 4477).

D’altra parte l’INPS obietta che in data 9 settembre 2009 non sarebbe pervenuta alcuna domanda di Cassa Integrazione, ma non è stato in grado di dire a quale atto si riferisca la ricevuta di protocollo n. 0132367 in pari data che reca nell’oggetto il richiamo alla C.I.G. similmente alle tre successive, né quale utilità avrebbe avuto il relativo verbale di consultazione sindacale; viceversa produce copia delle tre domande asseritamente pervenute all’Istituto (che sembrerebbero avallare la sua tesi), precisando che il riferimento al numero di protocollo contenuto in ciascuna di esse nella "causale" (dato che, invece, avallerebbe la tesi della ricorrente) rappresenterebbe il richiamo ad un precedente protocollo, ma non precisa di che atto si tratti nè perché nella causale andrebbe inserito tale riferimento ad atti precedenti.

Né appare condivisibile la tesi dell’Istituto per cui avrebbe valenza probatoria di tipo confessorio la comunicazione via fax il 1 luglio 2010 del consulente di Co.Ris.Ma s.r.l., riguardante l’invio delle ricevute di deposito delle domande, sia perché proveniente da persona terza rispetto alle parti in causa, sia perché non spiega le ragioni per le quali l’Istituto, ad oltre 7 mesi dall’invio della prima domanda – pur volendo ritenere tale quella del 7 dicembre 2009 come assunto dal resistente, mesi che diversamente sarebbero 10 accedendo alla tesi della ricorrente – abbia avuto necessità di richiedere le ricevute di presentazione e, soprattutto non abbia provveduto a fornire risposta.

Non è questa la sede per avanzare ipotesi su ciò che sia realmente accaduto; è indubitabile, tuttavia, che il comportamento dell’Istituto appare obiettivamente contraddittorio, dilatorio e poco trasparente.

Tale condotta riverbera, irrimediabilmente, i suoi effetti sugli atti impugnati che, pertanto, sono illegittimi in quanto carenti di adeguata e trasparente motivazione.

Resta comunque salvo il potere dell’Istituto di provvedere ex novo,motivando congruamente ciascuna singola statuizione sulla base della documentazione in suo possesso e tenendo presente il ritardo con cui ha provveduto già con gli atti annullati ed il pregiudizio che ne è derivato alla parte istante.

Infatti, l’obbligo di anticipazione del trattamento di cassa integrazione gravante sul datore di lavoro, altro non è che il persistente obbligo retributivo anche se da ritenersi limitato, quanto alla misura, a quella dell’integrazione salariale, con la ulteriore conseguenza che, se il provvedimento di integrazione salariale è negato, l’obbligo retributivo riprende vigore nella sua interezza associato a quello risarcitorio; mentre se la domanda avanzata viene accolta detto obbligo sarà ex post qualificato come vera e propria anticipazione del trattamento previdenziale e darà perciò al datore di lavoro il diritto al rimborso da parte dell’INPS (cfr. Cass., sez. lav., 13 novembre 2000, n. 14670).

Alla luce di quanto precede appare evidente che se la reiezione della prima domanda (qualunque di esse si voglia intendere tale) fosse intervenuta tempestivamente e con motivazione chiara ed esaustiva la società istante avrebbe avuto la possibilità, nelle successive domande, di emendare i propri errori, ove in ipotesi realmente commessi come allegato dall’Istituto, presentandole tempestivamente, limitando l’ammontare del potenziale danno.

Per le suesposte considerazioni il ricorso deve essere accolto e, per l’effetto, gli atti impugnati devono essere annullati.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Milano, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie nei termini e per gli effetti di cui in motivazione.

Condanna l’INPS, Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, alla rifusione, in favore della ricorrente, di spese e competenze del giudizio che liquida in complessivi Euro 3.000,00 (tremila), oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 12,50%, nonché di oneri previdenziali e fiscali come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’I.N.P.S..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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